28 marzo 2024
Aggiornato 23:00
Crisi ucraina

Nessuna data per la pace in Ucraina

Il vertice «normanno» fra i ministri degli esteri di Berlino, Parigi, Kiev e Mosca, che si è tenuto ieri nella capitale tedesca, ha portato a un nulla di fatto. Avrebbe dovuto aprire la strada alla firma di un nuovo cessate il fuoco, da siglare ad Astana il 15 gennaio. Intanto l'economia russa continua a soffrire a causa delle sanzioni internazionali e della caduta del prezzo del petrolio

BERLINO - L'asse Parigi-Berlino per portare a più miti consigli Mosca sulla crisi ucraina sembra naufragare. Il vertice «normanno» fra i ministri degli esteri di Germania, Francia, Ucraina e Russia che si è tenuto ieri nella capitale tedesca ha portato a un nulla di fatto. Non è stata individuata una data per siglare un un documento di pace fra Kiev e separatisti filo-russi.

PROGRESSI DIFFICILI - Il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier ha detto che le parti hanno avuto «scambi d'idee lunghissimi e apertissimi, con controversie» e che «le differenze di opinione ancora esistono e mostrano quanto sia difficile ottenere dei progressi». I ministri comunque hanno espresso la volontà di mantenere aperto il dialogo tra le quattro capitali, in maniera da ottenere per il prossimo mese un nuovo incontro.

SFUMA IL VERTICE DI ASTANA - I rappresentati dei quattro governi si sono incontrati nel tentativo di gettare alcune basi comuni in vista del meeting indetto per questo giovedì in Kazakistan, al quale avrebbe dovuto parte anche il presidente russo Vladimir Putin. Questa riunione è stata anticipata da un incontro informale a Parigi l'11 gennaio, quando il presidente francese François Hollande ha ricevuto la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente ucraino Petro Poroshenko per discutere anche della situazione in Ucraina, a margine della manifestazione convocata contro il terrorismo.

IN UCRAINA SI CONTINUA A SPARARE - Sull'incontro del 15 gennaio ad Astana c'erano molte aspettative: il presidente ucraino Poroshenko aveva detto di sperare di firmare un documento di pace con la Russia. In realtà Kiev e Mosca avevano già siglato un accordo per il cessate-il-fuoco nel settembre scorso, più volte violato da entrambe le parti. Solo nel 2015 l'Ucraina ha comunicato di aver perso almeno 24 soldati, morti durante scontri con le forze separatiste filo-russe, mentre dall'inizio delle ostilità sono decedute 4mila 700 persone. A riguardo, nel fine settimana sia la Merkel che il governo francese avevano espresso il loro rammarico, comunicando al presidente russo Vladimir Putin e a Poroshenko che un vertice di pace non ha senso finché non cessano le ostilità.

LE COLOMBE FRANCIA E GERMANIA - Nonostante queste parole dure, da Berlino e da Parigi erano giunti diversi segnali di distensione che puntavano a smentire un nuovo giro di vite verso il Cremlino, visto che a marzo scadranno le misure decise dalla Ue dopo lo scoppio della crisi ucraina. Il 4 gennaio aveva aperto le danze il vicecancelliere e ministro dell'Economia tedesco Sigmar Gabriel, in un'intervista al Bild am Sonntag. «L'obiettivo non è mai stato quello di spingere la Russia, dal punto di vista politico ed economico, nel caos - ha detto - chiunque voglia questo creerà una situazione molto più pericolosa per tutti noi in Europa». Gabriel aveva ricordato che color i quali vogliono «destabilizzare ulteriormente la Russia politicamente ed economicamente stanno perseguendo interessi completamente diversi», aggiungendo che in Europa e negli Stati Uniti alcuni vorrebbero piegare Mosca, ma «questo non è nell'interesse della Germania o dell'Europa». Il giorno seguente anche il presidente francese Hollande aveva auspicato di poter porre fine all'embargo verso Mosca. L'8 gennaio poi, nella conferenza stampa congiunta con il premier ucraino Arseniy Yatseniuk, la Merkel aveva detto chiaramente che le sanzioni imposta e alla Russia possono essere revocate e «la crisi ucraina può essere risolta», con l'applicazione del già citato accordo di Minsk del settembre scorso.

