20 aprile 2024
Aggiornato 04:00
Dalla personalizzazione di Renzi all'allargamento all'Europa

Perché Marine Le Pen ha ragione nel dire che il referendum italiano è anche un voto sull'Ue

Marine Le Pen ha dichiarato che il referendum italiano sarà anche un voto sull'Ue. E non è una posizione isolata, a giudicare dalle analisi della stampa internazionale e dai 'consigli' che giungono da Bruxelles e dintorni

ROMA - Sta facendo di tutto per «spersonalizzare» l'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre, ma ormai, come si dice, «la frittata è fatta». Il premier Matteo Renzi, dal momento in cui, qualche mese fa, ha dichiarato per la prima volta che si sarebbe dimesso in caso di vittoria del «no», ha offerto su un piatto d'argento alle opposizioni un'occasione imperdibile: quella, cioè, di potersi liberare di lui ben prima della fine «naturale» della legislatura. E pazienza se poi Renzi ha ritrattato, assicurando che rimarrà regolarmente in carica fino al 2018: nell'opinione pubblica nazionale e internazionale aleggia sempre di più lo spettro di un vicino «dopo Renzi», che - dall'estero ce lo hanno detto in ogni modo - terrorizza gli stessi mercati.

Marine Le Pen: sarà un referendum sull'Ue
Ma la personalizzazione operata dal premier ha anche altre due «facce» da tenere in considerazione. Da un lato, per noi italiani, è apparsa quasi come un «ricatto», come se solo il «sì» potesse garantire la stabilità del nostro sistema politico e il «no» aprisse, al contrario, scenari potenzialmente apocalittici (argomenti già usati nella campagna contro la Brexit), specialmente per un Paese (non del tutto) reduce dalla crisi; dall'altro, per gli osservatori esteri, questo referendum non è una «semplice» chiamata alle urne su una riforma costituzionale piuttosto controversa: è molto di più. Come, del resto, ha sostenuto Marine Le Pen, leader del Front National francese, che, intervenendo alla plenaria di Strasburgo, ha dichiarato che gli italiani voteranno a breve in un referendum che è anche, se non soprattutto, «un referendum contro l'Unione europea».

I consigli di Moscovici
Un'affermazione che, letta così, potrebbe sembrare una forzatura. Cosa c'entra l'Europa, quando gli italiani dovranno esprimersi, innanzitutto, sul nuovo aspetto che avrà il Senato della Repubblica italiana? E’ in corso un tentativo di mischiare le carte, in modo che ognuno, in questo referendum, possa vederci un po’ quello che vuole? In realtà, l'interpretazione della Le Pen non è isolata né peregrina. Ed é in parte legittimata dalla stessa Ue, e da chi, dall’estero, ha deciso di «consigliare» sottilmente agli italiani come votare. Basti vedere le ultime affermazioni del Commissario europeo Pierre Moscovici: «E' il popolo italiano che deve fare le sue scelte, ma come ho già detto c'è bisogno di riforme forti in Italia e tali riforme sono anche collegate alla struttura dell'economia, del sistema giudiziario e anche alla struttura istituzionale perchè quando le istituzioni funzionano bene e sono capaci di mostrare chiare scelte allora ti senti più forte».

Il senso di quell'avvertimento
Quindi: rispetto per il voto degli italiani, ma all'Italia servono riforme. Come, si può arguire, quella costituzionale. Ma soprattutto: «Non sta a me commentare, non sono un elettore italiano, sono un elettore francese. E rispettiamo sempre il voto. Ma guardiamo alla Brexit, per esempio. C'è stato un referendum e un voto che dev'essere rispettato ma che è anche deplorevole». Il ragionamento di Moscovici ha un che di paradossale, perché muove dal rispetto delle scelte democratiche dei popoli, ma poi ardisce a giudicarle «deplorevoli» come quella sulla Brexit. Viene in mente chi, prima della Brexit, si proclamava sostenitore dei valori democratici, e dopo suggeriva di by-passare la volontà degli inglesi con un nuovo voto. Ad ogni modo, fuori dalle tenaglie del politicamente corretto, le parole di Moscovici hanno un senso preciso e abbastanza evidente. Ed è lo stesso senso di quello espresso da Angela Merkel quando, a Ventotene, faceva i suoi sinceri auguri al premier perché la sua linea riformista potesse avere successo (LEGGI ANCHE "Come agisce il «terrorismo» finanziario e cosa c'entra col referendum di Renzi").

