Spagna, pre-accordo per formare Governo tra il premier Sanchez e leader Podemos
Dopo il voto di domenica cresce l'attesa peruna dichiarazione congiunta dei due, che da ieri pomeriggio hanno avuto colloqui riservati per arrivare ad un'intesa
Dopo il voto di domenica cresce l'attesa peruna dichiarazione congiunta dei due, che da ieri pomeriggio hanno avuto colloqui riservati per arrivare ad un'intesa
Impossibile un governo di sinistra o di destra. I sovranisti raddoppiano i consensi, tornano a crescere i Popolari, crollano Podemos e Ciudadanos
Oltre al Psoe, sempre che i sondaggi riflettano accuratamente la realtà, a guadagnare dal ritorno alle urne sarà solo il Partito Popolare
A gonfie vele invece nazionalisti e indipendentisti catalani e baschi che si aggiudicano tutte le grandi città delle regioni
Il leader socialista inizierà i negoziati per la formazione del nuovo governo spagnolo solo dopo le elezioni amministrative ed europee del 26 maggio
Un voto che - stando ai sondaggi - dovrebbe sancire la nascita di un Parlamento privo di maggioranze stabili e a rischio di crisi di governabilità a breve termine, pur assicurando una vittoria ai socialisti di Pedro Sanchez
Una crisi annunciata, dopo il rifiuto dell’esecutivo socialista minoritario (che ha soli soli 84 deputati su 350) di negoziare l’autodeterminazione della Catalogna
Sempre più difficile per il premier Sanchez riuscire ad approvare la finanziaria. Possibile il voto anticipato per provare a governare da soli
La fiducia ottenuta da Mariano Rajoy dopo 10 mesi di stallo sembra la fine di una soap opera politica. E invece è solo l'inizio: ecco le sfide che il nuovo esecutivo spagnolo dovrà affrontare
I deputati spagnoli hanno posto fine a dieci mesi di paralisi politica votando la fiducia al governo conservatore di Mariano Rajoy, al potere grazie alle divisioni tra i suoi avversari
Dopo 11 mesi di stallo politico-istituzionale, l'astensione del Partito socialista spagnolo ha permesso al premier conservatore Rajoy di formare un esecutivo
Svolta politica in Spagna. Il partito socialista ha deciso di consentire al leader conservatore Mariano Rajoy di formare un nuovo governo, mettendo così fine a 10 mesi di paralisi politica
Il risultato delle elezioni regionali spagnole potrebbe aiutare a sbloccare l'impasse istituzionale in cui versa il Paese da tempo. E arricchisce la lista di fallimenti delle sinistre europee
Primo voto il 31, da allora l'ex Premier spagnolo avrà due mesi di tempo per formare un nuovo esecutivo pena il terzo ritorno alle urne nel giro di un anno - che cadrebbe fra l'altro il 25 dicembre. Da domani il Pp e C's inizieranno le trattative sulle sei condizioni poste dal partito di Albert Rivera.
Nessun verdetto netto, le elezioni spagnole atto secondo somigliano drammaticamente al primo: il Partido Popular del premier uscente Mariano Rajoy si conferma prima forza, ma è sempre lontanissimo dalla maggioranza assoluta
Ieri sera è arrivata a Palazzo Chigi la lettera di Bruxelles indirizzata al ministro Padoan, nella quale la Commissione chiede al Governo Renzi impegni concreti a fronte di una maggiore flessibilità. Ecco perché quello di domani sarà un giudizio più politico che economico
Dopo la bocciatura del socialista Pedro Sanchez e con meno di due mesi di tempo per la formazione di un nuovo esecutivo, il monarca spagnolo Felipe VI ha deciso di rinunciare «per il momento» a un nuovo giro di consultazioni.
Il premier uscente, Mariano Rajoy, reclama il diritto di formare un governo, ma attualmente non ha alcun partner e la sua carta migliore sarebbe una «grande coalizione» con il partito socialista, in cambio di concessioni non è chiaro quanto generose e sincere in materia di riforme costituzionali.
All'ultimo minuto. Quando tutto sembrava perduto, con la Catalogna ormai destinata alla convocazione di nuove elezioni anticipate per il prossimo 6 marzo, Artur Mas ha deciso di fare un passo indietro per favorire la formazione di un nuovo governo regionale.
