26 aprile 2024
Aggiornato 22:00
Sempre meno risorse

Le formiche sul corpo dei malati che scarnificano la sanità pubblica

Il settore sanitario deve essere trasformato, da pubblico a privato. Da gratuito a pagamento: questa è l’unica vera riforma che interessa al mercato. Perché si tratta di un settore economicamente immenso dove il settore finanziario può realizzare profitti enormi e senza pari

ROMA - L’immagine delle formiche in cammino sul corpo di una paziente ricoverata in un ospedale di Napoli ricordano le torture che gli antropologi hanno studiato presso alcune comunità indigene del centro Africa. Sono immagini che danno, appunto, un’idea del livello di civiltà a cui siamo scesi nel nostro sgangherato paese: in particolare nel settore sanitario, la vera polpa che l’inesorabile processo privatizzatore vuole azzannare e scarnificare: esattamente come l’immagine delle formiche sul corpo della povera donna campana testimonia. Il settore sanitario deve essere trasformato, da pubblico a privato. Da gratuito a pagamento: questa è l’unica vera riforma che interessa al mercato. Perché si tratta di un settore economicamente immenso dove la finanza può realizzare profitti enormi e senza pari. Nemmeno il comparto previdenziale può essere comparato, in termini economici, con quello sanitario. Si pensi che la salute pubblica copre il 15% dell’intero bilancio dello Stato annuale: circa duecento miliardi di euro. Un mercato intonso, perché ancora coperto dal principio costituzionale che prevede il diritto alla salute da parte di tutti, gratuitamente.

Passo numero uno: smantellare la sanità pubblica
Il primo passo per smantellare la sanità pubblica e trasformarla in affare è demolire mediaticamente il settore: operazione che sta riuscendo perfettamente grazie agli episodi, che si susseguono, in cui i pazienti vengo trattati come cavie. Questo però è dovuto a cosa? Indubbiamente al tratto antropologico italiano, in cui la furbizia e la scarsa professionalità dilagano nel settore pubblico: ma perché da decenni il bilancio complessivo della sanità italiana, nel suo rapporto con il Pil, è strutturalmente più basso rispetto a molti altri paesi dell’Unione Europea. Insomma, l’idea che la sanità costi troppo è una bugia. Nonostante questo, gli indicatori rispetto allo stato di salute della popolazione sono tra i più elevati al mondo. Rimane il famoso capitolo sprechi, sciatteria e furbizia. Con la leva, giusta, dei cosiddetti tagli agli sprechi – secondo l’Ocse circa 22 miliardi di euro - si sta tagliando l’intero settore sanitario. Questi rapporti, stilati da uffici studi ideologicamente schierati a favore della «riforma», dicono in sostanza una cosa semplice: la spesa sanitaria deve essere decurtata del valore pari alle «inefficienze», senza però spiegare nel dettaglio cosa si intenda per tale. Ma i tagli lineari, nonché la privatizzazione, che da più parti si invocano – le riforme per aprire ai mercati – non sono mai la risposta adeguata quando si tratta di servizi inerenti la salute. Basterebbe applicare le leggi, essere inflessibili con chi non merita un posto pubblico macchiandosi di responsabilità inerenti la scarsa professionalità, la sciatteria o la furbizia.

Quanto è pubblica la sanità?
Secondo il rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute, nel 2016 dodici milioni di italiani hanno rinunciato, o rinviato, almeno una prestazione sanitaria per ragioni economiche: 1,2 milioni in più rispetto al 2015. Sono 7,8 milioni i cittadini che hanno usato i risparmi o hanno contratto un debito con le banche o parenti per affrontare una cura non rinviabile. Quasi 2 milioni sono entrati nell’area della povertà. Il passaggio dal settore pubblico a quello privato, imposto, ha generato un fatturato pari a 35,2 miliardi di euro con un aumento record del 4,2% rispetto al triennio 2013-2016. La Corte dei Conti ha evidenziato che l’Italia ha superato il record europeo di riduzione del valore pro-capite della spesa sanitaria: 1,1% all’anno rispetto al Pil in meno dal 2009 al 2015. In Francia tale spesa è invece aumentata dello 0,8% all’anno, in Germania del 2%. Perché accade questo? Semplice, per sollevare i bilanci delle Rriegioni dalle spese sanitarie, e scaricarli ovviamente sulle spalle dei cittadini e sui loro risparmi. Ecco, il risparmio: quello è il pozzo di petrolio che la sanità privata vuole scarnificare. Come noto il popolo italiano è risparmiatore, e quale strumento migliore della sanità privata per mettere le mani sulle rendite – immobiliari e no – accumulate nel corso del tempo. Questo ovviamente trova piena forma se si tiene conto del fatto che la classe media, ormai sempre più sottile, ha un’età sempre più alta ed è quindi soggetta a problemi di salute crescente.

Criminalità organizzata e affari
Secondo il governatore della Campania, Vincenzo de Luca, la sanità regionale sarebbe in mano alla camorra: cosa di cui non dubitare, e non solo per le formiche che invadono le corsie degli ospedali. Nessuno si pone però il dubbio sul perché la criminalità organizzata sia così interessata al settore. Forse è meglio soprassedere sul sistema degli appalti, le concessioni, le esternalizzazioni dei servizi che creano un enorme affare criminale grazie ai soldi pubblici che piovono su cooperative fittizie e aziende private. Rimane quindi inevasa la domanda principale: come migliorare le condizioni della sanità italiana senza dover imporre ai cittadini di indebitarsi, o dilapidare il risparmio? A fronte degli scandali rispetto cui non si può rimanere silenti, la risposta che vede come panacea di ogni male «il mercato» rimane in ogni caso la più ambigua e per molti versi pericolosa. Solo quando lo Stato, compresa la sua componente inquirente e giudicante, torneranno a vigilare senza alcuna tolleranza, potrà riprendere un cammino di civiltà di decine di anni fa.