Deflazione, che pericolo corre l'Europa e perché Usa e Gran Bretagna fanno meglio di noi?
In Europa è di nuovo allarme deflazione. La tesi del governatore Visco è che il QE del presidente Draghi stia funzionando, ma i dati Eurostat non sono rassicuranti. Qual è il segreto della condotta vincente di Usa e Regno Unito?
ROMA – L'Eurozona è a rischio deflazione e secondo il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, c'è da preoccuparsi perché «è la cosa peggiore che possa accadere». Ma come mai Stati Uniti e Gran Bretagna non sono contagiati dai prezzi bassi e dai tassi negativi che affliggono l'Europa?
E' allarme deflazione
Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha rilasciato un'intervista al quotidiano tedesco Handesblatt e ha dichiarato di essere «preoccupato per la deflazione» perché «è la cosa peggiore che possa accadere». La deflazione, infatti, ha due effetti negativi sull'economia reale: da un lato induce i consumatori a posticipare gli acquisti, dall'altro svantaggia i debitori. E il risultato è un rallentamento della crescita economica.
La tesi di Ignazio Visco
Secondo Visco, «l’economia deve essere aiutata da ulteriori cambiamenti strutturali» perché «la ripresa è fragile ma c'è». Soprattutto,«non si possono avere tassi negativi in eterno» perciò bisogna «monitorare quello che accade» e continuare a perseguire con determinazione gli obiettivi della BCE. Il traguardo del 2% d'inflazione è ancora un miraggio nell'Eurozona, ma secondo il governatore «il programma di acquisto dei bond sta funzionando perché altrimenti il tasso di inflazione sarebbe ancora più basso e registreremmo un arretramento dei prezzi più forte».
I dati Eurostat sull'Eurozona
Nonostante gli sforzi del presidente Mario Draghi, però, l'economia dell'Eurozona continua a soffrire e le manovre espansive non sembrano sortire gli effetti sperati. I dati Eurostat relativi al mese di aprile certificano di nuovo il pericolo deflazione: -0,2% dei prezzi su base annuale. E tra i paesi membri l'Italia non se la passa affatto bene con il suo -0,4%. La Germania registra a sua volta un -0,3% e la Francia si ferma a -0,1%. Ma perché, invece, Stati Uniti e Gran Bretagna sembrano godere di buona salute e non sono contagiati dai tassi negativi che affliggono tutta l'Europa?
La condotta vincente di Usa e Regno Unito
L’Eurozona non deve fare i conti solo con la deflazione. A preoccupare gli economisti e Ignazio Visco, come abbiamo visto, sono anche i tassi negativi. La Germania stavolta è in testa alla classifica con il Bund tedesco che ha toccato soglie negative fino alla scadenza di 9 anni. Ma per Stati Uniti e Gran Bretagna, cioè i paesi che meglio di tutti gli altri hanno dimostrato finora di aver saputo affrontare la grande crisi finanziaria del 2008, le cose sembrano andare diversamente. In controtendenza rispetto al resto del mondo, i rendimenti dei titoli statunitensi e britannici sono superiori allo zero su tutte le scadenze.
Non solo espansione monetaria
Non solo la Federal Reserve e la Bank of England non hanno mai portato i tassi ufficiali sottozero, ma i due paesi sono riusciti a evitare anche le sabbie mobili della deflazione. Secondo Vito Lops, che sull'argomento ha pubblicato un articolo su Il Sole24ore, sono riusciti nell'impresa grazie al fatto che sono stati i primi paesi ad adottare tempestivamente (fin dal 2009) manovre monetarie espansive aggressive e hanno accompagnato l'espansione monetaria anche a una manovra ben calibrata di espansione fiscale. La combinazione delle due operazioni e la rapidità con la quale sono state messe in atto ha fatto la differenza rispetto alla condotta degli altri paesi europei. In Europa e in Italia, invece, gli appelli lanciati – e urlati – per chiedere una riforma fiscale sono rimasti inascoltati e gli Esecutivi nazionali sembrano tutt'ora intenzionati a procedere nella direzione opposta.