Cancellare una parte del debito: una proposta sacrosanta, che scatenerà l'ira dei mercati
E' il metodo più antico del mondo per salvare la civiltà, ma i mercati non apprezzerebbero affatto

ROMA - Nel giorno in cui i poteri finanziari che hanno in mano il debito pubblico italiano fanno sentire la voce del padrone. Nel giorno in cui lo spread sale oltre i 150 punti, e la Borsa italiana perde quasi il 3% (ma nel caso della Borsa si tratta di un ritracciamento da picchi irrazionali). Nel giorno in cui l’intero panorama culturale italiano, i commentatori di ogni categoria, si affrettano a ricordare che ogni anno l’Italia deve piazzare sul mercato oltre 400 miliardi di titoli di stato se vuole finanziare la civiltà. In un giorno così, viene pubblicata la notizia che scandalizza il mondo intero: il nuovo governo italiano vuole «cancellare» oltre 300 miliardi di debito. Più o meno quanto la Bce ha comprato in questi anni di Quantitative Easing. Non è chiaro chi sia l’artefice di questa idea. Vedendo l’involuzione del M5s, per altro proclamata prima del voto di marzo, sui trattati europei, viene da credere che la Lega di Matteo Salvini stia spingendo in una direzione così dura. Ebbene, al contrario di quanto sostiene la vulgata comune – nonché andando contro tutte le minacce in essere più o meno smaccate – si può sostenere che l’unico errore insito a questa proposta sia nel verbo «cancellare». Da questi piccoli, e gravi, strafalcioni emerge la poca dimestichezza del duo M5s-Lega Nord con la furbizia del potere.
Il debito negli ultimi tremila anni
Quanto emerge, nello scandalo e nel ludibrio generale, in queste ore – la «cancellazione» di una parte del debito – fa parte della storia dell’umanità. Le tavole su cui incisero le prime lettere i sumeri altro non erano che richieste di cancellazione di debito. Il debito, da quando esiste il denaro, è sempre stato cancellato nel momento in cui la dimensione sociale prendeva una forma dirompente e minacciava l’intera stabilità del sistema. Tutte le religioni, in primis quelle monoteiste, prevedono la cancellazione dei debiti, che per i cattolici è perfino un dovere insito nella preghiera che Gesù Cristo ha lasciato in eredità agli uomini. Lo studio antropologico del debito costruito in oltre venti anni dall’accademico statunitense David Graeber non lascia nessun dubbio in merito. Quanto propongono Matteo Salvini e Luigi Di Maio rappresenta in forma plastica quella che il filosofo Gian Battista Vico definiva come «circolarità della storia». E, dato che la storia è circolare, anche lo scandalo che questa idea solleva era, ed è, assolutamente prevedibile. Come lo è la minaccia di coloro che sono i detentori del debito. Il problema si pone in termini strettamente materialisti: cosa succede quando il debitore non ha più risorse per restituire capitale e interessi? A questa domanda, da circa tremila anni, si dà una semplice risposta: si cancella una parte del debito. Una parte, non tutto. Si cancella una parte per dare la possibilità al debitore di ricreare quello che viene conosciuta come «accumulazione».
Strumenti bifronte
La cancellazione del debito è quindi uno strumento che permette vantaggi al debitore, ovviamente, e al creditore. Il caso della Grecia è emblematico. II fanatismo finanziario, nonché la voluta punizione, impediscono da tempo la cancellazione – come richiesto nel 2015 da uno Tsipras molto diverso da quello di oggi – di una parte del debito greco. Ma i creditori sanno che, dopo aver messo le mani sull’intero patrimonio privato e pubblico greco, non avranno più nulla da prendere, e rimarranno da soli a dover gestire esplosioni sociali. Per questa ragione, da tempo, il Fmi – che non può essere accusato di bolscevismo – richiede a gran voce la cancellazione di una parte del debito pubblico greco. Peraltro senza ottenere il consenso della Bce, che prende ordini dalla Bundesbank tedesca.
Italia da salvare?
Il caso dell’Italia è ovviamente molto diverso: qui il patrimonio pubblico, e privato, su cui allungare le unghie è ancora gigantesco. L’immenso settore della sanità pubblica, il sistema previdenziale, i servizi, l’Eni, le ferrovie, la Cassa Depositi e Prestiti. La polpa su cui i creditori internazionali vogliono allungare le unghie è sostanziosa. Ed è proprio per salvare questi patrimoni, indisponibli se non si vuole incidere sui livelli minimi di civiltà, che la proposta del governo in pectore è doverosa. Certo, i poteri finanziari sovranazionali sanno che il meccanismo del debito è fatto proprio per quello: perché i soldi che l’Italia ha incassato attraverso l’acquisto della Bce del suo debito pubblico, come da manuale, altro non sono serviti che a ripagare gli interessi, e in minima parte il capitale, già presenti sul debito storico. E’ ovviamente un meccanismo perfetto, il cui termine arriva quando un paese diventa come la Grecia. In questo contesto, come definire la sinistra italiana che difende le banche e gode del rialzo dello spread: che, in definitiva, sorride di fronte alla democrazia moribonda del nostro paese, colpita a morte dal suprematismo finanziario? La sinistra italiana, questa sinistra, deve essere superata per sempre: "Sono dei falliti, devono finire al posto che gli compete: nella pattumiera della storia".
Ce la faranno?
Il tentativo di Lega e M5s con molta probabilità naufragherà per il secondo, che ha già dimostrato, laddove giunge al potere, che nel momento del coraggio si tira indietro. A Torino Chiara Appendino tempo fa poneva la «rinegoziazione del debito» – lei ha studiato alla Bocconi e sa che non si dice mai, in nessun caso, cancellazione – al primo punto della sua visione politica. Oggi, al primo punto della sua politica reale c’è il pragmatismo. Torino è la città più indebitata d’Italia, sempre più avvolta da un declino paradigmatico: ogni giorno, ogni mese, ogni anno paga il suo tributo alle banche che detengono il debito, nonché alla nuova santa inquisizione laica italiana: la Corte dei Conti.
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