19 aprile 2024
Aggiornato 19:00
L'intervista esclusiva all'economista della Lega Nord

«Attenti italiani, l'Europa ci mette le mani in tasca per salvare le banche»

Sapevate che il governo ha recepito la direttiva europea che consente alle banche di prelevare denaro (entro certi parametri) dai conti correnti dei cittadini in caso di insolvenza? Claudio Borghi, economista della Lega Nord, ci illustra le conseguenze. E commenta anche lo stato dell'arte in materia di crisi greca (e ucraina)

ROMA – E’ passato quasi sotto silenzio il recepimento della direttiva europea, da parte del governo Renzi, che autorizza le banche a fare «bail in», cioè a prelevare forzosamente dai conti correnti dei cittadini (al di sopra dei 100mila euro) in caso di dissesto finanziario. A commentare il provvedimento Claudio Borghi, economista della Lega Nord, che in esclusiva ai lettori del DiariodelWeb.it parla anche di crisi greca e ucraina...

Borghi, ora per legge le banche potranno scaricare tutte le loro responsabilità sui correntisti...
Lo dicevo già più di due anni fa, quando si cominciò a parlare di «bail in». La proposta era già sorta ai tempi delle prime difficoltà delle banche nel 2008, ed è una di quelle tante idee contro-intuitive di cui l’Europa si abbevera. E’ come se si dicesse: «Piove, mi bagno, quindi devo fare dei buchi nell’ombrello». E’ questo il modo di ragionare di Bruxelles. Di norma, si depositano soldi o si investe in titoli di stato supponendo che non ci siano problemi. Quando si compravano titoli di stato europei non ci si poneva certo il problema della non restituzione del titolo, tanto che questo era definito l«asset risk free».

Invece adesso cosa succede concretamente?
In Europa si è già distrutto, in parte, il concetto di «risk free» del titolo di stato, rischiando di provocare il collasso del sistema: è stato scongiurato solo rimettendo una garanzia di qualche tipo come il famoso «whatever it takes» di Draghi, che ha consentito tra le altre cose di rientrare allo spread. Ma adesso, a maggior ragione, si corre il rischio di peggiorare la situazione: facendo passare il principio che i miei soldi in banca potrebbero non essere garantiti, perché in caso di insolvenza dell’istituto i miei depositi e le mie obbligazioni possono essere intaccati, si sta dando un messaggio devastante.

Cosa può fare ognuno di noi per tutelarsi?
Informarsi sulla solvibilità o meno di una banca rispetto a un’altra. Ma è ovvio che nessun cittadino comune ha idea se la banca in cui deposita i propri risparmi sia più o meno sicura rispetto a un’altra. Quindi, nel momento in cui dovesse esserci uno shock, a quel punto partirebbe l’effetto domino. O è cialtroneria pura oppure c’è un intento sotto.

Quale secondo lei?
Esattamente come quando Francia e Germania decisero di far saltare i titoli di stato greci, ci potrebbe essere sotto la consapevolezza che, facendo emergere una scala di valori in un sistema che prima non la aveva perché tutti erano garantiti in modo uguale, chi sta «in alto» avrà da guadagnare. In soldoni, se faccio diventare pericolose le cose degli altri, è probabile che si formerà la fila fuori dai miei più sicuri istituti di credito. Se è questo il progetto, non si capisce perché dovremmo seguire questa impostazione: per noi non c’è vantaggio, anzi. Fino ad ora abbiamo pagato le nostre quote dei Fondi Salvastati per mettere in sicurezza banche e Stati, abbiamo utilizzato soldi per salvare le banche degli altri – 50 miliardi per la Spagna –, e ora, se in futuro ci fosse la necessità di salvare anche i nostri istituti con i soldi che noi stessi abbiamo messo, per noi non varrà la stessa regola.

Passiamo alla crisi greca: sono ore decisive. Nei giorni scorsi, Tsipras ha definito le responsabilità dell’FMI «criminali». E’ d’accordo?
Sì, è stata una mossa piuttosto criminale quella di mentire sulle conseguenze di determinate politiche applicate nei confronti della Grecia asservendosi al progetto di Germania e Francia. Ora, le possibilità che rimangono sono due: prestare ulteriori soldi a uno Stato che è destinato a riperderli a causa della sua situazione economica o chiuderla qui.

Lei parlava di Grexit già tre anni fa...
Sì, già allora sostenevo che qualsiasi tipo di prestito e fondo di garanzia non sarebbe servito perché non avrebbe rimosso la causa primaria della disperazione greca: l’euro. L’unica soluzione, allora, era l’uscita dalla moneta unica, sostenendo i primi passi di Atene con una sorta di «piano Marshall». Invece, i soldi sono stati messi per fare uscire la Grecia dall’esposizione debitoria rispetto alle banche francesi.

È curioso pensare come il FMI, che con la Grecia è stato tanto intransigente, stia invece pensando di cancellare il debito ucraino...
L’élite di potere fa ciò che vuole. Cercare delle regole è velleitario. Esiste una discrezionalità assoluta, simile al volere del «tiranno». In questo caso, intravvedo interessi altri, legati ad esempio al gas: i prestiti all’Ucraina sono azioni strategiche nell’interesse di molte banche per motivi geografici ed energetici.