Renzi apre sull'Italicum
Ma le opposizioni non sembrano cogliere il messaggio distensivo del premier e restano sulle barricate. Per oggi il Senato si è preso una «pausa» dalla maratona costituzionale ma domani si riprende con le sedute a oltranza dalle 9,30 fino alle 24 e la prima insidia, il voto segreto sulla riduzione del numero dei parlamentari, non tarderà ad arrivare. Forza Italia intanto avverte: «No a modifiche».
ROMA - La lettera di Matteo Renzi ai senatori della maggioranza segna una prima apparente apertura sull'Italicum, vera preoccupazione di chi osteggia la riforma del Senato. Ma le opposizioni non sembrano cogliere il messaggio distensivo del premier e restano sulle barricate. Per oggi il Senato si è preso una 'pausa' dalla maratona costituzionale ma domani si riprende con le sedute a oltranza dalle 9,30 fino alle 24 e la prima insidia, il voto segreto sulla riduzione del numero dei parlamentari, non tarderà ad arrivare perchè l'emendamento in questione, quello presentato dal leghista Candiani, sarà tra quelli posti in votazione domani.
«Dalla vostra capacità di tenuta dipende molto del futuro dell'Italia. Siamo chiamati a una grande responsabilità: non la sprecheremo». Il presidente del consiglio ha richiamato così i senatori alle loro responsbalità con una lettera che in realtà è stata inviata prima alla stampa che a palazzo Madama suscitando il malumore di alcuni esponenti della maggioranza. In realtà spiegano dai gruppi, la prassi vuole che siano i capigruppo a ricevere i messaggi e poi li diffondano ai loro parlamentari. «Preferenze, soglie, genere» sono «temi ancora aperti» nella legge elettorale e saranno affrontati nella discussione in Senato che inizierà subito dopo l'ok di palazzo Madama al ddl costituzionale, assicura Renzi rispondendo alle richieste dei più critici nelle fila della maggioranza. Parole che ovviamente non sono rivolte solo all'interno ma anche all'esterno, ossia a quelle opposizioni che con l'ostruzionismo stanno mettendo seriamente a rischio l'obiettivo di concludere l'iter al Senato entro l'estate.
Aperture e messaggi che erano stati inoltrati a mezzo stampa anche durante il fine settimana senza però concretizzarsi in gesti concreti: «Non c'è nessuna trattativa in corso, abbiamo letto sui giornali aperture e chiusure da diversi esponenti del Pd e del governo, ma nessuno ci ha chiamato perciò noi non ritireremo i nostri emendamenti», ha spiegato Loredana De Petris, al termine di una riunione dei senatori con il coordinatore del partito Nicola Fratoianni. «Domani in una conferenza stampa con Vendola ribadiremo i punti su cui aspettiamo che il governo ci dica se è disponibile a delle modifiche» ha aggiunto De Petris spiegando anche che «non c'è dubbio che la legge elettorale e le riforme costituzionali si devono leggere insieme altrimenti questo resterà un Parlamento di nominati e i sondaggi confermano che gli italiani questo lo hanno capito».
Il fronte grillino è ancora più agguerrito: «Questa è una guerra, lo abbiamo già detto, e noi faremo delle guerriglie democratiche», ha detto Beppe Grillo, che oggi è venuto a Roma per incontrare i parlamentari del M5S. «L'idea di Grillo - ha spiegato Giarrusso al termine dell'incontro - era di convocare una manifestazione per il giorno dopo il voto sulle riforme, previsto per l'8 agosto, ma forse sarebbe meglio anticipare e stiamo valutando quando fare questa iniziativa».
L'apertura di Renzi sulla legge elettorale ha poi scoperto il fronte con Fi che non ha gradito affatto l'ipotesi, sgradita a Berlusconi innanzitutto, di introdurre le preferenze: «Noi non abbiamo un contenzioso con Renzi sulle riforme - ha spiegato il capogruppo di Fi alla Camera - su quello il Pd ha problemi con la sua minoranza e a noi la legge elettorale ci piace così come è, perciò qualunque eventuale, ribadisco eventuale, modifica andrà condivisa con Fi e se ne parlerà a settembre». L'incontro chiarificatore tra l'ex Cavaliere e il premier avrebbe dovuto tenersi domattina ma causa indisposizione di Berlusconi è stato rinviato a data da destinarsi.
Al Senato c'è insomma ancora molto scetticismo sulla reale volontà del governo di aprire una trattativa con l'opposizione per sbloccare lo stallo sulle riforme e lo conferma anche il fatto che dopo la riunione bipartisan di tutti i dissidenti, M5S, Sel, Lega, Pd e Fi, convocata proprio in attesa di un segnale da palazzo Chigi, non ci sia stata alcuna presa di posizione. L'unico a parlare è stato Vannino Chiti che ha chiesto di riaprire il confronto rinviando a settembre il voto finale sulla riforma. «Nei prossimi giorni, prima della pausa estiva, si potranno esaminare e votare gli emendamenti cruciali e gli articoli della proposta di riforma costituzionale - ha proposto il senatore del Pd -, per svolgere poi nella prima settimana di settembre le dichiarazioni di voto e la votazione conclusiva».
L'atteggiamento insomma per ora è di attesa, anche i relatori Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli aspettano un segnale per presentare i loro emendamenti sui punti di un possibile accordo e c'è anche chi a palazzo Madama, anche in ambienti di maggioranza, legge tutto questo movimentismo sulle riforme da parte del premier solo come un diversivo per distrarre il paese e l'informazione dalla crisi economica e dai dati negativi sul fronte dei conti e dell'occupazione. «Ci occuperemo di riforme fino a settembre così nessuno si accorgerà del resto», maligna un senatore. Ma il presidente del Consiglio continua a mostrarsi tranquillo: «Gufi, riforme e conti non mi preoccupano, la Libia sì», ha twittato in serata.
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