20 aprile 2024
Aggiornato 04:00
La Cina rallenta

La Cina è cresciuta del 6,7% del Pil ma il debito corporate è il suo tallone d'Achille

L'economia cinese sta rallentando- Il tasso di crescita del suo Pil è il più basso degli ultimi venticinque anni. Ma il vero problema è il debito corporate, che secondo Fitch raggiungerà il 258% nel 2017. Ecco perché dobbiamo tenerlo d'occhio

ROMA – L'economia cinese rallenta. Nel 2016 il Pil è cresciuto solo del 6,7% contro il 6,9% dell'anno precedente. Il declino del prodotto interno lordo del Dragone è ormai un dato di fatto e l'economia continua ad allontanarsi dai valori a doppia cifra che l'avevano caratterizzata fino a qualche anno fa. Ma qual è il suo punto debole, cosa sta succedendo e perché la frenata dell'economia cinese è così importante per il resto del mondo?

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La crescita dell'economia cinese rallenta
Il dato della crescita del Pil cinese per il 2016 è il più basso degli ultimi venticinque anni. Cioè dal biennio 1989-1990 quando il paese venne scosso profondamente dai fatti di piazza Tienanmen che innescarono una serie di conseguenze e trasformazioni politiche ed economiche. Sebbene il Dragone sia ancora la seconda economia del mondo, il declino del suo prodotto interno lordo sembra inarrestabile. E l'andamento dell'economia cinese non preoccupa solo Pechino. Poiché la Cina è il primo consumatore mondiale di energia e il primo paese per valore di merci scambiate del pianeta, se la domanda cinese rallenta allora la crescita internazionale subisce un duro ed inevitabile contraccolpo.

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Perché il Dragone ci fa paura (e a ragione)
Nessun paese può dirsi al riparo dalle criticità dell'economia cinese. Basti ricordare che il passaggio dai tassi di crescita a doppia cifra al più modico 6,9% del 2015 ha mandato in recessione molti tra i maggiori paesi emergenti e che le crisi di Shenzen e Shangai hanno recentemente fatto tremare tutta la finanza globale, dimostrando quanto ormai sia elevata l'interdipendenza economica e finanziaria anche tra pesi così lontani. Ecco perché dovremmo monitorare con attenzione quel che succede nel regno del Dragone. L'economia cinese è tutt'altro che invincibile anche se i paesi occidentali la temono moltissimo. E non a torto perché la vocazione imperialista di conquista ha sempre caratterizzato questo impero, continua a farlo e i cinesi si considerano, come dimostra l’ideogramma che rappresenta la parola «Cina», il centro del mondo.

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La longa manus degli investimenti cinesi in Italia
Ma faremmo bene a guardarci sia dai loro investimenti che dai loro debiti. Se da un lato, infatti, come ricorda l'articolo di Maurizio Pagliassotti sul Diariodelweb, la Cina ha già preso il controllo di 313 gruppi industriali in Italia e la Banca popolare Cinese (People’s Bank of China) ha recentemente acquistato pacchetti azionari particolarmente rilevanti nell'economia finanziaria del Belpaese (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte Paschi Siena, Eni, Enel, Ansaldo Energia, Pirelli, Telecom Italia, Fiat Chrysler, Generali e Mediobanca per citarne solo alcuni), dall'altro le fragilità della sua economia potrebbero innescare una crisi globale se non vengono affrontate e risolte dal presidente Xi Jinping. E il suo tallone d'Achille al momento è il debito corporate (cioè il debito delle imprese cinesi) schizzato nel 2016 al 169% del Pil.

L'allarme sul debito corporate di Pechino e le sue conseguenze
L'allarme sul debito corporate cinese non è una novità perché da anni preoccupa gli analisti economici internazionali. Ma la congiuntura economica negativa che stiamo attraversando ci obbliga a essere meno tolleranti nei confronti del rischio paese che la Cina, come abbiamo visto, rappresenta a livello mondiale. Fitch, in particolare, recentemente ha reso noto che i debiti cinesi (FATSF, Fitch-adjusted total social financing/GDP) potrebbero raggiungere il 258% del Pil entro il 2017 e il 274% alla fine del 2018. La conseguenza di questa crescita esponenziale del debito corporate potrebbe essere – sempre secondo Fitch – un deficit del capitale che varia dall'11% al 20% del Pil cinese, come riporta Maurizio Sgroi su Il Foglietto della Ricerca. I debiti delle imprese cinesi per il momento gravano sui bilanci delle banche che infatti iniziano già a scricchiolare, ma la situazione non potrà che peggiorare perché l'agenzia di rating si aspetta una crescita consistente di queste sofferenze bancarie. Noi in Italia ne sappiamo qualcosa: quando le sofferenze bancarie appesantiscono i bilanci delle banche la crisi degli istituti coinvolti è dietro l'angolo. E vale la pena ricordare, a questo proposito, che la banca centrale cinese detiene oltre 1250 miliardi di dollari di obbligazioni del debito americano. Perciò siamo tutti legati al destino di Pechino. Per svariate ragioni economiche e finanziarie. A cominciare dagli Stati Uniti d'America.