I FALCHI DELL'UE - Molto meno concilianti verso Mosca, Gran Bretagna, Danimarca, Estonia e Lituania che il 9 gennaio avevano chiesto che l'Unione europea si preparasse a replicare alla «campagna di propaganda» della Russia sulle tensioni in Ucraina. In una lettera indirizzata all'alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini, diffusa dall'agenzia di stampa France Presse, i ministri degli esteri dei quattro Paesi avevano scritto: «La Russia sta rapidamente accrescendo la sua campagna di disinformazione e propaganda, come risposta asimmetrica al potere economico occidentale. La propaganda punta a mettere a rischio l'unità dell'Ue e dell'Occidente». Lo stesso giorno aveva preso posizione anche il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, spiegando che l'Unione «non ha una politica contro la Russia», ma «una politica mirata a garantire il rispetto della pace e delle frontiere in Europa».

CONTINUA LA PICCHIATA DEL RUBLO - Intanto l'economia russa continua a soffrire a causa delle sanzioni internazionali e della caduta del prezzo del petrolio (che con il gas rappresenta il 50% delle entrate del Cremlino). Il rublo sta proseguendo la sua caduta libera: alle 8.30 di stamani (ora italiana) ne servivano 64,77 per comprare un dollaro (contro i 63,17 di lunedì sera) e 76,61 per acquistare un dollaro (contro i 74,68 di ieri sera). Come ha spiegato il capo della General Invest, il banchiere Vincenzo Trani, il settore più colpito in Russia è quello bancario, che ha visto i suoi titoli crollare: «A partire da Sberbank e Vtb, e in generale le banche di stato sanzionate e sono sul mercato a prezzi notevolmente inferiori a quelli di prima». Trani comunque ha invitato a investire in Russia, sottolinenando che il Paese ha una certa stabilità e sicurezza per quanto riguarda i fondamentali, pur essendo oggetto di «una forte speculazione internazionale», che «crea sfiducia nell'investitore».

LE OPPORTUNITÀ DI INVESTIMENTO IN RUSSIA - Il banchiere ha offerto anche qualche consiglio a quegli imprenditori che guardano a Mosca e alle sue «opportunità di investimento significative». Trani ha spiegato che oggi è molto più semplice aprire un impianto produttivo in Russia: «In passato ci sono state diverse difficoltà di impianto, forse anche perché non eravamo particolarmente attesi come è invece stato per francesi e tedeschi. Ma ora le regioni russe, gli organi locali, agevolano molto e rendono effettivamente interessanti luoghi come la Bashkiria o Tula o la stessa regione di Mosca, che offrono opportunità uniche all'investitore. Al di là di quelli che possono essere i vantaggi, come l'ottenimento dei terreni in comodato d'uso, ci sono interessanti opportunità con aziende medio-grandi, con cui ha senso fare joint venture per portare il componente innovazione. Questo darebbe un vantaggio notevole in termini di accesso al mercato, ovviamente non solo per oggi ma anche per domani».

IL SETTORE AGROALIMENTARE - Inoltre il banchiere ha spiegato che le sanzioni e gli embarghi nascondono un'opportunità per creare nuovo business. Nel caso del settore agroalimentare, dove il governo russo ha bloccato le importazioni dall'Occidente, ha citato l'esempio di un'unità produttiva costituita nel sud della Russia, vicino a Stavropol per la produzione di prodotti caseari: una struttura mista italo-russa che con la sua produzione ha preso il posto di molti prodotti in passato importati dalla Francia e dall'Italia e venduti nelle catene di supermercati russi, anche di livello medio alto. Il tutto grazie a un accordo di joint venture, con una società mista dove la parte russa ha messo a disposizione lo stabilimento e il terreno, la parte italiana i macchinari. «Producono formaggi italiani, che però non sono più italiani perché prodotti in Russia». Trani ha parlato di ampi spazi anche nel settore degli insaccati: «La Russia per la produzione e il consumo di insaccati è leader in Europa ma la produzione locale sinora presenta ancora tecnologie di periodo sovietico. Ovviamente lo scopo non è andare in Russia a produrre il prosciutto Doc di Parma, ma certamente è possibile produrre vari tipi di salami e di insaccati che noi italiani sappiamo ben produrre».