25 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Berlusconi e Moratti in panchina

La Cina si sta comprando il nostro calcio per comprarsi tutta l'Italia

Un'avanzata inesorabile quella del governo cinese nel nostro Paese, accolta con entusiasmo quando, invece, ci dovrebbe essere timore. A partire da Milan e Inter, fino ad arrivare alle banche e ai settori più strategici

La Cina ci conquisterà tutti
La Cina ci conquisterà tutti Foto: Shutterstock

MILANO - Soldi, potere, pallone. Un paese in vendita, comprato a prezzi di saldo da governi stranieri che dilagano senza ostacoli, assorbendo la nostra civiltà: questo lo spettacolo visto allo stadio Meazza di Milano, in occasione del derby milanese. Un processo evidentemente inarrestabile che raggiunge un apice simbolico come solo il calcio può essere. I più non vedono il pericolo di tale passaggio e si fermano ad una dimensione prettamente «emotiva»: c’è chi tifa Milan, chi tifa Inter, e per costoro nulla è cambiato. Le squadre sono sempre lì, con i loro colori. Si potrebbe dire anche dimensione «sportiva» ma, ormai, di fronte al punto d’arrivo dove siamo giunti, lo sport è un mondo lontano, confinato nella cornice della nostalgia come un parente lontano a cui abbiamo voluto bene.

In campo non due squadre ma due società cinesi
Sul rettangolo di gioco non erano schierate due squadre italiane, quindi: c’erano due società cinesi che portano un nome italiano. Come tanti altri marchi passati di proprietà, Milan e Inter vivono grazie ai capitali che vengono iniettati da personaggi oscuri, avventurieri di cui nulla si sa se non che sono ricchissimi. I soldi: punto di partenza e termine ultimo, sono il metro con cui si misura tutto l’agire umano. I cinesi mettono i capitali? Mettono centinaia di milioni, anzi miliardi, per poter essere competitivi con gli altri club europei, che a sua volta sono stati comprati da emiri, nei tornei più prestigiosi? Va bene così. Pecunia non olet, dicevano i latini. E’ la globalizzazione, bellezza. Il tempo nuovo, quello del cambiamento inarrestabile.

Il Milan di Berlusconi e l'Inter di Moratti in mani cinesi
La vicenda è nota: due storiche famiglie industriali milanesi, i Moratti e i Berlusconi, hanno venduto la maggioranza dei loro pacchetti azionari, che detenevano da decenni, a gruppi finanziari riconducibili a fondi cinesi. Sino-European Investment Management Chanxing ha pagato 740 milioni per comprare i rossoneri. L’Inter appartiene invece al gruppo Suning Commerce Group, un gigante che opera nel settore del commercio elettronico sul mercato asiatico. Per comprare l’Inter dai Moratti i cinesi hanno pagato 650 milioni di euro. In entrambi i casi si tratta di cifre inarrivabili per gli industriali italiani, ed al contempo spiccioli per i miliardari cinesi. La Suning ha un fatturato pari a 17 miliardi di euro, ed il suo proprietario, Mister Zha Jindong, vanta un patrimonio personale pari a 4 miliardi di dollari. Non troppo lontano, in termini assoluti, dallo stesso Silvio Berlusconi per la verità. E di gran lunga inferiore alla ricchezza posseduta dalla famiglia Ferrero. La partita di calcio è stata avvincente, ed è terminata due a due, con un gol all’ultimo secondo della squadra dei cinesi della Sino-European Investment Management Chanxing: ovvero un fondo statale, ovvero il governo cinese, ovvero il Partito comunista cinese. Ma anche la proprietà dell’Inter è riconducibile al potere politico cinese, perché un reale confine tra settore privato e governativo è molto labile, per non dire illusorio.