La nuova bocciatura di Artur Mas come governatore della Catalogna, decisa ieri dalla dirigenza del movimento indipendentista della Cup, rende quasi inevitabile il ricorso a nuove elezioni regionali, ma cambia le carte in tavola anche a Madrid
Se sull'intesa con i popolari, rifiutata esplicitamente ieri, il PSOE rimane compatto, non lo è altrettanto sull'opportunità di chiudere o aprire le porte a Podemos
Il leader dei socialisti spagnoli Pedro Sanchez ha detto che non sosterrà un eventuale nuovo governo guidato dal conservatore Mariano Rajoy, primo ministro uscente
Nella serata di ieri il capo del governo spagnolo uscente Mariano Rajoy ha offerto il dialogo ai partiti pronti a difendere l'unità della Spagna e il suo posto in Europa in vista della formazione di un governo
Nella consueta enews, il premier Matteo Renzi non rinuncia a commentare il voto spagnolo di ieri. Confermando la convinzione già espressa a caldo dalla ministra Maria Elena Boschi: la nuova legge elettorale salverà il Paese dall’ingovernabilità.
Dopo il voto di ieri, e il «niet» di socialisti e Podemos a un nuovo esecutivo guidato da Mariano Rajoy, nella difficile partita a scacchi spagnola si aprono tre scenari.
Dopo il voto di ieri, il futuro politico spagnolo è un'incognita a numerose variabili e con una, minima, certezza. Sia come sia, il premier uscente Mariano Rajoy non potrà vedersi riconfermato alla testa del governo
Per il leader popolare spagnolo Mariano Rajoy si chiudono le porte di un possibile ritorno alla guida del governo. Il Partito socialista spagnolo (Psoe) ha confermato che voterà no a un eventuale nuovo governo guidato dal premier uscente il popolare Mariano Rajoy. Sulla stessa linea Podemos
Come accaduto una settimana fa per la Francia, anche nel caso spagnolo è molto difficile capire chi ha vinto e chi ha perso davvero. Le percentuali non bastano per interpretare il risultato: perché anche in Spagna i veri sconfitti sono i partiti tradizionali, sempre più incalzati dal temutissimo Podemos
La Spagna stamattina si è svegliata più vicina all'Italia: con un parlamento senza una maggioranza chiara e la prospettiva di settimane di estenuanti trattative per trovare compromessi tra forze diverse e varare un governo
Un governo di coalizione, soluzione inedita finora nella Spagna postfranchista, oppure nuove elezioni in primavera. Questo è il risultato cui ha portato il voto di ieri che ha visto il Partito popolare del premier Mariano Rajoy arrivare in testa ma senza maggioranza assoluta
Il conservatore Partido Popular conferma i sondaggi e conquista 123 seggi, ben lontano dal numero magico di 176 che gli consentirebbe di governare da solo; i socialisti si fermano a quota 90, mentre gli emergenti Podemos e Ciudadanos rimangono rispettivamente a 69 e 40.
La stima dell'affluenza parla di un possibile 80%, un dato che di fatto rende poco affidabili i sondaggi, peraltro assai contraddittori ma che concordano nel confermare che nessun partito si avvciinerà neanche lontanamente alla maggioranza assoluta inaugurando così dopo quarant'anni di democrazia, l'era degli esecutivi di coalizione.
La formazione di Albert Rivera incarna la «nuova» destra ed è l'unica formazione quasi sicura di far parte di una coalizione di governo (seppure non necessariamente come socio dell'esecutivo).
Il partito di Pablo Iglesias potrebbe trovarsi a dover fare i conti con la realtà di governo, seppure con una differenza che tutto sommato potrebbe giocare a suo favore: non potrà formare un esecutivo di maggioranza, ma potrà essere parte di un esecutivo di coalizione magari insieme ai «rivali» del PSOE.
Nato dieci anni fa a Barcellona con l'obbiettivo di contrastare il nazionalismo catalano, ovvero di proporsi come alternativa autoctona al conservatore Partido Popular, Ciiutadans (C's), il partito guidato da Albert Rivera, si trova ad essere oggi l'ago della bilancia nelle elezioni politiche del 20 dicembre.
