Spagna, pre-accordo per formare Governo tra il premier Sanchez e leader Podemos
Dopo il voto di domenica cresce l'attesa peruna dichiarazione congiunta dei due, che da ieri pomeriggio hanno avuto colloqui riservati per arrivare ad un'intesa
Dopo il voto di domenica cresce l'attesa peruna dichiarazione congiunta dei due, che da ieri pomeriggio hanno avuto colloqui riservati per arrivare ad un'intesa
Oltre al Psoe, sempre che i sondaggi riflettano accuratamente la realtà, a guadagnare dal ritorno alle urne sarà solo il Partito Popolare
Il leader socialista inizierà i negoziati per la formazione del nuovo governo spagnolo solo dopo le elezioni amministrative ed europee del 26 maggio
Il governo centrale spagnolo ha deciso di usare il pugno di ferro ricorrendo per la prima volta nella storia del Paese alla sospensione dell'autonomia della Catalogna
In Catalogna la tensione è alle stelle. Nonostante il divieto di Madrid, gli indipendentisti stanno andando a votare e i Mossos si sono schierati dalla loro parte
Ad affrontarsi sono alcune - non tutte - le anime di un partito che, nonostante sia federale per statuto, non può permettersi di abbandonare una vocazione nazionale, il che pone un forte vincolo soprattutto quanto si tratta di affrontare questioni come una riforma costituzionale.
La fiducia ottenuta da Mariano Rajoy dopo 10 mesi di stallo sembra la fine di una soap opera politica. E invece è solo l'inizio: ecco le sfide che il nuovo esecutivo spagnolo dovrà affrontare
Dopo 11 mesi di stallo politico-istituzionale, l'astensione del Partito socialista spagnolo ha permesso al premier conservatore Rajoy di formare un esecutivo
Il risultato delle elezioni regionali spagnole potrebbe aiutare a sbloccare l'impasse istituzionale in cui versa il Paese da tempo. E arricchisce la lista di fallimenti delle sinistre europee
Nessun verdetto netto, le elezioni spagnole atto secondo somigliano drammaticamente al primo: il Partido Popular del premier uscente Mariano Rajoy si conferma prima forza, ma è sempre lontanissimo dalla maggioranza assoluta
Martedì 22 e mercoledì 23 marzo si svolgerà nella Capitale il primo incontro organizzato da European Alternatives
Dopo il successo elettorale, prime epurazioni in seno a Podemos: Pablo Iglesias ha espulso il numero tre, Sergio Pascual, responsabile dell'organizzazione del movimento di cui il leader intende assumere il controllo più stretto possibile
Dopo la bocciatura del socialista Pedro Sanchez e con meno di due mesi di tempo per la formazione di un nuovo esecutivo, il monarca spagnolo Felipe VI ha deciso di rinunciare «per il momento» a un nuovo giro di consultazioni.
Vladimir Putin di nuovo sotto stretta osservazione. A preoccupare, questa volta, sarebbe l'influenza che Putin starebbe cercando di conquistarsi nel Vecchio Continente, anche a suon di finanziamenti
Il premier uscente, Mariano Rajoy, reclama il diritto di formare un governo, ma attualmente non ha alcun partner e la sua carta migliore sarebbe una «grande coalizione» con il partito socialista, in cambio di concessioni non è chiaro quanto generose e sincere in materia di riforme costituzionali.
All'ultimo minuto. Quando tutto sembrava perduto, con la Catalogna ormai destinata alla convocazione di nuove elezioni anticipate per il prossimo 6 marzo, Artur Mas ha deciso di fare un passo indietro per favorire la formazione di un nuovo governo regionale.