I corollari più importanti del merito
Non ci si stupisca, poi, se chi voterà a questo referendum (e si spera in moltissimi), solo in minima parte voterà sul quesito che riguarda la riforma costituzionale. Purtroppo, aggiungiamo noi, visto che l'argomento sul quale siamo chiamati ad esprimerci meriterebbe tutta la nostra attenzione. Ma in primis, intendiamoci, questo accade per un errore politico commesso a monte dal premier. Così, i «corollari» rischiano di diventare più centrali della questione in sé. E i corollari riguardano non soltanto il governo Renzi, ma anche e addirittura, come ha osservato la Le Pen, l’Europa.

Guardian: Italia prossima perdita dell'Europa?
Quest’ultima interpretazione, oltre ad essere legittimata dalle implicite o esplicite prese di posizione giunte dall’estero, è supportata anche dalla visione della stampa internazionale. Già ad agosto, il Guardian si chiedeva se l’Italia potesse rappresentare, in virtù dell’atteso referendum, la «prossima perdita dell’Europa» dopo la Brexit. Ravvisando inquietanti somiglianze tra il recente percorso politico di Matteo Renzi, e quello di David Cameron: innanzitutto, nell’avventata decisione di entrambi di consegnare il proprio destino politico nelle mani degli elettori. Senza contare che – scriveva il Guardian –, proprio come a Londra, anche il voto italiano somiglia sempre di più a un’occasione per manifestare il proprio malcontento contro l’establishment (nazionale ed europea).

WSJ: il vero test per l'Europa
Sulla stessa linea il Wall Street Journal, secondo cui il referendum costituzionale sarà il «vero test per l'Europa». Da oltreoceano sintetizzano così: «Il rischio per il signor Renzi è che gli italiani guarderanno di traverso una riforma costituzionale che consente a un primo ministro di dare priorità alle norme di riforma UE o alle aspirazioni di riforma degli investitori - nel settore bancario o qualsiasi altro - rispetto a ciò che gli elettori sono disposti ad accettare».

Bloomberg: il prossimo referendum snervante per l'Europa
Bloomberg, poi, ha definito l’appuntamento del 4 dicembre «il prossimo referendum snervante per l’Europa», suggerendo chiaramente che sul voto peseranno molti fattori «esogeni», come la crisi bancaria, economica e migratoria a cui l’Italia è ed è stata sottoposta. Oltre al futuro politico di Renzi. Anche perché – ha scritto la testata – il principale oppositore del «sì» è il Movimento Cinque Stelle, che ha proposto in passato un referendum per uscire dall’euro.

Zero Hedge: dopo il No l'Italia uscirà dall'euro
Addirittura, secondo Zero Hedge, «il referendum italiano potrebbe portare alla morte dell’euro». L’incipit del pezzo è eloquente: «Si avvicinano importanti elezioni, e non sto parlando delle presidenziali americane. Il prossimo referendum italiano d’autunno avrà un rilevante impatto macroeconomico sul mondo intero. Ma quasi nessuno fuori all’Italia sta prestando sufficiente attenzione alla questione – almeno per fino ad ora».

Credit Suisse: niente Italexit
La rassegna stampa potrebbe continuare a lungo. Poi, a rassicurare gli animi ci ha pensato Credit Suisse, che ha stimato molto probabile che Renzi perda la sua scommessa alle urne, ma molto poco probabile (solo una possibilità su 100) che l’Italia esca dalla moneta unica. Fermo restando che la vittoria del no «potrebbe avere conseguenze negative sul piano politico, economico e finanziario per il Paese».

Gli effetti del catastrofismo
In questo quadro, insomma, è pura illusione che il 4 dicembre si voterà nel merito della riforma costituzionale. Lo scrive anche il corrispondente in Italia di Liberation e della Rts Eric Jozsef. E’ illusione, insomma, pensare che quel voto non si trasformerà in un plebiscito sul destino del Governo. Ma, ancora di più, è addirittura pensabile che il crescente malcontento verso l’Ue possa a propria volta orientare l’esito del voto, almeno in parte. E non soltanto perché la personalizzazione operata dal premier ha spinto i partiti d’opposizione più euroscettici a sfruttare a proprio vantaggio la sua mossa avventata; non soltanto perché viviamo in un momento storico in cui l'agone politico tra i partiti sta diventando sempre più una lotta tra establishment e anti-establishment, anti-politica e politica, nazionale, europea o addirittura mondiale che sia. Ma anche perché il catastrofismo di cui certa stampa nazionale e internazionale circonda l’eventuale vittoria del «No» (Brexit docet) permette che tutto ciò possa accadere.