19 aprile 2024
Aggiornato 14:30
Via dall'euro

Italexit, le 10 «fake news» più diffuse sull'uscita dell'Italia dall'euro

L'Italexit non è più un tabù, ma le «fake news» della propaganda europeista sono diffuse e radicate. Ecco alcune delle più ricorrenti

La cancelliera tedesca Angela Merkel.
La cancelliera tedesca Angela Merkel. Foto: ANSA/ EPA RONALD WITTEK ANSA

ROMA – L'Italexit non è più un tabù. Ma i luoghi comuni sulle conseguenze dell'uscita dell'Italia dall'euro sono molti ed è difficile orientarsi nel bel mezzo degli scenari catastrofici prospettati dalla maggior parte dei media. E' opportuno quindi fare un piccolo lavoro di debunking, smontando alcune delle dieci «balle» più diffuse.

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  1.  Il debito pubblico
    Il tema del debito pubblico è uno dei cavalli di battaglia della propaganda pro-euro. Secondo alcuni illustri economisti, se l'Italia uscisse dalla moneta unica la sua economia correrebbe il rischio di collassare perché il debito aumenterebbe in maniera esponenziale e diventerebbe insostenibile. Se guardiamo ai fatti, però, è già insostenibile dato che ha raggiunto il 133% del Pil. Ma il temutissimo default non si è verificato e lo stesso non è accaduto al Giappone, che è messo molto peggio di noi e ha raggiunto perfino quota 230% del Pil. Come sottolineano Paolo Becchi e Cesare Sacchetti su Libero Quotidiano, la ragione è semplice: se uno stato è padrone della sua politica monetaria può evitare il default.
     
  2. L'austerity
    Nella gabbia europea, invece, questo non è possibile. Se l'Italia uscisse dall'euro potrebbe riconvertire il suo debito in lire, come sottolineato dal Financial Times, e l'ipotesi di un default sarebbe inesistente. Inoltre, il modo migliore per allontanare il pericolo di un fallimento di Stato è quello di sostenere la sua crescita economica, che aiuta a ridurre il famigerato rapporto debito/Pil. Ma l'austerity comunitaria è andata esattamente nella direzione opposta, facendo lievitare il debito pubblico italiano (e nonostante i bassi tassi d'interesse). Il segreto è invece quello di aumentare a spesa pubblica, aumentare gli investimenti e favorire le esportazioni. In quest'ultimo caso una svalutazione della moneta nazionale potrebbe produrre effetti positivi e sarebbe auspicabile.
     
  3. La svalutazione della moneta nazionale
    La propaganda pro-euro attribuisce alla svalutazione una valenza morale negativa, ma è solo uno strumento economico che potrebbe rendere più competitivo l'export italiano in quanto le merci esportate verrebbero vendute a prezzi più concorrenziali. Non è detto, in realtà, che da una svalutazione del cambio derivi sempre un aumento delle esportazioni, perché le imprese potrebbero alzare i prezzi dei loro prodotti fagocitando il vantaggio competitivo acquisito con la manovra monetaria. Ma per un'economia in ripresa una svalutazione della moneta nazionale è uno strumento positivo da considerare.
     
  4.  I salari
    Veniamo quindi al pericolo inflazione che potrebbe seguire all'uscita dell'Italia dall'euro. Molti credono che influenzerebbe in maniera negativa l'andamento dei salari nazionali (il cui trend è praticamente immobile da anni), ma la verità è che il peggior nemico dei lavoratori in questo momento è l'Unione europea che chiede ai governi degli stati membri riforme del mercato del lavoro per aumentarne la flessibilità. Ed è proprio quest'ultima a ridurre la forza contrattuale dei lavoratori e, quindi, in ultima istanza a tenere basse anche le loro retribuzioni.
     
  5. Il prezzo della benzina
    Un altro dei cavalli di battaglia della propaganda pro-euro è il prezzo della benzina. Leggiamo ovunque che è conveniente grazie all'euro, perché altrimenti dovremmo pagare molto di più per fare il pieno all'automobile. Ma il prezzo della benzina, in Italia, è elevato soprattutto a causa delle accise (che rappresentano circa il 70% dell'importo). Tasse che lo Stato italiano impone ai cittadini anche per rispettare i diktat dell'Unione europea. L'Italexit potrebbe permettere al governo di abbassare le tasse, e così il prezzo del pieno diminuirebbe invece di aumentare.
     
  6. Il risparmio: Bot e Btp
    Una delle paure più grandi degli italiani in riferimento all'Italexit riguarda invece il risparmio. Il terrore è che anni di sacrifici possano essere sublimati nel momento di transizione dall'euro alla lira. Ma coloro che hanno investito in Bot o Btp non correranno rischi perché il Belpaese riacquisterebbe la sovranità monetaria e quindi il rischio default, come spiegato al punto 1. sarebbe inesistente. E quanto agli altri, sono state piuttosto le operazioni di salvataggio di alcune banche nostrane a far svanire i risparmi degli italiani. Senza contare lo spettro del bail-in su Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
     
  7. Le banche
    Inoltre non è affatto vero, come sostengono taluni, che l'Unione europea vigila e protegge le banche comunitarie. Basta ricordare che proprio l'applicazione della direttiva europea sul bailin ha avuto conseguenze devastanti sull'intero sistema bancario e sui risparmi degli italiani. Il comparto delle banche quotate a Piazza Affari ha registrato pesantissime perdite passando da un valore di borsa di 130 miliardi a Novembre 2015 ad uno di 59 miliardi a Giugno 2016. E ad oggi la sorte di Mps e delle due banche venete è ancora in sospeso.
     
  8. La rata del mutuo
    Altri temono che possa alzarsi la rata del mutuo perché il soldi presi in prestito andrebbero restituiti in euro e non in lire. Ma è falso perché l'articolo 1277 del codice civile afferma che le rate del mutuo vanno pagate nella moneta scelta come corso legale dal paese sovrano in questione, e il cambio che varrà sarà quello in essere al momento del pagamento. Se il cambio è alla pari, perché la lire potrebbe già essersi svalutata, la rata del mutuo resterà identica a quella pagata prima dell'Italexit.
     
  9. I finanziamenti europei
    L'appartenenza all'Unione europea ci costa bene 25 milioni di euro al giorno. Perciò se uscissimo all'euro risparmieremmo tanti, tanti soldi. Secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato, dal 2001 al 2014, l'Italia ha versato nelle casse dell'Unione europea 70,9 miliardi di euro in più di quanti ne abbia ricevuti. In quattordici anni lo Stivale ha offerto come obolo all'Ue ben 130 miliardi di euro. Una cifra monstre. Soldi che molto probabilmente il Belpaese non vedrà mai indietro e che avrebbero potuto essere utilizzati per sostenere l'economia nazionale.
     
  10. L'articolo 50 del Trattato di Lisbona
    La Brexit ha dimostrato che è possibile per ogni paese membro uscire dall'Unione europea. L'articolo 50 del Trattato di Lisbona, infatti, afferma che «ogni Stato può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recidere dall'Unione». Basta che notifichi la sua intenzione al Consiglio Europeo, con il quale verrà siglato un accordo per il recesso bilaterale. E' previsto anche il recesso unilaterale, nel caso in cui i negoziati tra le parti non vadano a buon fine. Perciò è possibile per uno Stato membro anche recidere dall'euro. E secondo l'Euro break-up index, infatti, l'Italexit non è più un miraggio. Ma una possibilità concreta. Anzi, per essere più precisi, una probabilità che corrisponde al 16%.