25 aprile 2024
Aggiornato 08:30
Wp avverte su rischi conflitto per procura nella regione

La terza guerra mondiale è in Siria

In vista del possibile cessate il fuoco negoziato dalle potenze mondiali a Monaco di Baviera, che dovrebbe entrare in vigore a fine settimana, ad Aleppo continuano, intese, le operazioni militari

ALEPPO - In vista del possibile cessate il fuoco negoziato dalle potenze mondiali a Monaco di Baviera, che dovrebbe entrare in vigore a fine settimana, ad Aleppo continuano, intese, le operazioni militari, che confermano come la guerra civile in Siria si sia da tempo trasformata in un conflitto per procura, con le potenze mondiali che appoggiano le diverse fazioni siriane rivali. «Ma probabilmente mai prima d'ora» - segnala il Washington Post - «i pericoli o le complicazioni di ciò che equivale ad una mini guerra mondiale sono stati così evidenti come nella battaglia in corso per il controllo di Aleppo». Una battaglia da cui dipendono in buona parte l'esito della guerra siriana e, di conseguenza, i futuri equilibri nella regione.

Bombardamenti
Aerei da guerra russi stanno bombardando dall'alto. Milizie irachene e libanesi, assistite da consiglieri iraniani, stanno avanzando sul terreno. Gruppi ribelli siriani, sostenuti da Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita e Qatar, stanno combattendo per guadagnare posizioni. Forze curde alleate sia a Washington che a Mosca stanno cercando di approfittare del caos per estendere il loro controllo su una porzione di territorio più ampia. Lo Stato islamico, infine, è riuscito a conquistare un paio di piccoli villaggi. Questo quadro riassume la molteplicità di interessi che si concentrano sulla città del Nord siriano, decisiva per le sorti del conflitto e per gli equilibri di forza con cui le varie parti si presenteranno ai negoziati politici sotto egida Onu, sospesi in fin dei conti proprio a causa dell'escalation ad Aleppo.

Cooperazione e tensioni
E se il presidente Usa Barack Obama e l'omologo russo Vladimir Putin hanno concordato di «intensificare le cooperazione» tra i loro due Paesi per l'attuazione del cessate il fuoco in Siria, è evidente che le divergenze tra Washington e Mosca restano profonde. Gli americani insistono sulla necessità di porre fine ai raid russi contro l'opposizione moderata a Bashar al Assad - che per Washington ha la legittimità politica di contrastare il regime di Damasco - e sull'afflusso quanto più rapido possibile di aiuti umanitari nelle città assediate; i russi, da parte loro, non desistono dalla loro intenzione di colpire i "gruppi terroristi" e confermano in ogni occasione il loro sostegno al presidente siriano.

Il ruolo della Turchia
L'esercito turco, intanto, ha colpito le posizioni dei combattenti curdi in Siria per due giorni di fila in risposta, secondo l'agenzia Anadolu, al fuoco arrivato da oltreconfine. L'esercito ha centrato obiettivi del Partito dell'unione democratica (PYD) attorno alla cittadina siriana di Azaz con obici posizionati sul lato turco del confine. Nel corso di una conversazione telefonica con la cancelliera tedesca angela Merkel, il presidente turco Ahmet Davutoglu ha confermato che la Turchia «non permetterà al Pyd di andare avanti con le sue azioni aggressive». «Le nostre forze armate hanno dato la necessaria risposta e continueranno a farlo», ha spiegato il capo dello Stato.

La condanna di Damasco e le ambizioni di Ankara
Una posizione che è stata duramente condannata da Damasco, con una lettera inviata la Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, in cui si chiede di «porre fine ai crimini del regime turco». Mentre oggi è arrivata la risposta dei curdi alle richieste di Ankara di abbandonare pe postazioni di confine: «naturalmente» respinte, ha detto il co-presidente del Pyd, Salih Muslim, che minacciato: se la Turchia interverrà in Siria con truppe di terra - ipotesi smentita, almeno ufficialmente, da Ankara («non abbiamo in mente di inviare soldati in territorio siriano») - «troverà l'intero popolo siriano ad affrontarla». Ankara teme che i curdi siriani arrivino a controllare la quasi totalità della zona frontaliera, arrivando ad una posizione di forza che potrebbe rilanciare la questione di un'autonomia curda in odore di futuro Stato. Ma la Turchia segue con crescente insofferenza anche l'indebolimento delle milizie dell'opposizione anti-Assad e contesta l'inclusione tra i bersagli dei bombardamenti russi di un paio di gruppi islamisti che - assieme all'Arabia saudita - considera parte del fronte moderato che combatte il regime e non frange estremiste. E per il futuro di questi gruppi, la battaglia per Aleppo è cruciale. 

Diversi obiettivi
Insomma, nella città da sempre crocevia strategico regionale, che può permettere ad Assad di ristabilire il controllo su gran parte dei centri abitati siriani, si combatte con diversi obiettivi e in base a differenti dinamiche, per ora inconciliabili. La Russia, che vorrebbe poter interrompere al più presto i costosi raid aerei, vede in gioco un suo futuro ruolo in Medio Oriente. Così alza i toni anche nel sempre difficile confronto con gli Usa. Ieri, un Dmitri Medvedev da sempre voce moderata e promotore del dialogo con gli Usa, ha 'rimproverato' il segretario di Stato John Kerry per aver paventato la possibilità di un intervento di terra in caso Mosca e Teheran non dimostrino sufficiente «cooperazione»«Ho appreso che il segretario di Stato John Kerry ha detto che gli Usa sarebbero pronti a unirsi ad altri Paesi per un'operazione di terra», ha dichiarato il premier russo in un'intervista ad Euronews, «sono affermazioni futili, non avrebbe dovuto dire questo per una semplice ragione: se quello che vuole è una guerra prolungata, allora sì, può pensare a operazioni di terra o a qualsiasi altra cosa».

(Con fonte Askanews)