18 agosto 2025
Aggiornato 13:30
A M5S non piace lo shopping tedesco di marchi italiani

Sorial: l'euro debole una manna per la Germania

Svalutazione dell'euro: ce ne hanno parlato come un manna dal cielo, ma, per Giorgio Sorial, avvantaggerebbe solo la Germania e le sue esportazioni, che peraltro violano il vincolo del 6% del Pil. Mentre, al contrario, il made in Italy rischierebbe di essere svenduto, e Berlino (e non solo) approfitterebbe della crisi per accaparrarsi pezzi importanti della nostra impresa più rappresentativa.

ROMA - Svalutazione dell'euro: positiva o negativa? Benché l'Unione europea ne abbia spesso parlato come strumento di risoluzione della crisi economica, in virtù della sua capacità di favorire le esportazioni dall'Eurozona e produrre l'aumento dell'inflazione con la crescita dei prezzi delle materie prime, secondo l'interpellanza presentata da Giorgio Sorial, deputato pentastellato, il nostro Paese non ne sarebbe così avvantaggiato. Anzi, a guadagnarci dall'intervento sarebbe soprattutto la Germania, perché il Belpaese, con la svalutazione della moneta, rischierebbe soltanto di «vedere svendute le sue eccellenze del made in Italy e disarticolati i suoi distretti produttivi». La moneta europea, in effetti, ha subito più di 14 punti percentuali di svalutazione dal maggio 2014, arrivando ultimamente quasi alla pari con il dollaro. 

SORIAL: LA GERMANIA DOVREBBE ESSERE SANZIONATA DALL'UE - Secondo Sorial, «la Germania si è prima avvantaggiata della moneta unica e ora si avvantaggia della sua svalutazione, poiché, avendo saldi positivi record da anni, se avesse ancora il proprio marco autonomo, questo si sarebbe costantemente rivalutato, non solo nei confronti di tutte le monete, ma soprattutto nei confronti di quelle europee più deboli". Al contrario, «con l'euro, si ritrova una valuta debole da sfruttare per l’export, come infatti sta facendo da anni», peraltro in contrasto, secondo l'interrogante, «con l'accordo sul Six-Pack: non sarebbe consentito che un Paese abbia per più di tre anni consecutivi un surplus delle partite concorrenti di oltre il 6 per cento, pena una sanzione dello 0,1 del PIL». In effetti, a luglio è stata indirizzata alla Germania una raccomandazione dell'Ue proprio perchè la locomotiva dell'Unione esporta troppi beni e servizi, con una differenza tra import e export di ben 198,9 miliardi. Un eccesso che crea problemi al resto del continente, perché si traduce in un rafforzamento dell’euro, ostacola le vendite degli altri 27 Paesi, tiene bassa l’inflazione e per quella via contribuisce pure ad aumentare il valore reale dei debiti pubblici. Un eccesso che però, ancora, non è stato sanzionato.

ITALIA TERRENO DI CACCIA PER I TEDESCHI - Al contrario, per l'Italia le esportazioni difficilmente si possono tradurre in un traino per l'economia, visto che avvengono in prevalenza nell'eurozona. Osservazione in parte confermata, peraltro, dai dati Istat, che hanno rilevato, nel gennaio 2015, un rallentamento del nostro export, e, purtroppo, non solo in Europa. A peggiorare la situazione, dopo anni di declino economico, il fatto che il Belpaese «starebbe diventando un terreno di caccia» per i capitali stranieri, «visto che si sta mettendo in atto un pericoloso meccanismo di svendita delle nostre eccellenze: secondo fonti di stampa i francesi hanno espugnato con sistematicità il nostro alimentare (Parmalat, Galbani, Eridania), il lusso (Bulgari, Gucci, Bottega Veneta, Pomellato, Loro Piana) e l'energia (Edison). Non solo. Lufthansa è uscita scornata dalla guerra nei cieli italiani contro i cugini di Air France e nel risiko bancario i tedeschi hanno lasciato campo libero alle varie Bnp-Paribas (azionista di controllo di Bnl) e Crédit Agricole (azionista di controllo di CariParma). Tolta Ras inglobata da Allianz e, appunto, Ducati, nell'ultimo decennio non si segnalano grandi deal targati Germania". Con l'aggravante, nel caso degli «affari» tedeschi in Italia, che Berlino punterebbe direttamente al cuore pregiato del made in Italy.

L'ITALIA AL SECONDO POSTO PER INVESTIMENTI TEDESCHI - Addirittura, Sorial riporta l'ipotesi di alcuni osservatori economici, secondo cui quello in atto nella Pensiola sarebbe il risultato di un patto franco-tedesco teso a deindustrializzare i territori produttivi italiani. In ogni caso, anche un'inchiesta del febbraio 2014 del Financial Times aveva sollevato il tema dello shopping strategico della Germania: l'attenzione delle imprese tedesche si starebbe «concentrando sulla cosiddetta zona di crisi, dove possono venire in aiuto delle medie imprese italiane che spesso devono lottare per ottenere l'accesso al credito (...)». In più, secondo un recente report dello studio legale e tributario Roedl & Partner, «l'Italia è al secondo posto (19 per cento) fra i paesi in cui le imprese familiari tedesche investono fuori dai confini della Germania, subito dopo gli Usa (24 per cento) e prima di Francia e Polonia (16 per cento)». Ma, soprattutto, quello studio ha sottolineato come, «più che andare alla ricerca del mercato di sbocco italiano», Berlino cerchi «aziende con personale qualificato e prodotti, marchi o brevetti di eccellenza da commercializzare altrove», dov’è più facile avere credito da banche straniere.

IL GOVERNO SALVAGUARDI CIO' CHE RESTA DELL'IMPRESA NAZIONALE - Per queste ragioni, il deputato pentastellato ha chiesto «se il Governo sia consapevole della situazione di svendita delle nostre eccellenze», e come intenda proteggere e salvaguardare quello che resta della nostra impresa nazionale. Sorial, inoltre, ha domandato in che modo l'esecutivo intenda "intervenire in sede europea per difendere i diritti del nostro Paese contro le violazioni dei patti da parte della Germania». Perché di sanzioni, il nostro Paese, ne ha subite molte, e anche le violazioni della locomotiva dell'Unione, se accertate, dovrebbero essere sanzionate. Soprattutto, se rischiano di svantaggiare l'economia degli altri Paesi europei.