18 aprile 2024
Aggiornato 23:30
Il trionfo del candidato più «odiato» dalla vecchia guardia

Sulle ceneri delle sinistre europee. Dopo Tsipras e Iglesias... il «vecchio» Corbyn?

In principio fu Alexis Tsipras con la greca Syriza, poi Pablo Iglesias con lo spagnolo Podemos. Ora, a spiccare sulle ceneri delle socialdemocrazie europee, è Jeremy Corbyn, il nuovo leader di «rottura» del Labour

LONDRA – Per il centrosinistra europeo, si sa, non è un buon momento. Le elites socialdemocratiche sembrano perdere sempre più terreno, abili ad accodarsi remissivamente allo status quo, ma incapaci di interpretare i sentimenti del proprio elettorato. Elettorato che, proprio per questo, si rivolge sempre più spesso ad alternative «anti-sistema», fino a poco prima impensabili da portare alla vittoria. Così, dopo Syriza in Grecia e Podemos in Spagna, la Gran Bretagna ha scelto Jeremy Corbyn, da qualche giorno il nuovo leader dei laburisti.

Con Tsipras e Iglesias... uguali ma diversi
Certo, le due esperienze – quella sud-europea e quella britannica – non sono del tutto assimilabili. Sì, anche Corbyn è anti-sistema, anti-elites, anti-austerità. Ma, innanzitutto, ad Atene e Madrid la «rivoluzione» è avvenuta al di fuori dei partiti tradizionali (guadagnandosi così un posto sotto l’ampio cappello «populista»), tanto che per la Spagna si è parlato della morte del bipartitismo. Nel caso inglese, invece, la rivoluzione è avvenuta all’interno del tradizionale schieramento politico del Labour, e non senza provocare diversi mal di pancia. Degna di nota, la posizione dello storico leader laburista Tony Blair, che ha invitato gli elettori di cui Corbyn aveva conquistato i «cuori» a «farsi un trapianto». Eppure, la vittoria del deputato 63enne è stata la più eloquente risposta agli appelli contro di lui: anche in Gran Bretagna, la sinistra rivendica «più sinistra», in un momento in cui le differenze si perdono sempre di più nell’unico grande calderone del «sistema».

Unico nel suo genere
Altra determinante differenza: Corbyn non ha nulla del giovane carisma di Alexis Tsipras e dell’aura di Pablo Iglesias, e non solo a causa della consistente differenza d’età. Diversamente dai suoi due colleghi sud-europei, è un pessimo oratore; la sua barba bianca lo fa assomigliare a un vecchio saggio, piuttosto che a una «nuova leva»: eppure, i militanti e i simpatizzanti di sinistra ne devono aver avvertito il fascino. Il fascino del «nuovo» che passa dal «vecchio», e di una politica senza enfasi e con molta concretezza.

Vittoria sì, ma già condannata?
Eppure, questa totale mancanza di «retorica» (sempre utile in politica) può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Perché sì, quello di Corbyn è stato un trionfo: entrato nella sfida come outsider, la sua vittoria era quotata inizialmente cento a uno, ma alla fine ha conquistato il 59,5% dei voti, sulla scia di prese di posizione anticonformiste anche tra i colleghi di partito, quale quella contro la legge sul welfare proposta dai conservatori. Tuttavia, la debolezza intrinseca del nuovo leader dell’opposizione è palesata dagli stessi sondaggi che lo hanno incoronato vincitore: per il 66% degli intervistati, infatti, Corbyn non sarebbe in grado di portare i laburisti al potere, e per il 48% la sua vittoria danneggerà il Labour (Independent). Insomma, l’assenza di «fronzoli» che lo ha portato sul trono della sinistra britannica potrebbe essere la spada di Damocle in vista del prossimo confronto elettorale con i tories.

Il vecchio è nuovo, almeno a sinistra
Intanto, però (con le dovute differenze), è lecito accomunare il destino di Corbyn a quello di Tsipras o Iglesias, almeno per quanto riguarda l’origine delle loro vittorie: e cioè le ceneri di quella socialdemocrazia europea che perde sempre di più il contatto con il proprio elettorato. In Corbyn, i militanti hanno visto l’uomo che porterà a risorgere la vecchia, combattiva e ideologica sinistra, che – paradosso dei tempi che corrono – oggi sarebbe una gran novità. Del resto, basti confrontare il «vecchio» leader laburista britannico al «giovane» Renzi, per capire come la «rottura» non passi necessariamente per l’età anagrafica.