Grecia, l'accordo che «umilia» Tsipras in 5 punti
Tsipras esce sconfitto accettando condizioni molto più dure di quelle previste nella proposta Ue che era stata bocciata con il referendum del 5 luglio scorso. Tra gli altri, previsto un fondo per le privatizzazioni e il veto della Troika su leggi e referendum
ROMA - L'intesa c'è, ma, di fatto, è una sonora sconfitta per Tsipras, che si è trovato ad accettare condizioni molto più dure di quelle previste nella proposta Ue che era stata bocciata con il referendum del 5 luglio scorso. L'intesa si sviluppa su 4 capitoli chiave, mentre scongiura, se tutto va come deve andare, lo spauracchio che in questi mesi ha minacciosamente gravato sulla trattative: quello di una uscita della Grecia dall'euro. Ipotesi che, a differenza di quanto proponevano i «falchi», non appare nel documento finale.
Riforme a tappe forzate: Iva, pensioni e altro
Atene si è impegnata innanzitutto ad avviare un serratissimo processo parlamentare per approvare entro mercoledì tutta una serie di misure e riforme su cui pure, finora, aveva resistito con grande energia. Innanzitutto l'Iva, procedendo a rialzi delle aliquote ma anche ad un "allargamento della base impositiva». E sempre entro il 15 luglio la Grecia dovrà approvare anche una riforma delle pensioni, che rappresenta un capitolo su cui fino a non molto tempo fa affermava di non voler intervenire, salvo che abolendo le pensioni baby. Prima che si proceda a redigere un Memorandum of understanding sul nuovo piano di aiuti, serviranno norme che garantiscano la piena indipendenza di Elstat, l'ente di statistica greco; che prevedano il pieno rispetto del fiscal compact e l'istituzione di un Consiglio di vigilanza sui conti pubblici. Infine, devono essere approvate clausole di salvaguardia su tagli semi automatici alla spesa, nell'eventualità che mediante altre misure non si raggiungano gli obiettivi di avanzo primario previsti.
Il fondo di riscatto da 50 miliardi
Come preteso da Berlino, l'ammontare obiettivo del fondo che si impone di creare alla Grecia tramite conferimenti di beni da privatizzare o da gestire è di 50 miliardi di euro. Una cifra tutta da verificare visto che Atene ha quantificato in massimo 17 miliardi i possibili proventi possibili da privatizzazioni, mentre il Fondo monetario internazionale in appena 7 miliardi. Ad ogni modo, un aspetto chiave dell'impegno sottoscritto è che quale sia la cifra finale i primi 25 miliardi di euro raccolti andranno a coprire le necessità di ricapitalizzazione delle banche, che secondo l'eurogruppo si aggirano tra 10 e 25 miliardi di euro appunto. Si tratta di una voragine che in buona parte si è scavata negli ultimi mesi, con la fuga di capitali e di depositi che si è scatenata dopo la vittoria elettorale di Syriza (e di cui il partito di governo viene incolpato anche per la sua gestione dei negoziati). Dei fondi eventualmente eccedenti questi primi 25 miliardi, metà servirà a garantire e riscattare l'immenso debito pubblico accumulato dal Paese, ma alla pari - ed è questo un compromesso che Atene è riuscita ad ottenere anche con l'appoggio dell'Italia - anche a sostenere piano di sviluppo dell'economia. Altro aspetto chiave è che resterà tutto in Grecia, pur sotto la "supervisione" delle istituzioni Ue.
Il ritorno della Troika, con veto su leggi e referendum
L'imposizione di un pieno ritorno dell'odiata ex Troika ad Atene era stata già messa nero su bianco nella bozza di documento preparato dall'Eurogruppo per i leader. Nonostante l'alta carica simbolica di questa richiesta, Atene l'ha accettata tenuto conto che implicherà perfino l'impossibilità di svolgere mai più referendum "a sorpresa" sugli aiuti. Il governo greco dovrà infatti "consultare preventivamente e concordare" con la ex Troika "tutte le proposte legislative rilevanti prima di sottoporle al Parlamento o alla consultazione pubblica». In pratica, su un referendum come quello che lo scorso 5 luglio ha sancito la rottura delle precedenti trattative con l'Ue, servirebbe il consenso preventivo non degli altri leader Ue o dei massimi vertici delle istituzioni, ma addirittura dei funzionari e burocrati che Commissione europea, Bce e Fondo monetario internazionale invieranno ad Atene. Per quanto siano molte le misure su cui Tsipras ha ceduto, forse questa è una delle condizioni in cui la perdita di sovranità nazionale è più stridente. In generale la Grecia si impegna ad una "piena normalizzazione dei metodi di lavoro con le istituzioni». E Tsipras si è perfino impegnato a tornare sui suoi passi in merito ai provvedimenti che nelle passate settimane ha adottato e che vanno in senso contrario ai precedenti accordi.
Subito il prestito ponte
Intanto l'Eurogruppo che torna a riunirsi oggi affronterà da subito la questione di un "prestito ponte" da erogare ai greci per affrontare l'emergenza su liquidità e contanti. Nel documento dei leader, viene confermata la stima che per l'immediato, da qui al 20 luglio, la Grecia ha bisogno di 7 miliardi di euro di finanziamenti. A cui si aggiungono altri 5 miliardi "per metà agosto». Il tutto mentre le banche della Grecia sono ormai a corto di liquidità e con la chiusura imposta agli sportelli da oltre du settimane. Resta in vigore anche il limite dei 60 euro al giorno sui prelievi di contati dai conti correnti ellenici, mentre entro il 20 luglio Atene deve rimborsare 3,5 miliardi di euro in titoli di Stato detenuti dalla Bce. Per non parlare di 1,6 miliardi di euro di rate già scadute verso il Fmi.
Grexit a tempo bocciato
Era stata inserita tra parentesi quadre nella bozza dell'Eurogruppo, a segnalare la discordia tra i ministri, ma poi la controversa clausola sulla "fuoriuscita a tempo" della Grecia dall'euro non è riuscita a sopravvivere al vaglio dei capi di Stato e di governo: non appare infatti nel documento finale. "Qualsiasi forma di Grexit sarebbe stata inaccettabile: non ci sarà una Grexit", ha affermato il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker nella conferenza stampa al termine del vertice. Pe parte sua il premier greco Alexis Tsipras ha rivendicato che con l'accordo firmato l'idea di Grexit ormai "appartiene al passato». Resta il fatto che proponendola, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha fatto sì che la Germania, la prima economia dell'Unione valutaria, ha apertamente contestato un principio che fino a pochi giorni fa veniva sostenuto con energia sia dalla Bce che dalla Commissione europea: quello dell'irreversibilità dell'euro.
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