Bankitalia, il debito pubblico sale a 2.223 miliardi. Così l'Italia fa la cicala
Non si ferma l'impennata del debito pubblico italiano, che è in aumento di 11,2 miliardi di euro rispetto al mese precedente. Il presidente dell'Associazione Nazionale Consumatori lancia un appello
ROMA – Sale ancora il debito pubblico. A ottobre ha raggiunto quota 2.223,8 miliardi, in aumento di 11,2 miliardi rispetto al mese precedente, secondo i dati contenuti nel supplemento al Bollettino statistico di Bankitalia.
Sale ancora il debito pubblico italiano
Non si ferma l'impennata del debito pubblico italiano. I dati aggiornati al mese di ottobre contenuti nel supplemento al Bollettino statistico di Bankitalia parlano chiaro. Il debito pubblico è aumentato di 11,2 miliardi rispetto al mese precedente, raggiungendo quota 2.223,8 miliardi di euro. L'incremento è dovuto all'aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (per 8,4 miliardi, a 47,7; erano pari a 81,7 miliardi alla fine di ottobre del 2015), e al fabbisogno mensile delle Amministrazioni pubbliche (2,9 miliardi).
Le variabili che hanno determinano l'incremento
In senso opposto, invece, ha operato l'effetto complessivo degli scarti e dei premi all'emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del cambio dell'euro (0,2 miliardi). Con riferimento ai sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 12,2 miliardi, quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 1,1 miliardi; il debito degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato. Nei primi dieci mesi del 2016, il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato di 51,1 miliardi.
L'appello dell'Associazione Nazionale Consumatori
L'incremento riflette il fabbisogno (pari a 45,3 miliardi) e l'aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (pari a 12,0 miliardi). In senso opposto ha operato, per 6,2 miliardi, l'effetto complessivo degli scarti e dei premi all'emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del tasso di cambio. Il presidente dell'Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona, ha lanciato un appello al governo Gentiloni, sottolineando che è «una fortuna» che il quantitative easing non finisca nel marzo 2017 e prosegua invece fino alla fine del prossimo anno, «altrimenti sarebbero stati guai».
Perché l'Italia «sta facendo la cicala»
Anche se non si è ritoccato il record storico, «è molto grave» che non si sia ancora iniziato quel percorso discendente promesso dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan per il 2016. Secondo Dona, invece di approfittare dei bassi tassi di interesse e dell'abbassamento degli oneri per abbattere il debito, «stiamo facendo come le cicale. Non si possono dare soldi a destra e a sinistra con interventi a pioggia» facendone ricadere il peso sulle generazioni future. Vale la pena ricordare che nell'ultima legge di Bilancio appena approvata ci sono 120 interventi di spesa e che, nel solo 2017, per fondi ad hoc, sono stanziarti in totale un miliardo e mezzo di euro (1,513 mln), che salgono a 1 mld e 689 nel 2018 e a 1 mld e 886 nel 2019.
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