La Cina ha preso il controllo di 313 gruppi industriali in Italia
La Cina ha preso il controllo di 313 gruppi industriali in Italia, ed ha investito circa 15 miliardi di euro. La Banca popolare Cinese (People’s Bank of China) ha recentemente acquistato pacchetti azionari rilevanti, nell’ordine del 2%, di Intesa Sanpaolo, Unicredit e, a volte anche i cinesi sbagliano, Monte Paschi Siena. L’Italia è diventata il secondo paese d’Europa più importante per la Cina, appena dopo la Gran Bretagna e ben prima della Francia. Pacchetti azionari di Eni, Enel, Ansaldo Energia, Pirelli, Telecom Italia, Fiat Chrysler, Generali e Mediobanca sono in mani cinesi. Quasi tutto il mercato della moda, e del lusso in generale, sta passando di mano. Per non parlare dell’agroalimentare: l’invasione cinese non trova ostacoli e si sviluppa nel pieno consenso governativo. Così, mentre sul campo ventidue giocatori si contendono il derby d’Italia – il derby d’Italia controllato dai cinesi – cambiano i paradigmi culturali che sono stati il riferimento morale della nostra civiltà.

Una manovra (una conquista) prima di tutto culturale
Al di là di ogni romanticismo auspicabile, è bene vedere da subito che la ratio soggiacente a operazioni quali l’acquisto di due importanti società di calcio è di tipo culturale. Sono operazioni propagandistiche, propedeutiche a ben altre conquiste, molto più potenti e incisive. L’Italia, soprattutto i suoi servizi, potrebbe essere tra poco tempo un paese smembrato e messo sul banco del mercato globale, pronto per la vendita all’incanto. Dimenticate quindi la favola dei cinesi che sono interessati al nostro calcio perché appassionati tifosi o ingenui investitori: i cinesi sono disposti a spendere soldi nel pallone patrio per costruirsi un’immagine vincente, da far valere nel momento in cui dovranno fare i cattivi ragazzi.

Povero Berlusconi, qualcuno lo fermi
Risultano quindi commoventi le parole dell’ex presidente Silvio Berlusconi, il quale ha detto chiaramente che rimarrà al Milan solo se avrà pieno potere. Nella fase di transizione in corso può essere che tale potere gli venga riconosciuto, ma sarà una parentesi temporanea, a cui seguirà un brutale defenestramento appena la proprietà avrà compreso come muoversi senza fare disastri. I cinesi vogliono comandare, come sempre hanno fatto o tentato di fare nella loro millenaria storia: perché hanno una forma mentis imperialista. Aggettivo fuori tempo massimo sicuramente, però non ancora sostituito da qualcosa di altrettanto evocativo, quanto meno per loro. Siamo quindi pronti ad avere il settore bancario, l’industria, la moda, le assicurazioni, ed infine anche il calcio, sotto il controllo del Partito Comunista cinese? Stiamo gioendo per questo? Oppure siamo ciechi di fronte a questa prospettiva. Fino ad ora, nella storia, le conquiste sono state fatte per imporre modelli culturali in primis, e per sfruttare risorse umane ed economiche.

Siamo pronti ad essere assoggettati al potere cinese?
Il modello economico cinese, è bene saperlo, è qualcosa di riconducibile alla schiavitù, mentre il modello sociale cinese, semplicemente, non esiste. Di costoro non sappiamo nulla, se non che le loro fabbriche sono un inferno e che grazie a questo hanno a disposizione capitali sufficienti per comprarsi tutta l’Italia. Eppure assistiamo con entusiasmo alla loro avanzata inesorabile, anzi auspichiamo l’arrivo dei loro capitali nella pia illusione che loro si adatteranno alle nostre regole. Gli italiani, come Berlusconi, capiranno molto presto che la cultura cinese sa attendere, sa muoversi con saggezza, prima di imporre le proprie brutali regole. Perché i cinesi si considerano, come chiaramente si evince dall’ideogramma che rappresenta la parola «Cina», il centro del mondo. Da Alessandro Magno a Gengis Khan, passando per Napoleone e Giulio Cesare, l’imperialismo di conquista ha caratterizzato ogni epoca. Oggi non si muovono più le artiglierie e la fanteria, almeno non ancora, ma le truppe della speculazione finanziaria sono parimenti pericolose.