9 dicembre 2024
Aggiornato 19:30
Pressione fiscale in aumento

Caro Renzi, quale taglio delle tasse? I conti non tornano

L'aumento della pressione fiscale ha caratterizzato gli ultimi dieci anni della vita del Belpaese e, nonostante le promesse dell'Esecutivo, il governo Renzi non ha fatto eccezione. Ecco quali tasse sono state aumentate nell'era Renzi

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi.
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Foto: Shutterstock

ROMA – Il governo Renzi celebra il taglio delle tasse, eppure i conti non tornano. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sostiene di aver ridotto la pressione fiscale come non era mai accaduto nella storia della Repubblica. Tuttavia, negli ultimi due anni (dal 2013 al 2015) dalle tasche dei contribuenti italiani sono usciti 7 miliardi in più. E la cifra è destinata a salire nel 2016, perché la pressione fiscale è passata dal 43,5% dello scorso anno al 44,1% dell'anno in corso, raggiungendo un nuovo record storico. Ma non finisce qui. Secondo i dati della Cgia di Mestre la pressione fiscale «reale» che graverebbe sui contribuenti italiani sarebbe addirittura più alta e pari al 49%. Ben 6,4 punti in più rispetto alle stime ufficiali. Il dato è allarmante. Alla faccia delle promesse del premier.

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L'aumento della pressione fiscale in Italia
Negli ultimi dieci anni (dal 2005 al 2015) la pressione fiscale in Italia è salita dal 39% al 43,5%. E il paragone con gli altri stati comunitari è davvero impietoso. Nel 2015 gli italiani hanno pagato 946 euro di tasse in più rispetto alla media dei cittadini europei. Il dato è destinato a salire nel 2016, perché la pressione fiscale quest'anno toccherà il nuovo record storico: 44,1% (vedi stime del Def come riporta Il Sole 24 Ore). Ma secondo i dati della Cgia la pressione fiscale «reale» del paese sarebbe addirittura più alta e arriverebbe al 49%. Ciononostante, il governo Renzi continua a celebrare questo fantomatico taglio delle tasse come il più alto della storia della Repubblica. I conti, evidentemente, non tornano.

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Il taglio delle tasse (invisibile) del governo Renzi
Cerchiamo allora di spiegarci questo paradosso vedendo in dettaglio quali tasse sono state alzate dall'Esecutivo in carica. Dati alla mano, secondo uno studio della Uil, dal 2013 al 2015 dalle tasche dei contribuenti italiani sono usciti 7 miliardi in più di tasse (circa il 16,7% in più) per le imposte locali. Sono lontani i tempi in cui il secondo governo Berlusconi (dal 2001 al 2005) riuscì a ridurre la pressione fiscale al punto più basso mai toccato negli ultimi decenni: 39,1%. Basterebbe questo dato a smentire, con poche righe, quello che il premier definisce «il taglio delle tasse più alto della storia d'Italia», ma vale la pena raccontare qualcosa in più dell'incremento della tassazione che ha colpito il nostro paese negli ultimi anni. Partiamo dalle tasse sugli immobili.

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L'aumento della tassazione sugli immobili
Rispetto all'Esecutivo guidato da Enrico Letta, con il governo Renzi l'erario ha ottenuto almeno 6 miliardi in più dalla tassazione sugli immobili. Eppure l'IMU e la TASI sono state cancellate. Come è possibile? I contribuenti, in effetti, non hanno risparmiato nulla perché i Comuni hanno aumentato l'aliquota della Tari (Tassa sui rifiuti), l'altra tassa di loro competenza. Secondo uno studio di Confcommercio, infatti, è aumentata del 55% producendo un tesoretto pari a circa 3 miliardi di euro, proprio quelli che servivano per colmare il buco della Tasi. E' la solita storia della coperta troppo corta. Lo Stato fa finta di ridurre le tasse, ma poi gli enti locali si rifanno sui contribuenti. Ma non finisce qui.

L'aumento delle tasse sul risparmio
Negli ultimi due anni sono anche aumentate le tasse sul risparmio, che sono passate dal 20% al 26%. Sono state ampliate anche le categorie di imprese soggette all'Irap e la riduzione delle detrazioni Irpef per i redditi superiori a 55mila euro. Per non parlare dell'aumento della tassazione sui fondi pensione dall'11% al 20% e quello sul fondo Tfr, passato dall'11% al 17%. Si obietterà che almeno il governo ha elargito il famoso bonus di 80 euro a una parte della popolazione aumentandone il reddito disponibile. In questo caso però non si tratta di una riduzione generalizzata delle imposte, ma di un «bonus» destinato a una specifica categoria di persone che rappresenta solo un quarto dei contribuenti italiani.