25 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Flop 80 euro

Bonus 80 euro, il «bluff» di Renzi che 2 mln di italiani devono restituire

In base ai dati pubblicati dal dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia circa due milioni di cittadini hanno dovuto restituire integralmente o in parte il bonus renziano

Foto: Shutterstock

ROMA – Flop 80 euro. Quasi un milione di italiani, tra i 12 milioni che hanno ricevuto il «bonus» renziano, lo hanno dovuto restituire integralmente. Altri 765.000 cittadini, invece, lo hanno dovuto restituire solo in parte. Ecco i dati ufficiali appena pubblicati dal dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia. Ed è già bufera. Di nuovo.

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Flop 80 euro: ecco i dati
Matteo Renzi la definisce ancora sul suo blog come «la più grande opera di redistribuzione salariale mai fatta in Italia». Ma i media parlano di «flop 80 euro» e taluni non esitano ad apostrofarla «mancetta elettorale». In qualunque modo la si voglia chiamare, però, la manovra renziana è stata un fallimento de facto. In primis perché doveva servire a rilanciare i consumi nazionali sostenendo l'economia reale e coadiuvando la ripresa. E questo non è avvenuto. Poi perché per quasi due milioni di italiani il «bonus» promesso si è rivelato un «bluff».

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Un bonus o un prestito statale?
Secondo i dati appena pubblicati dal dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia, infatti, circa un milione di cittadini, tra i 12 milioni che hanno ricevuto i famosi 80 euro in più in busta paga, hanno dovuto restituire integralmente la somma di denaro, per giunta in un'unica soluzione da 950 euro. E altri 765.000 italiani ne hanno dovuta restituire una parte. Si tratta del 14,5% dei beneficiari. Il che, di per sé, è un paradosso visto che un «bonus» per definizione dovrebbe essere un emolumento non restituibile. Più che comprensibile, dunque, l'irritazione di quelle famiglie che avendo speso, assai ingenuamente, l'intera somma senza cogliere prontamente l'inganno nascosto dietro l'ossimoro in questione - il bonus-prestito – si sono trovate in difficoltà economica al momento di dover restituire l'importo. Ma tant'è.

Il cuore del problema
Il problema principale della questione è che il governo Renzi ha introdotto questo «bonus» con un'erogazione mensile da 80 euro, ma avrebbe dovuto scegliere la via di un'unica erogazione annuale a fine anno, così da permettere ai tecnici dell'Agenzia delle Entrate di definire esattamente importi e idoneità. In molti casi, invece, è accaduto che l'agenzia si è trovata a dover correggere in negativo o in positivo (più raramente) il saldo dei bonus dopo aver esaminato la dichiarazione dei redditi dei contribuenti. Così ha richiesto indietro il denaro anche a quelli che l'avevano già speso.

Una "mancia" a fini elettorali?
Ma perché scegliere di erogare il bonus mensilmente andando incontro a tutti questi problemi e mettendo in difficoltà intere famiglie che, de facto, in questo modo si sono viste trasformare un bonus in un prestito statale? Probabilmente per accelerare i tempi della «mancetta elettorale» (come la definisce Giulio Cavalli su Left) e renderla maggiormente «visibile» in busta paga (un conguaglio di fine anno non avrebbe avuto lo stesso effetto sull'umore degli elettori). Vale anche la pena ricordare che il «bonus» in questione escludeva a priori le fasce più deboli della popolazione, cioè tutti coloro che guadagnavano meno di 7.500 euro, considerandoli evidentemente troppo poco interessanti dal punto di vista elettorale.