Se la crisi diventa un’opportunità per l’Europa (grazie ai famigerati «populisti»)
La crisi economica del 2008 ha favorito lo scoppiare di un'altra crisi. Pablo Iglesias, leader di Podemos, la definisce di «egemonia», facendo riferimento alla perdita di fiducia nei partiti tradizionali che ha favorito il sorgere di nuove forze di rottura: i famigerati «populisti». Saranno loro a salvare l'Europa (o salvarci dall'Europa)?
MADRID – L’Europa sta vivendo un momento per certi versi rivoluzionario. Non tanto per la crisi greca in sé, ma per ciò che essa rappresenta nel contesto di un sempre più generalizzato malcontento verso le forze politiche tradizionali. Forze che, in molti casi, hanno deluso i propri elettori tanto a livello nazionale quanto europeo, con la sottomissione al «regime dell’austerity». In questo senso, la crisi greca è molto più del «semplice» collasso economico di un piccolo Paese del Sud Europa: è l’orizzonte che rende evidente la necessità di cambiare. E come Syriza, c’è un altro partito, in Europa, che aspira a farsi motore di cambiamento: lo spagnolo Podemos.
Verso un nuovo ordine mondiale ed europeo
Il suo leader Pablo Iglesias, in un interessante saggio pubblicato sulla rivista geopolitica Pandora, parla di una vera e propria «crisi di regime». Una crisi che accomuna tante realtà nazionali europee, particolarmente del Sud Europa, il cui scoppio è stato in gran parte accelerato dalla crisi economica del 2008. L’ordine mondiale costruito dagli anni ’70, fortemente neoliberista, americanocentrico e, nel caso europeo, germanocentrico, ha portato a un progressivo svuotamento delle sovranità nazionali e a una sempre più evidente sconfitta delle sinistre esistenti. Ma il sorgere di nuovi contrappesi a Washington – come i Brics, la Cina, la Russia – ha condotto l’ordine mondiale in un periodo di transizione geopolitica, che anche in Europa comincia a dare i suoi frutti: e Podemos è uno di questi.
La riscossa delle forze di rottura
Gli effetti disastrosi delle politiche di austerità, imposte e presto «normalizzate» da un’Europa a guida tedesca, hanno fatto il resto. Quella crisi che ha prostrato molti Paesi del Sud Europa è stata anche l’occasione per l’ascesa di nuove forze politiche di totale rottura: gli esempi più evidenti sono proprio Syriza e Podemos. Secondo Iglesias, ci troviamo di fronte, in qualche misura, a quella che Antonio Gramsci avrebbe chiamato «crisi di egemonia», cioè a una progressiva perdita della capacità delle élite al potere di «allineare» i gruppi subalterni entro un sistema di consenso generale. Di qui, una crisi organica che ha condotto allo sfibramento del sistema politico-sociale tradizionale. In Spagna, la più evidente manifestazione di questa crisi è stato il movimento degli «indignados» che, a partire dal maggio 2011, ha occupato le piazze cittadine per molte settimane. Podemos ne è stata la principale espressione politica.
«Crisi di egemonia»: opportunità per l’Europa?
Una crisi che – tiene a sottolineare Iglesias – non è affatto «di Stato», ma di «regime». Le falle del bipartitismo tradizionale, il fallimento della sinistra e il disastro dell’austerity hanno aperto opportunità politiche senza precedenti. L’erosione del consenso che per decenni gli spagnoli PP e PSOE erano riusciti a catalizzare ha favorito l’ascesa di movimenti nuovi, di «rottura». Un’ascesa guardata con terrore sia dai partiti tradizionali nazionali, sia dall’eélite europea, a testimonianza di quanto essa sia potenzialmente esplosiva. Quella di Podemos (e di Syriza) è stata una riscossa del tutto indipendente dalle trite etichette politiche: qualcuno parla di «sinistra radicale», ma la verità è che per questi movimenti, a livello europeo, simpatizzano in generale tutti i delusi dal partitismo tradizionale e dall’Europa germanocentrica. E l’accezione negativa ormai appiccicata al termine «populismo» (con cui si tende a designare un ampio spettro di movimenti, ficcandoli tutte insieme in un accogliente calderone) è di per sé la spia della crisi: il fatto che la vicinanza al popolo si prospetti come una debolezza dimostra quanto la politica tradizionale se ne sia drammaticamente distaccata. Oggi, però, dalla crisi sembra sorgere un’opportunità, rappresentata proprio da quei «populisti» che tanto, a qualcuno, fanno paura. Saranno loro a salvarci?
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