Il Sole 24 Ore come specchio dei tempi: l'intero Sistema Italia è al collasso
Una grave crisi democratica investe il settore mediatico italiano. Crisi, scioperi, perdite di lettori: i maggiori artefici di questa deriva sono i giornali più antichi e prestigiosi.
MILANO - Molto più della crisi di uno storico quotidiano. Crolla con Il Sole 24 Ore un pezzo del sistema di potere italiano, che in questi anni ci ha abituato alla doppia morale imperante: i sacrifici per gli altri, l'indulgenza verso se stessi. Non si tratta quindi di conti in rosso e opacità legali, ma della crisi finale del modello capitalista già criticato da Giorgio Bocca e Indro Montanelli.
La crisi editoriale, punta dell'iceberg
Il percorso che porta alla post verità, alle bufale e in generale alla dilagante delegittimazione del giornalismo, è costellato di errori ed orrori. Un grave vulnus democratico si apre in quella società che perde uno dei suoi poteri, quello esercitato dalla carta stampata libera ed indipendente. Un cratere di credibilità è stato prodotto dal quotidiano economico più prestigioso, almeno fino a qualche tempo fa: Il Sole 24 Ore. L'organo di Confindustria, diretto da molti anni da Roberto Napoletano, si dibatte in una crisi industriale, e morale, senza precedenti.
Quel titolo del 2011 per Monti
Ma partiamo dal mitico titolo del 2011 «Fate presto», a cui seguiva un editoriale accorato sulla stringente necessità di avallare la defenestrazione del governo di Silvio Berlusconi per fare spazio al senatore di fresca nomina Mario Monti. Sostituzione imposta dalla trojka su mandato tedesco-francese. Quel titolo, e quelle righe, furono la spallata finale che buttò giù un governo democraticamente eletto. Il seguito è noto: le lacrime della Fornero, la nascita degli esodati, il sistema pensionistico stravolto, il Jobs Act e molta, molta svendita del Paese. Cose vecchie, si dirà. Indubbiamente: ma il problema è che coloro che furono artefici di quel potente colpo delegittimante, oggi raggiungono la notorietà per abusi legali, e morali, che ne demoliscono ogni legittimità.
Dentro la notizia?
Guido Gentili, editorialista ed ex direttore, ha preso il posto, ad interim, di Roberto Napoletano, ormai disarcionato dalla poltrona grazie ad uno sciopero ad oltranza della redazione che ne chiedeva la rimozione. Dovrebbe tornare, alla direzione, l'inossidabile Ferruccio De Bortoli: ennesima prova che il giornalismo italiano non riesce a rinnovarsi, nemmeno quando si trova ad un passo dalla catastrofe. Napoletano, l'apologeta del neoliberismo, delle privatizzazioni e dei sacrifici, altrui, sarà messo in aspettativa per un massimo di sei mesi senza stipendio. L'ha combinata grossa: oltre ad aver demolito un giornale storico, è indagato dalla procura di Milano per false comunicazioni sociali insieme al'ex presidente del gruppo Benito Benedini, e all'ex amministratore delegato Donatella Treu. Indagini sono in corso relativamente all'anomala diffusione di copie digitali, e cartacee. Un bolla dietro cui ci sarebbe una vendita fittizia di copie diffuse tramite il canale Edifreepress di Londra, che venivano destinate direttamente al macero.
La crisi del Sole in numeri
La crisi del Sole 24 Ore, il quotidiano di Confindustria, è gravissima: 50 milioni di perdite sono state registrate lo scorso 30 settembre, svalutazione pari a 19 milioni di euro, e un patrimonio netto negativo per circa sette milioni di euro. Il valore azionario del titolo è crollato del 60% in tre anni. Lo scontro tra la redazione e il direttore è esploso quando è stato reso noto un accordo privato che gli avrebbe garantito tre anni di stipendio in caso di licenziamento senza giusta causa. Una condizione leggermente diversa da quanto accade oggi grazie al Jobs Act.
Sconfitta per la stampa storica
Ora rimangono le macerie da raccogliere, non solo per il quotidiano di Confindustria: se cade la credibilità del Sole 24 Ore vacilla l'intera impalcatura morale del giornalismo italiano: ovvero quel settore che più denuncia la deriva da post verità che starebbe subendo la comunicazione via internet. Si crea così un cortocircuito dove il giornalismo storico, che dovrebbe essere anche prestigioso, non può più criticare le evidenti distorsioni che erompono dal web. Uno scenario orwelliano dove non esiste più non solo la verità, ma la stessa materia dei fatti.