L'attenzione degli analisti è su quali alleanze potrebbero dar luogo ad un esecutivo di coalizione sufficientemente stabile, in vista di una legislatura in cui i problemi (austerity e crisi catalana in primis) non mancheranno di certo.
Artur Mas, il presidente uscente secessionista della Catalogna, è già pronto: elezioni costituenti e indipendenza entro 18 mesi. A tremare non è solo Madrid, ma anche Bruxelles. Ecco perché
Dopo la sconfitta alle amministrative spagnole dello scorso maggio, il conservatore Partido Popular risale nei sondaggi, confermandosi la prima forza davanti ai socialisti del Psoe mentre calano i partiti populisti di Podemos e Ciudadanos
Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha esortato gli elettori catalani a recarsi in massa alle urne per le regionali del prossimo 27 settembre per opporsi ai partiti indipendentisti che considerano il voto come un plebiscito sulla secessione dalla Spagna
Dopo le amministrative che hanno sancito la vittoria di Podemos e Ciudadanos, la maratona elettorale spagnola, prima dell'ultimo appuntamento delle politiche, prevede la chiamata alle urne della Catalogna del 27 settembre
Gli ex Indignados in Spagna e prima ancora Syriza in Grecia: in Europa trionfano i movimenti dal basso che vogliono abbattere il sistema. Qui da noi, invece, dobbiamo accontentarci delle loro copie sbiadite: Grillo, Landini, Civati
Podemos in Spagna e Duda in Polonia: i «popoli» dell'Europa stanno alzando la testa per riprendersi la sovranità nazionale. Per la Lega nord le elezioni nei due Paesi sono state «una boccata d'ossigeno salutare»
Se i signori della finanza hanno guardato fin qui con poca preoccupazione alla crisi greca e all'ipotesi del Grexit, il successo di Podemos potrebbe cambiare le cose: ecco perché i mercati finanziari temono più la Spagna che la Grecia.
Mentre il Continente ribolle di critiche e minacce i due leader fanno filtrare una governance per i prossimi anni unicamente rivolta a non cambiare i trattati e alla difesa dei poteri forti dei rispettivi paesi. Con tanti saluti per Grecia, Podemos, Polonia, Renzi, Cameron ed euroscettici.
Il segretario del Carroccio Salvini: i risultati in Spagna e Polonia sono «bellissimi» e rappresentano «una bella mazzata per i difensori dell'Europa delle banche e per i servi di Bruxelles». Berlusconi: «Se l'Europa continuerà ad agire come ha fatto in questi anni di crisi il ritorno alla lira sarà inevitabile»
Partitismo e status quo i grandi sconfitti delle amministrative spagnole: a rivoluzionare lo scacchiere politico, la «rottamazione» di Ciudadanos e, soprattutto, il «populismo» di sinistra di Podemos. Un vento di cambiamento e ribellione che soffia in tutta Europa, facendo traballare l'Unione
Il conservatore Partido Popular perde la maggioranza assoluta in tutte le regioni in cui governava in solitario, mentre i socialisti del Psoe limitano i danni ma non ottengono il sorpasso: tra tutti e due i maggiori partiti guadagnano poco più del 50% dei voti mentre le nuove alternative, Podemos e Ciudadanos confermano di essere forze con cui dover fare i conti.
La perdita di consensi dei due principali partiti, il conservatore Pp e i socialisti del Psoe, e l'ascesa delle alternative populiste a destra e a sinistra (rispettivamente Ciudadanos e Podemos) lascia gli elettori nell'incertezza: i sondaggi sono assai volatili e la percentuale degli indecisi si aggira fra il 30% e il 45% dei votanti.
In vista maxi-manovre con rischi depressivi e alti costi sociali. Da Bruxelles, il presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, si è congratulato con Rajoy, ricordandogli subito come la Spagna debba «adottare misure importanti». Rubalcaba ammette la sconfitta e chiede il congresso del Psoe
Dopo due sconfitte dolorose nel 200 e nel 2004, Mariano Rajoy ha portato la destra spagnola alla vittoria più spettacolare dal ritorno della democrazia. Quasi dimezzati i voti socialisti, trionfa pure il partito basco Amaiur