Bce e Mario Draghi alle prese con i falchi tedeschi
I fari dei mercati sono tutti puntati sul Consiglio Direttivo della Bce in attesa di capire se ci saranno annunci sul tapering da parte del governatore Mario Draghi
FRANCOFORTE - I fari dei mercati sono tutti puntati sulla Bce. E l'attenzione è sui segnali che l'istituzione potrebbe fornire sulla futura attesissima manovra di progressiva riduzione degli stimoli straordinari all'economia, il cosiddetto "tapering" del quantitative easing. La necessità di muoversi con cautela, in generale per evitare effetti avversi dei mercati e, più di recente, accresciuta dagli apprezzamenti dell'euro sul dollaro, che indirettamente agiscono come una sorta di inasprimento monetario, ha reso prudenti gli stessi analisti e le banche d'affari nelle loro previsioni. Le decisioni formali sui tassi, su cui non sono attese variazioni (peraltro molti analisti non prevedono alcunché sui tassi perfino per tutto il 2018) verranno comunicate tra poco e alle 14 e 30 il presidente Mario Draghi terrà la consueta conferenza stampa esplicativa. Il banchiere centrale nei mesi scorsi ha più volte dovuto affrontare il pressing dei falchi: una lunga serie di esponenti politici ed economici dell'establishment della Germania stanno operando sull'istituzione monetaria europea allo scopo di spingerla a una linea più restrittiva.
L'attacco alla Bce da parte di Deutsche Bank
Stavolta a «prendere il testimone» è stato l'amministratore delegato di Deutsche Bank, John Cryan, che indifferenze ai rialzi dell'euro ha esortato la Bce a «mettere fine all'era dei soldi facili» perché, a suo dire «vediamo sempre più segni di bolle in aree di mercato dove non ci saremmo attesi di vederle». Il manager ha poi rispolverato un vecchio argomento polemico dei tedeschi, quello secondo cui i bassi tassi di interesse sono responsabili del basso livello di utili delle banche. Ma più di una volta, di fronte ad argomentazioni simili, Draghi ha spiegato che la Bce non ha un mandato sui livelli degli utili delle banche, ma sulla stabilità dei prezzi: deve cioè tarare la sua politica monetaria puntando ad avere una inflazione contenuta e stabile (vicina al 2% sul medio termine).
L'intransigenza della Germania
Ed è sulla base delle dinamiche del caro vita e del quadro macroeconomico generale che deve valutare i cambi di rotta. Non sulla base degli utili delle banche. Peraltro, sempre sui livelli di utili e redditività delle banche, oltre ai bassi tassi di interesse ufficiali possono aver pesato non poco i pesanti inasprimenti dei requisiti di vigilanza e patrimoniali prudenziali imposti dalle riforme seguite alla crisi degli anni passati. Su cui, sempre la Germania, ha avuto di nuovo un atteggiamento particolarmente intransigente. Sui rischi di bolle speculative, invece, si vedrà a breve se il Consiglio direttivo della Bce condivida o meno l'allarmismo del top manager tedesco.
Cosa ne sarà del quantitative easing?
La banca d'affari Morgan Stanley, comunque, non prevede annunci concreti sulle modalità di ridimensionamento del Qe prima del consiglio di ottobre. Al momento la manovra di acquisto dei titoli è prevista proseguire al ritmo di 60 miliardi di euro al mese, prevalentemente su bond governativi, fino alla fine dell'anno. Tutti danno per scontato che oltre quella data il programma prosegua, con graduali moderazioni i cui tempi e portata sono tutti da definire. Va ribadito che i recenti apprezzamenti dell'euro, che è arrivato a sfiorare quota 1,20 sul dollaro e ha guadagnato oltre un 14 per cento sulla valuta Usa da inizio anno, tendono a avere un effetto depressivo sull'inflazione interna. La ripresa economica dell'area euro sembra però mantenere lo slancio. Più che ragionevole che in questo quadro l'istituzione sfrutti tutta la flessibilità prevista dal Qe stesso.
- 06/11/2022 La Federal Reserve, ancora aggressiva, alza i tassi di 75 punti al 3,75-4%
- 28/10/2022 La BCE decide il terzo rialzo dei tassi (e non sarà l'ultimo)
- 13/10/2022 FED: «Avanti con l'aumento dei tassi, calo inflazione più lento del previsto»
- 22/09/2022 Fed, non c'è fine alla stretta. Tassi verso il 4,5% a fine anno