16 aprile 2024
Aggiornato 17:30
La crisi greca

La Troika torna ad Atene, forse

«Non abbiamo ancora comprato i biglietti», ha spiegato una fonte europea, precisando comunque che a breve i tecnici di Commissione europea, BCE e FMI si ripresenteranno nella capitale ellenica dalla quale mancano da mesi. Con un nuovo nome «le istituzioni», invece dell'odiato termine «Troika».

ATENE (askanews) - Domani la Troika torna ad Atene, forse. «Non abbiamo ancora comprato i biglietti», ha spiegato una fonte europea, precisando comunque che a breve i tecnici di Commissione europea, BCE e Fondo monetario internazionale si ripresenteranno nella capitale ellenica dalla quale mancano da mesi. Con un nuovo nome «le istituzioni», invece dell'odiato termine «Troika» che era diventato il bersaglio di ogni sorta di slancio anti europeo. Ma questa ridenominazione è l'unica concessione ottenuta dai greci, per il resto il monitoraggio come se non più invadente di prima.
Parallelamente, una portavoce della Commissione europea, Mina Andreeva (dal suo profilo su Twitter dato che in questi giorni i locali per la stampa sono in via di rifacimento e che un tradizionale comunicato era ritenuto inadatto) ha riferito che secondo Bruxelles "le autorità elleniche hanno attuato il secondo pacchetto di misure richieste in maniera soddisfacente e bei tempi previsti». Il riferimento è al voto parlamentare con cui nel corso della notte è stato ratificata anche la riforma del codice di procedura civile.
A questo punto la strada è spianata per l'avvio dei negoziati ufficiali su un nuovo e terzo piano di aiuti a favore della Grecia, che copra le necessità finanziarie dei prossimi tre anni con un ammontare che potrebbe raggiungere 86 miliardi di euro.

Resta l'incognita sui tempi.
Dato che i greci, con l'appoggio del Fmi ma anche di un crescente numero di parti coinvolte, pretendono che in parallelo si stipuli un accordo anche sull'alleggerimento del debito. Il taglio secco è escluso ma si può fare leva su riduzioni ai tassi di interesse e allungamento dei tempi di rimborso. Ma anche così la questione resta controversa, specialmente con i paesi più intransigenti, Germania in testa.
«Il percorso si annuncia difficile e siamo solo all'inizio», ha rilevato il portavoce del Fmi Gerry Rice, ribadendo comunque che per l'istituzione di Washington un alleggerimento del debito è imprescindibile. «Siamo stati molto chiari nel dirlo alle istituzioni europee». Quanto al ritorno delle istituzioni di controllo ad Atene "non ho una data precisa». Rice ha poi ribadito che con il pagamento dei debiti pregressi da parte di Atene (lunedì dopo l'incasso del prestito ponte) ora «la Grecia non ha arretrati». Ad ogni modo «per ora dalle autorità greche non abbiamo ricevuto una nuova richiesta di aiuto». Infine, ha riposto che l'istituzione non appoggia la proposta della Germania di una uscita temporanea della Grecia dall'euro.

Il negoziato potrebbe quindi trascinarsi.
Tanto che secondo il quotidiano greco Kathimerini all'Ue stanno già studiando l'ipotesi di dover concedere un secondo prestito ponte, dato che quello da 7 miliardi versato a inizio settimana basta unicamente a coprire il fabbisogno fino a metà agosto. Il problema è che tecnicamente sarebbe più ostico, perché mancherebbero le risorse per assicurare le garanzie ai paesi non euro dall'utilizzo del vecchio fondo comune Efsm.
Il mese prossimo andranno a scadenza altri bond greci detenuti dalla Bce per 3,2 miliardi di euro. Ieri il commissario europeo agli affari economici Pierre Moscovici aveva affermato che l'intesa sugli aiuti dovrebbe chiudersi entro la seconda metà di agosto. Intanto il trascinarsi di questa vicenda ha indebolito ulteriormente il generale clima di fiducia nell'area euro, a meno 7,1 punti secondo la rilevazione della Commissione europea su luglio, da meno 5,6 punti di giugno. E ha messo ulteriormente in crisi il bilancio pubblico ellenico: nei primi sei mesi la spesa pubblica totale greca è caduta a 23,2 miliardi di euro, da 26 miliardi dello stesso periodo di un anno prima, mentre le entrate sono crollate a 21,8 miliardi dai 23,6 miliardi.