27 aprile 2024
Aggiornato 00:30
Una gabbia europea sempre più traballante

L'Europa non è in crisi (solo) con l'Italia: è in crisi con se stessa

Lo scontro Renzi-Juncker ha catalizzato per giorni l'attenzione dei media. Oggi, il presidente della Commissione europea ha tentato di ridimensionare. Ma la verità è che il problema di Bruxelles è molto più grande di qualche screzio con Roma

BRUXELLES - In questi giorni, il «fumantino» botta-risposta tra il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il premier Matteo Renzi ha tenuto banco sui media, che si sono lanciati nella descrizione dei numerosi retroscena di una crisi - quella tra Roma e Bruxelles - esplosa nelle ultime ore, ma che covava da tempo. Crisi che lo stesso Juncker ha cercato di ridimensionare proprio oggi, rimarcando le «buone relazioni tra la Commissione ed il governo italiano», nonostante lo «scambio di parole virili». Eppure, queste rassicurazioni assomigliano tanto a un maldestro tentativo di nascondere la polvere sotto al tappeto. Perché la verità è che questa «crisi» - quella tra Italia e Ue - non è altro che la manifestazione in scala ridotta di una crisi ben più grande: quella che ormai da tempo sta dolorosamente attanagliando la stessa Unione europea.

La polvere sotto al tappeto
Parole virili a parte, in ballo c'è molto di più: c'è il futuro di un'Europa che appare sempre più a due, tre, quattro velocità, e sempre più vicina alla disintegrazione. Il flusso di migranti rovesciatosi sul Vecchio Continente sembra aver portato a galla ciò che era sommerso da tempo: e queste divisioni si sono indegnamente palesate nella lotta sulle quote e le ripartizioni dei rifugiati, nei muri anti-migranti, nella sospensione di Schengen, nel referendum sulla Brexit e, ancora prima, nel vergognoso affossamento della Grecia. Quello stesso flusso di migranti ha persino portato Bruxelles a stabilire un finanziamento da 3,5 miliardi all'anno per la Turchia del controverso Erdogan, che da tempo corteggia l'Unione per esservi ammesso. L'immagine di un'Europa tenuta in equilibrio dal «sultano» turco, che fa da «rubinetto» della crisi migratoria, è semplicemente penosa. Anche perché non è chiaro chi e come pagherà quella cospicua cifra, in mezzo a vincoli di spesa sempre più penetranti.

Ricattati dalla Turchia
Quel finanziamento alla Turchia pare sia stato uno dei motivi di dissidio tra Roma e Bruxelles, ma il problema non è solo dell'Italia, e va ben al di là dell'immigrazione o dei rapporti con il grande vicino mediorientale. Il problema è di un'Europa intera, appesa al filo di un patto di bilancio che, pur in mezzo a qualche flebile sospiro di flessibilità in più, non fa altro che peggiorare le crisi di interi Paesi e aumentare la sperequazione. Un'Europa che quest'estate ha assistito alla fine che fanno i «ribelli» come i greci, in barba a qualsiasi valore fondativo democratico. Un'Europa che sembra sempre più dominata da iniqui privilegi.

I privilegi della Germania sull'Unione bancaria
Prendiamo la questione dell'Unione bancaria, altro tema caldo del dibattito tra Roma e Bruxelles. In quanto alla sorveglianza della Bce sugli istituti europei, grazie al fatto che il livello minimo di attivo di bilancio necessario per essere vigilati da Bruxelles ammonta a 30 miliardi di euro, la Germania ha potuto sottrarre alla sorveglianza europea gran parte del proprio sistema fondato sulle casse di risparmio. Un sistema che conta 417 istituti, che fanno crediti per mille miliardi di euro ed esprimono il 24% dei prestiti alle imprese tedesche: come non chiamarlo «privilegio»? Si pensi, poi, alle conseguenze del meccanismo che vieta gli aiuti di Stato alle banche in crisi. Una tale restrizione, valida per tutti allo stesso modo, non elimina affatto il vantaggio di alcuni sistemi bancari a scapito di altri grazie al denaro dei contribuenti. Senza contare la dubbia conformità del bail-in all'articolo 47 della nostra Costituzione, bisogna ricordare che, dei quasi 1000 miliardi che gli stati europei, dal 2008, hanno versato fino ad oggi per salvare le proprie banche, l'aiuto dell'Italia ai propri istituti ha ammontato solo a 15 miliardi. Come se non bastasse, il meccanismo di mutua garanzia tra le banche europee non ci sarà, perché la Germania teme di dover pagare per altri sistemi bancari in crisi. Peccato che gli istituti tedeschi e francesi coinvolti nella crisi greca siano stati salvati con i nostri soldi. Ancora una volta, insomma, la linea di Berlino ne è uscita vincitrice.

Di quale crisi parliamo
L'elenco potrebbe essere ancora lungo: si pensi, ad esempio, alla questione delle sanzioni alla Russia, fortemente sostenute da Angela Merkel nonostante le perplessità mostrate dall'Italia in primis. Nel frattempo, però, la cancelliera si sta impegnando a rafforzare il rapporto energentico con Mosca, attraverso il raddoppio della capacità di trasporto del gasdotto sotto il Baltico (Nord Stream I), cosa che renderebbe la Germania il principale hub-energetico gasiero del Continente. Così, in quest'Europa egoista, chiusa e sotto ricatto, governata da rapporti di forza, le crisi non possono che essere all'ordine del giorno. Nel 2015 abbiamo assistito al drammatico scontro con la Grecia, in questi giorni è la volta (in piccolo) dell'Italia. Ma la verità è che la crisi è molto più grande. E' una crisi sistemica, e rischia di soffocarci.