24 aprile 2024
Aggiornato 17:00
Dati Istat

In Italia 1 persona su 4 è a rischio povertà. E i nuovi poveri del 2016 sono i giovani

In Italia una persona su 4 è a rischio povertà e a soffrire di più la crisi sono soprattutto i giovani e le famiglie numerose. Gli under 35 sono sempre più poveri, mentre aumenta il reddito degli over 65. Ecco perché i millenials restano al palo

I giovani di oggi sono i nuovi poveri.
I giovani di oggi sono i nuovi poveri. Foto: Shutterstock

ROMA – In Italia una persona su quattro è a rischio povertà. I dati sono incontrovertibili e arrivano direttamente dall'Istat. Nel 2015 il 28,7% delle persone residenti in Italia era a rischio di povertà o esclusione sociale, ovvero secondo la definizione adottata nell'ambito della Strategia Europa 2020 si trovano almeno in una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro. E a soffrire di più sono soprattutto i giovani. Vi spieghiamo perché.

In Italia una persona su 4 è a rischio povertà
In Italia una persona su quattro è a rischio povertà. Lo riferisce l'Istat, che ha appena pubblicato i dati relativi al 2015. L'anno scorso il 28,7% delle persone residenti in Italia era a rischio di povertà o esclusione sociale. Una cifra monstre, se si pensa che nel Mezzogiorno la stima delle persone coinvolte sale al 46,4%, dal 45,6% dell'anno precedente. Significa che quasi una persona su due, al Sud, è a rischio povertà. Un dato evidentemente preoccupante. E a soffrire di più la crisi sono soprattutto i giovani e le famiglie numerose (quelle formate da cinque o più componenti).

Soffrono soprattutto le famiglie numerose
La quota di persone a rischio povertà ed esclusione sociale sale infatti al 48,3% (dal 39,4% del 2014) se si tratta di coppie con tre o più figli e raggiunge il 51,2% (da 42,8%) nelle famiglie con tre o più minori. Se a questi dati aggiungiamo quelli già pubblicati dall'Istat nei giorni scorsi e relativi alla povertà degli under 35 il quadro che si delinea davanti ai nostri occhi appare decisamente a tinte fosche. Secondo l'ultimo Rapporto sulla situazione sociale del paese per il 2016, infatti, i giovani sono sempre più poveri. Per la prima volta nella storia dello Stivale gli under 35 sono più poveri dei loro padri, dei loro nonni e perfino dei loro coetanei di 25 anni fa.

I giovani italiani sono sempre più poveri
Oggi i cosiddetti millenials stanno subendo un vero e proprio ko economico. Rispetto alla media della popolazione, oggi le famiglie dei giovani con meno di 35 anni hanno un reddito più basso del 15,1% e una ricchezza inferiore del 41,1%. E il confronto con la situazione di 25 anni fa è davvero impietoso. Il Censis rileva che i giovani di oggi hanno un reddito del 26,5% più basso di quello dei loro coetanei di allora, che invece potevano vantare un reddito solo del 5,9% più basso rispetto alla media della popolazione del 1991. Per gli over 65, invece, è accaduto esattamente l'opposto: a fronte di un impoverimento dei giovani, sono diventati sempre più ricchi.

Aumenta il reddito degli over 65
Il reddito degli over 65, rispetto a quello medio della popolazione è aumentato del 24,3%. La ricchezza degli attuali millennials è invece inferiore del 4,3% rispetto a quella dei loro coetanei del 1991, mentre per gli anziani è maggiore addirittura dell'84,7%. Sono dati da capogiro che fanno rabbrividire chi (come la sottoscritta) appartiene agli under 35. Il divario tra i giovani e il resto degli italiani si è ampliato molto nel corso del tempo, divenendo un vero e proprio fenomeno allarmante capace di mettere a rischio non solo la ripresa economica nazionale ma anche la tenuta del nostro sistema previdenziale.

Gli under 35 stanno subendo un ko economico
Negli ultimi 10 anni il tasso di disoccupazione dei 15-34enni è quasi raddoppiato, passando dal 13,5% la 23,2% mentre tra le persone con oltre 35 anni e oltre è aumentato del 4,6% . La quota di giovani che, con il proprio reddito, arriva con difficoltà alla fine del mese è pari al 43,5%: ovvero quasi 20 punti percentuali in più rispetto a dieci anni fa, mentre la percentuale è pari al 34,4% tra gli adulti e al 34,2% tra gli anziani. In parole povere, i giovani di oggi stanno subendo un vero e proprio ko economico. Ma perché? Uno dei nodi più importanti riguarda certamente la difficoltà degli under 35 di trovare lavoro (e conservarlo nel tempo).

Le nuove assunzioni sono diminuite
Troppo spesso, infatti, i millenials hanno a che fare con lavori precari. Si cimentano in uno slalom estenuante tra contratti a progetto, contratti a tempo determinato, voucher, apprendistato, tirocini. Senza mai vedere la luce in fondo al tunnel: la tanto agognata assunzione. Quest'anno le assunzioni a tempo indeterminato sono diminuite di ben 562.404 unità rispetto al periodo gennaio-settembre del 2015, quando il boom delle assunzioni era stato determinato soprattutto dagli sgravi fiscali. Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è ancora tra i più alti d'Europa ed è pari al 36,4% (che sarà pure il dato più basso dal 2012, ma fa comunque paura). Ma c'è di più.

Nessun ricambio generazionale nel mercato del lavoro
Oltre al fatto che le assunzioni sono diminuite, c'è un altro dato interessante da considerare. Quelle (poche) che effettivamente vanno a buon fine riguardano soprattutto stipendi medio-alti. Ma è difficile credere che i giovani alla prima assunzione possano far parte di questa categoria. E infatti, come riporta Gianni Balduzzi su Linkiesta, negli ultimi tre anni la percentuale di neo-assunti con più di 50 anni di età è salita dal 13,11% al 16,18% per i contratti a termine e dal 17,43% al 20,07% a tempo indeterminato. Mentre è diminuita in maniera significativa la porzione di neo-assunti under 40. In pratica, non solo le assunzioni sono diminuite, ma vengono assunti soprattutto gli «anziani» rispetto ai giovani, che così restano (ancora una volta) al palo.

Perché i millenials restano al palo
La faccenda sembra alquanto strana, perché in un'economia in ripresa sarebbe normale assistere a un ricambio generazionale. Risorse fresche dovrebbero fare il loro ingresso nel mondo del lavoro e mettere al servizio dell'economia reale il loro tasso di produttività (più alto di quello degli over 40) e la loro capacità di innovare. E invece assistiamo esattamente al fenomeno inverso: più lavoro agli anziani e meno ai giovani. Perché? Una delle risposte risiede certamente nell'alto costo del lavoro, con cui le imprese italiane devono necessariamente fare i conti. E allora, per aumentare il tasso di produttività, in tempi di crisi può diventare più profittevole assumere un lavoratore qualificato con esperienza invece di un giovane più sprovveduto. Ma così facendo la ripresa economica (quella vera, non quella degli zero virgola) sarà di là da venire. E gli italiani saranno sempre più poveri.