Se si può descrivere con una parola l'anno appena trascorso, questa parola è «crisi». Dalla crisi migratoria a quella greca, passando per quella siriana e libica, il 2015 è stato caratterizzato da numerose sfide sottoposte alla comunità internazionale. Crisi che - e questa è l'altra faccia della medaglia - possono trasformarsi in opportunità
Se sull'intesa con i popolari, rifiutata esplicitamente ieri, il PSOE rimane compatto, non lo è altrettanto sull'opportunità di chiudere o aprire le porte a Podemos
Il leader dei socialisti spagnoli Pedro Sanchez ha detto che non sosterrà un eventuale nuovo governo guidato dal conservatore Mariano Rajoy, primo ministro uscente
Nella serata di ieri il capo del governo spagnolo uscente Mariano Rajoy ha offerto il dialogo ai partiti pronti a difendere l'unità della Spagna e il suo posto in Europa in vista della formazione di un governo
Dopo il voto di ieri, e il «niet» di socialisti e Podemos a un nuovo esecutivo guidato da Mariano Rajoy, nella difficile partita a scacchi spagnola si aprono tre scenari.
Dopo il voto di ieri, il futuro politico spagnolo è un'incognita a numerose variabili e con una, minima, certezza. Sia come sia, il premier uscente Mariano Rajoy non potrà vedersi riconfermato alla testa del governo
Per il leader popolare spagnolo Mariano Rajoy si chiudono le porte di un possibile ritorno alla guida del governo. Il Partito socialista spagnolo (Psoe) ha confermato che voterà no a un eventuale nuovo governo guidato dal premier uscente il popolare Mariano Rajoy. Sulla stessa linea Podemos
Come accaduto una settimana fa per la Francia, anche nel caso spagnolo è molto difficile capire chi ha vinto e chi ha perso davvero. Le percentuali non bastano per interpretare il risultato: perché anche in Spagna i veri sconfitti sono i partiti tradizionali, sempre più incalzati dal temutissimo Podemos
Un governo di coalizione, soluzione inedita finora nella Spagna postfranchista, oppure nuove elezioni in primavera. Questo è il risultato cui ha portato il voto di ieri che ha visto il Partito popolare del premier Mariano Rajoy arrivare in testa ma senza maggioranza assoluta
Il conservatore Partido Popular conferma i sondaggi e conquista 123 seggi, ben lontano dal numero magico di 176 che gli consentirebbe di governare da solo; i socialisti si fermano a quota 90, mentre gli emergenti Podemos e Ciudadanos rimangono rispettivamente a 69 e 40.
La stima dell'affluenza parla di un possibile 80%, un dato che di fatto rende poco affidabili i sondaggi, peraltro assai contraddittori ma che concordano nel confermare che nessun partito si avvciinerà neanche lontanamente alla maggioranza assoluta inaugurando così dopo quarant'anni di democrazia, l'era degli esecutivi di coalizione.
La formazione di Albert Rivera incarna la «nuova» destra ed è l'unica formazione quasi sicura di far parte di una coalizione di governo (seppure non necessariamente come socio dell'esecutivo).
Il partito di Pablo Iglesias potrebbe trovarsi a dover fare i conti con la realtà di governo, seppure con una differenza che tutto sommato potrebbe giocare a suo favore: non potrà formare un esecutivo di maggioranza, ma potrà essere parte di un esecutivo di coalizione magari insieme ai «rivali» del PSOE.
Nato dieci anni fa a Barcellona con l'obbiettivo di contrastare il nazionalismo catalano, ovvero di proporsi come alternativa autoctona al conservatore Partido Popular, Ciiutadans (C's), il partito guidato da Albert Rivera, si trova ad essere oggi l'ago della bilancia nelle elezioni politiche del 20 dicembre.
L'attenzione degli analisti è su quali alleanze potrebbero dar luogo ad un esecutivo di coalizione sufficientemente stabile, in vista di una legislatura in cui i problemi (austerity e crisi catalana in primis) non mancheranno di certo.
Le elezioni polacche sono soltanto l'ultimo esempio. La riscossa dei partiti di estrema destra, anti-immigrati e anti-europeisti, sta stringendo l'Europa in un abbraccio che, di questo passo, potrebbe rivelarsi mortale
Dopo la crisi e quattro anni di austerity, ci si sarebbe potuti aspettare che, come in Grecia e in Spagna, gli elettori cercassero il «cambiamento». Invece, i portoghesi hanno fatto una scelta diversa. Eccone le ragioni
Le elezioni politiche portoghesi hanno dato vita ad un Parlamento paradossale: i conservatori della coalizione Portugal a Frente hanno conquistato la maggioranza ma solo relativa; le sinistre hanno un maggior numero di deputati, ma sono divise
Artur Mas, il presidente uscente secessionista della Catalogna, è già pronto: elezioni costituenti e indipendenza entro 18 mesi. A tremare non è solo Madrid, ma anche Bruxelles. Ecco perché
Il voto regionale ha dato agli indipendentisti di Junts pel Sì la maggioranza relativa dei seggi in Parlamento, maggioranza assoluta se si sommano i deputati dell'altro movimento favorevole alla secessione, la Cup.
