19 aprile 2024
Aggiornato 04:30
Il picco di tumori nel 2020

Quanto ci uccide l'amianto. Ecco cosa serve fare, subito

87mila siti contaminati secondo l'Arpa. Servono pressioni a tutti livelli per arrivare alla bonifica di tutti i siti colpiti da amianto, bonus fiscali per chi lo rimuove, nuove discariche e persino Sportelli Amianto per i cittadini

TORINO - Dal dopoguerra fino al 1992, anno in cui è stato messo al bando, l'Italia ha prodotto oltre 3,7 milioni di tonnellate di amianto e ne ha importate almeno altre 1,8. I siti contaminati da amianto in Italia sono 38mila secondo il dipartimento Bonifiche e Risanamento del ministero dell'Ambiente. 87mila secondo l'Arpa. La mortalità per il solo mesotelioma pleurico è in aumento, con un picco previsto nel 2020. Le Marche sembrerebbero essere l'area più colpita, eppure è la regione con i tassi di mesotelioma relativamente più bassi. Il maggior numero di decessi per milione di abitante si verifica invece, in ordine, in Lombardia, Piemonte e Liguria.

87mila individuati dall'Arpa
Da noi, com'è noto, la storia dell’amianto è inesorabilmente legata a Casale Monferrato. Ma in tutto il territorio regionale l'amianto continua a costituire una potenziale minaccia per la salute: solo una minima parte degli 87 mila siti individuati dall’Arpa è stata bonificata, principalmente per carenza di risorse. Un segnale di forte preoccupazione, mentre a livello nazionale il Piemonte mantiene il primato negativo sui decessi per neoplasie: 4 mila casi stimati in Italia, il 18% dei quali registrati in Piemonte con l’apporto decisivo dell’Eternit, al centro della più grande inchiesta per disastro ambientale nel nostro Paese, con un elenco lunghissimo di vittime tanto che il giudice di primo grado impiegò due ore per leggerlo.

Agire su Governo e Regione
Un protocollo d’intesa siglato proprio qualche giorno fa tra il presidente dell’Anci Piemonte Andrea Ballarè e i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil ha nuovamente riportato in primo piano il problema, indicando le direttrici su cui è urgente intervenire. Anzitutto si guarda al Governo e alla Regione: al primo si chiede l’immediata applicazione del Piano Nazionale Amianto, che prevede interventi sulle bonifiche e sugli aspetti sanitari e di tutela sociale, alla seconda di deliberare l’apposito piano 2015/2020 che riguarda, tra l’altro, interventi di prevenzione nei luoghi di lavoro. «Occorre poi rendere disponibili le risorse, a partire dai fondi strutturali 2014-2020» ha aggiunto Andrea Ballarè, «mentre vanno escluse dal Patto di stabilità quelle dei Comuni destinate alla messa in sicurezza e alla bonifica dei materiali contenenti amianto».

Bonificare scuole e ospedali
Nel protocollo sottoscritto, l’Associazione dei Comuni e i sindacati indicano come prioritarie, nell’ambito degli interventi sulle strutture pubbliche, le bonifiche di scuole e ospedali e sollecitano un provvedimento ad hoc per i proprietari dei manufatti: se da un lato li si impegna a intervenire per rimuovere l’amianto, dall’altro li si sostiene con incentivi e facilitazioni economiche. Ci sarà anche un tentativo di sensibilizzazione nei confronti del Governo e dei parlamentari piemontesi affinché, alla stregua del bonus arte, si giunga a un provvedimento per il recupero fiscale, in tre anni, del 65% della spesa sostenuta per la rimozione dell’amianto. Con il sistema bancario si lavorerà invece per creare strumenti finanziari agevolati riservati ai privati.

Nuove discariche e Sportelli Amianto
Non ultimo, ha spiegato ancora Ballarè, «è urgente individuare nuove discariche per colmare la carenza di strutture idonee allo smaltimento: oggi oltre il 60% dell’amianto bonificato viene esportato all’estero». L’Anci si attiverà per promuovere accordi interistituzionali, con il coinvolgimento del Ministero dell’Ambiente, della Regione e dei Comuni». Attualmente sono in funzione i centri di Casale Monferrato, Barricalla (Grugliasco) e Cameri (Novara). Se tutto va bene, verranno anche aperti degli Sportelli Amianto nei comuni piemontesi di maggiori dimensioni, per dare continuità agli interventi di sorveglianza attiva, ai centri di cura specialistici e alla ricerca delle cure per le malattie da asbesto. Infine, potrebbe diventare realtà la costituzione di un fondo destinato ai cittadini meno abbienti alimentato dal gettito dell’Iva proveniente dalle bonifiche.