19 marzo 2024
Aggiornato 12:30
Italia declassata, ma cambia poco

«No riforme, no party»

Condannate negli Stati Uniti a pagare cospicui risarcimenti, le agenzie imperversano sui mercati finanziari con i loro giudizi finanziari

ROMA - Ottocentosessantaquattro. Sono i milioni di dollari che l’agenzia di rating Moody’s ha pagato al dipartimento di giustizia statunitense per aver gonfiato i rating (valutazioni finanziarie) sui mutui subprime (a forte rischio di insolvenza) che furono, e sono ancora, alla base della grande crisi finanziaria del 2008. Si tratta dell’ultimo colpo di coda dell’amministrazione Obama, che ha tentato di porre un argine all’onnipotenza delle agenzie di rating che hanno causato gravi ferite all’economia globale.

L'inutile Dodd Frank Act
Il Dodd Frank Act, varato per combattere speculazioni ed eccessi, nonché la conclamata impunibilità delle agenzie, potrebbe essere abrogata, o quanto meno depotenziata, dalla nuova amministrazione Trump, che ha promesso maggiore deregolamentazione per il settore finanziario. In realtà la multa inflitta rappresenta un valore esiziale, e soprattutto dal punto di vista della reputazione Moody’s esce molto meno ammaccata di quanto possa apparire. Nel commentare le motivazioni che hanno portato alla «condanna» vi è stato un patteggiamento e non è stato necessario un processo, gli avvocati del colosso finanziario hanno sostenuto che «non vi sono motivazioni riconducibili alla violazione della legge e ammissioni di responsabilità finanziaria». Si sarebbe trattato di un errore, quindi. Nel 2015 fu Standard & Poor’s ad essere condannata a pagare 1,5 miliardi di dollari per la stessa ragione. Stessa sorte è toccata ad agenzie «minori», come Deutsche e Credit Suisse, per derivati venduti con inganno, da cui incassarono ben 12,5 miliardi di dollari. In tutto le multe comminate ammontano a 200 miliardi di dollari, circa il 10% dei prodotti tossici spacciati sul mercato prima della crisi finanziaria. Barclays, altro totem finanziario, ha deciso invece di sfidare la sorte e andare a processo.

La "Santa Inquisizione" del credito
Con tale solido sostrato morale, in questi giorni le agenzie di rating stanno producendo nuove analisi di mercato relative ai debiti sovrani. Non poteva mancare, quindi, il declassamento dell’Italia da parte della Dbrs, agenzia minore di stanza in Canada. Con il piglio dell’inquisitore, il deus ex machina, ha classificato il debito sovrano italiano scadente, portandolo da a- low a BBB high. Abbiamo perso l’ultima A, dopo cinque anni di bagordi che tutti gli italiani hanno goduto, e siamo finiti in serie B. Le motivazioni sono sempre le stesse: instabilità politica e mancanza di riforme. Le stesse del 2013, quando giunse la bocciatura dopo le elezioni che sorpresero il mondo finanziario, rimasto attonito dal risultato del M5s. Traducendo dal manzoniano azzeccagarbugliese utilizzato dalle agenzie, questo è il succo: l’Italia ha respinto le modifiche alla Costituzione, con il referendum plebiscito del 4 dicembre, e si ostina a non voler privatizzare, vendere o ancora meglio svendere, i servizi: le famose riforme che i mercati, cioè i poteri finanziari che danno le pagelle dal palco morale dove si auto ergono, attendono. In particolare i «mercati» attendono riforme nel settore della sanità: probabilmente uno dei settori più redditizi.

Valutazioni al momento ininfluenti
Il giudizio è condiviso da Moody’s, S&P e Fitch. In sintesi, i titoli di stato che vengono dati alle banche commerciali quando effettuano operazioni di rifinanziamento dovranno essere maggiori. Le banche dovranno aumentare la quantità di titoli di stato da dare in garanzia alla Bce. In linea teorica ci dovrebbero essere due effetti: perdita di valore delle quotazioni azionarie da parte dei titoli bancari e crescita dei rendimenti da parte dei buoni del tesoro, soprattutto quelli a lungo periodo. Sul mercato però non sta accadendo nessuno spostamento di rilievo su entrambi i fronti: le banche italiane sono già sovracartolarizzate, e ad essere sotto pressione è il bund tedesco ai massimi decennali. Ininfluente appare anche la lettera di richiamo da parte della Ue all’Italia, inerente una manovra aggiuntiva pari a 3,4 miliardi di euro. I mercati pare abbiano già scontato tutte le notizie macro-economiche negative che si susseguono da giorni.