20 aprile 2024
Aggiornato 15:00
Il difficile deve ancora venire

Spagna, è solo l'inizio: le 6 sfide che attendono Rajoy dopo i 10 mesi di stallo

La fiducia ottenuta da Mariano Rajoy dopo 10 mesi di stallo sembra la fine di una soap opera politica. E invece è solo l'inizio: ecco le sfide che il nuovo esecutivo spagnolo dovrà affrontare

Il premier conservatore Mariano Rajoy.
Il premier conservatore Mariano Rajoy. Foto: Shutterstock

MADRID - Dopo 10 mesi di instabilità politica e due elezioni in un solo anno, la fiducia ottenuta (sul filo del rasoio) dal (di nuovo) premier spagnolo Mariano Rajoy sembra la fine di un'interminabile soap opera politica. E invece non è la fine di nulla: semmai, è solo l'inizio. Perché il difficile arriva ora, con il premier incaricato di guidare un esecutivo di minoranza e le tantissime sfide che dovrà affrontare di qui ai prossimi mesi. Mentre, peraltro, gli analisti di tutto il mondo già ventilano rocamboleschi epiloghi anticipati, per un esecutivo nato già con un piede nella fossa. 

L'esecutivo con minor appoggio parlamentare dal 1978 ad oggi
Sono stati 170 i deputati che hanno votato a favore della formazione del Governo, 11 contro e 68 astenuti. Questi ultimi sono tutti appartenenti al Partito socialista operaio di Spagna (Psoe), in linea con la decisione del gruppo di aprire la strada al rivale per porre termine alla lunga crisi di governo. Una decisione che è costata le dimissioni del vecchio leader Pedro Sanchez, del tutto contrario a consentire a Rajoy di ottenere la poltrona. Ad ogni modo, i socialisti, dopo la controversa resa ai popolari, hanno già annunciato che non faranno sconti a nessuno, tantomeno al premier conservatore: il quale già, come si diceva, guida un esecutivo che per gli analisti sarà quello con minor appoggio parlamentare dal 1978 (anno dell'entrata in vigore della nuova Costituzione che sancì il passaggio dal regime franchista a una monarchia parlamentare).  A sostenerlo ci sono infatti i 137 deputati del Partido Popular, i 32 di Ciudadanos (con il quale è stato firmato un patto di 150 punti) e una deputata della Coalición Canaria. 170 seggi in tutto, per raggiungere la maggioranza alle Cortes ne mancano ancora 6. Il che significa negoziati, accordi, litigi e polemiche.

Prima sfida: rimanere in piedi
La prima sfida, dunque, sarà innanzitutto quella di rimanere in piedi. Anche perché Rajoy è già atteso al varco della commissione di inchiesta sui finanziamenti illegali del Partito Popolare proposta dai suoi avversari PSOE, Ciudadanos e Podemos. Uno scandalo esploso nel 2013, ma che continua a far tremare il partito, tanto più che il suo ex tesoriere, in carcere per corruzione e riciclaggio, ha ammesso che i popolari negli ultimi 20 anni hanno ricevuto finanziamenti illegali da aziende e imprenditori. Tale scandalo è peraltro una delle ragioni per cui Rajoy non è riuscito a ottenere una maggioranza assoluta alle elezioni, ed è probabile che il premier debba farci ancora i conti a lungo.

Seconda sfida: il Bilancio
Ma questa non sarà l’unica sfida. Perché l'agenda che attende Rajoy si preannuncia fittissima: i provvedimenti sul mercato del lavoro e sul sistema pensionistico, la legge educativa, nonché la questione aperta dell’indipendenza catalana. Per prima cosa, si dovrà discutere del Bilancio 2017, che dovrà soddisfare le severe richieste europee sul deficit. Bruxelles ha infatti chiesto a Madrid provvedimenti volti a risanare il bilancio pari allo 0,5% del PIL nel 2017 e nel 2018,e ha imposto l'obiettivo di deficit del 3,1%. Il rischio è che i target dettati dall'Europa possano arrestare la crescita degli ultimi mesi, che pare già in fase di rallentamento.

Terza sfida: disoccupazione
Poi c’è la disoccupazione, ultimamente scesa al livello più basso dal 2009 a questa parte, ma tuttora importante, al 18,9%. A fare peggio della Spagna c’è solo la Grecia. Oltretutto, a far rallentare la disoccupazione ci sono stati i tanti contratti rigorosamente a tempo determinato firmati nel 2016, almeno la metà di quelli siglati quest'anno.

Quarta sfida: pensioni
Quindi, c’è l’annosa questione delle pensioni. Perché, con una popolazione in continuo invecchiamento, il Fondo di Riserva su cui il sistema previdenziale iberico poteva contare è attualmente quasi vuoto. Negli anni della crisi e delle politiche di austerity, infatti, il Governo ha continuato ad attingere a piene mani da quelle risorse, che sono passate in poco tempo dagli originari 70 miliardi a 25 miliardi. Secondo le stime dell’Istituto nazionale di Statistica iberico (INE), di questo passo nel 2017 non rimarrà più nulla. Una vera e propria bomba per il sistema pensionistico e per l’esecutivo Rajoy, a maggior ragione perché il precariato che attanaglia i più giovani implica meno contributi versati e quindi minor supporto alla previdenza.

Quinta sfida: la riforma educativa
Ancora, in ballo c'è l'annosa controversia sulla riforma del sistema educativo. Mercoledì scorso, il Paese è stato bloccato da un grande sciopero dell'istruzione, a cui hanno aderito molte scuole e università. Tra i provvedimenti più criticati della riforma, la combinazione di aumento delle tasse e diminuzione delle borse di studio. Una logica definita elitaria dai movimenti e dalle organizzazioni studentesche, che denunciano come con tale legge si torni di fatto ad un modello franchista. Pare tuttavia che l'astensione del PSOE che ha permesso la formazione del nuovo Governo sia stata «ripagata» da Rajoy con la promessa di smussare le parti più controverse del testo.

Sesta sfida: la questione catalana
Senza considerare la questione catalana, che potrebbe esplodere nel 2017, anno per il quale il presidente della regione Carles Puigdemont ha annunciato un referendum sulla secessione, con o senza l’avallo di Madrid. La perdita della Catalogna, la regione più ricca della Spagna, sarebbe certamente un fallimento politico non indifferente per il premier, che ha già più volte tentato di opporsi a quel processo. Lo scorso 9 novembre il Parlamento regionale aveva infatti votato una risoluzione con l’obiettivo di avviare formalmente il processo di indipendenza, ma Rajoy aveva presentato ricorso alla Corte Costituzionale spagnola, che lo aveva accolto: quest’ultima aveva sospeso la risoluzione e avvertito che i membri del governo catalano non avrebbero dovuto partecipare in futuro a qualsiasi altro tipo di iniziativa che ignorasse tale decisione. Una raccomandazione ignorata nei fatti, dato che lo scorso luglio il Parlamento catalano ha nuovamente approvato un documento che prevede la secessione dalla Spagna entro il 2017. Una questione, dunque, che Rajoy non potrà fare a meno di affrontare.