Syriza aveva vinto le elezioni dello scorso gennaio con il 36% dei voti, ma oggi quel risultato sembra impossibile da replicare, perché il partito di Tsipras sta scontando gli avvenimenti drammatici degli ultimi mesi
In principio fu Alexis Tsipras con la greca Syriza, poi Pablo Iglesias con lo spagnolo Podemos. Ora, a spiccare sulle ceneri delle socialdemocrazie europee, è Jeremy Corbyn, il nuovo leader di «rottura» del Labour
Il partito populista spagnolo Podemos chiede all'Unione Europea un maggiore impegno finanziario per aiutare i rifugiati piuttosto che destinare i fondi al rafforzamento della sicurezza alle frontiere
Dopo la sconfitta alle amministrative spagnole dello scorso maggio, il conservatore Partido Popular risale nei sondaggi, confermandosi la prima forza davanti ai socialisti del Psoe mentre calano i partiti populisti di Podemos e Ciudadanos
Dopo le amministrative che hanno sancito la vittoria di Podemos e Ciudadanos, la maratona elettorale spagnola, prima dell'ultimo appuntamento delle politiche, prevede la chiamata alle urne della Catalogna del 27 settembre
Vittima della crisi greca, anche la sinistra europea. Che, a furia di difendere l'Unione, è diventata la prima alleata dell'Europa delle banche di cui diceva di essere nemica, allontanandosi sempre di più dal popolo e dai valori che avrebbero dovuto contraddistinguerla
La crisi economica del 2008 ha favorito lo scoppiare di un'altra crisi. Pablo Iglesias, leader di Podemos, la definisce di «egemonia», facendo riferimento alla perdita di fiducia nei partiti tradizionali che ha favorito il sorgere di nuove forze di rottura: i famigerati «populisti». Saranno loro a salvare l'Europa (o salvarci dall'Europa)?
Mancava solo lui: Mario Monti. L'ex premier torna alla ribalta e lo fa dicendo la sua sulla Grecia. Il referendum? Un precedente che «potrà essere cavalcato dalle forze populiste emergenti in Europa»
La vittoria di Podemos alle elezioni spagnole è stata a dir poco rivoluzionaria. Rivoluzionaria è, in generale, la forte crescita dei movimenti populisti in Europa, chi di destra e chi di sinistra
Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha convocato un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo, sostenendo via twitter che “è giunto il momento di discutere la situazione in Grecia al più alto livello politico”.
Il ministro dell’Interno del governo greco, Nikos Voutsis, aveva dichiarato giusto un paio di giorni fa, in diretta tv, che la Grecia non avrebbe rimborsato al Fmi la rata di giugno. Adesso, invece, Alexis Tsipras sostiene il contrario e parla di un accordo imminente con l'Ue: che il successo di Podemos abbia aiutato anche Syrizia?
L'Europa è a rischio disintegrazione, ormai è sotto gli occhi di tutti. Ma è l'esercito dei populisti, i vari Iglesias, Tsipras, Salvini, Le Pen, Farage, Duda, ad avere infranto il sogno europeo? Oppure, c'è qualcosa di più, di peggio, dietro?
Gli ex Indignados in Spagna e prima ancora Syriza in Grecia: in Europa trionfano i movimenti dal basso che vogliono abbattere il sistema. Qui da noi, invece, dobbiamo accontentarci delle loro copie sbiadite: Grillo, Landini, Civati
Podemos in Spagna e Duda in Polonia: i «popoli» dell'Europa stanno alzando la testa per riprendersi la sovranità nazionale. Per la Lega nord le elezioni nei due Paesi sono state «una boccata d'ossigeno salutare»