Mps, tutti i nodi del salvataggio e il piano «segreto» del governo Renzi
I soci di Mps hanno votato l'aumento di capitale e la palla passa ora al mercato: scommetterà sulla salvezza della banca senese? Il governo Renzi potrebbe aver pronto un piano B, ma al momento l'unico paracadute di emergenza è quello di Falciai
SIENA – Monte Paschi tira un sospiro di sollievo. Dopo oltre otto ore e mezzo di assemblea straordinaria, i soci di Mps hanno approvato con il 96,13% dei voti l'aumento di capitale da 5 miliardi di euro, tappa fondamentale del piano di salvataggio della banca più antica del mondo. Tuttavia, la strada per la salvezza del Monte Paschi è ancora irta di insidie. E, quel che è peggio, l'ad Marco Morelli ha ammesso candidamente che non ha pronto nessun piano B, qualora l'operazione non andasse in porto. Forse ce l'ha il governo, nascosto in un cassetto, ma la sua fattibilità è ancora tutta da verificare. Ecco cosa sta succedendo tra le stanze segrete del Monte Paschi.
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I soci di Mps hanno votato l'aumento di capitale
Nel day after dell'assemblea straordinaria che ha visto i soci di Monte Paschi riuniti in quel di Siena, la banca più antica del mondo può tirare un sospiro di sollievo. Dopo oltre otto ore e mezzo, gli azionisti hanno votato con il 96,13% delle preferenze l'aumento di capitale da 5 miliardi di euro, tappa fondamentale dell'operazione di salvataggio che dovrebbe portare in salvo l'istituto senese. Dopo l'ok della Banca centrale europea alla conversione di 11 bond subordinati in azioni, Mps può incassare un altro via libera. Tuttavia, la strada per la salvezza è ancora irta di insidie e – quel che è peggio – non prevede vie di fuga. L'amministratore delegato del Monte Paschi, Marco Morelli, ha infatti ammesso candidamente in assemblea che la banca non ha pronto nessun piano B qualora il piano di salvataggio non vada in porto.
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Il mercato scommetterà sulla salvezza del Monte?
Il clima, perciò, nelle stanze segrete dell'istituto senese è tutt'altro che sereno. Soprattutto tenendo conto del fatto che il presidente della Fondazione Mps, Marcello Clarich, ha detto che l’ente valuterà solamente dopo il referendum se aderire o meno all’aumento di capitale. Aumento di capitale che Morelli, però, vorrebbe realizzare invece quanto prima, intorno «al 7-8 dicembre, in modo da chiudere prima di Natale» la spinosa faccenda. Come se non bastasse la spada di Damocle del referendum costituzionale, ora la palla passa al mercato. Le quote maggiori di Mps sono detenute dal Tesoro (che con il 4% è il primo azionista della banca senese) e da Axa (che detiene il 3,17%). Gli azionisti singoli sono invece 150mila e hanno in mano circa il 55% del capitale del Monte. C'è da capire cosa sceglieranno di fare: aderiranno o no all'aumento di capitale scommettendo sulla sopravvivenza dell'istituto senese?
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Il ruolo della conversione dei bond nel piano di salvataggio
Di certo sulla testa del Monte incombono diverse incognite, non solo il referendum. Il maxi aumento di capitale necessario per salvare Mps non ha eguali nella storia del sistema bancario italiano e non è detto che vada in porto. L'ad Morelli spera di abbassarne la soglia (5 miliardi sono troppi), raccogliendo liquidità attraverso l'operazione di conversione dei bond subordinati in azioni (dovrebbe riuscire a racimolare circa un miliardo) e per sua fortuna ha già incassato un «sì» molto importante: quello della partecipazione di Generali. L'ad Philippe Donnet ha dichiarato di non poter aderire allo stesso tempo alla conversione dei bond e ad Atlante 2 e che darà priorità alla conversione dei subordinati del Monte Paschi. Vale la pena sottolineare che, qualora Generali decidesse di convertire tutti i suoi bond subordinati in azioni come prevede l'offerta lanciata da Mps, ne diventerebbe azionista per circa l’8%, superando anche il Tesoro.
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Il piano segreto del governo per il Monte Paschi
Ma al Monte Paschi non basta neppure l'aumento di capitale per mettersi in salvo. E qui, infatti, iniziano (aumentano) i problemi. Oltre all’aumento di capitale, infatti, il piano di salvataggio di Mps prevede la dismissione di un paniere di sofferenze – attualmente in pancia all'istituto senese – del valore di oltre 27 miliardi di euro. A questo punto dovrebbe entrare in gioco il fondo Atlante 2, ma senza l'aiuto di Generali (già impegnato della conversione dei suoi bond in azioni, come annunciato da Donnet). Ecco dunque che la partita si complica: perché né l'aumento di capitale, né la dismissione delle sofferenze sono operazioni di facile realizzazione. Ma la banca senese è priva di un qualsiasi piano B. Oppure no? Secondo Il Sole 24 Ore (lo riferisce Paolo Fior su Il Fatto Quotidiano) il governo sarebbe riuscito a trovare un accordo con Bruxelles già a luglio.
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L'unico paracadute di emergenza è quello di Falciai
In base ad esso «sarebbero penalizzati gli obbligazionisti subordinati (come nel caso delle 4 banche salvate), a eccezione dei clienti retail a cui sarebbero poi rimborsati i bond che vanno in scadenza a partire dal 2018». Ma in tal caso – avendo già in tasca la garanzia di essere rimborsati – perché mai i clienti retail dovrebbero aderire alla conversione dei bond per salvare Mps? E con quali soldi sarebbero rimborsati? Difficile credere che fondi pubblici possano essere utilizzati in tal senso (vista anche la situazione dei rimborsi delle vittime del decreto salva-banche che attendono ancora di essere esauditi a un anno di distanza) e il sistema bancario è già esangue per potersi permettere nuove trasfusioni. C'è da dire che un plauso – si fa per dire – in tutta la faccenda del Monte Paschi deve andare al neo presidente Alessandro Falciai. Nonostante abbia in mano il 2% del capitale del Monte, comunque vadano le cose per Mps non perderà un euro, perché si è assicurato acquistando un derivato che lo mette al riparo dalle oscillazioni del prezzo delle sue azioni. In pratica è l'unico dotato di un paracadute di emergenza.
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