27 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Sulla testa dell'ex Ministro l'accusa di «alto tradimento»

Chi è il vero «traditore»? Varoufakis (con il piano B) o Bruxelles?

Dopo le notizie sul piano B studiato da Varoufakis, sulla testa dell'ex Ministro potrebbe pendere l'accusa di «alto tradimento». E' vero, l'uscita dall'euro non era contemplata nel mandato elettorale; ma in tutta questa storia, chi è il vero traditore?

ATENE – Sembrava non potesse più aggiungere nulla al suo «show». E invece, il colpo da maestro di Yanis Varoufakis doveva ancora arrivare: ed è giunto con i 24 minuti di una telefonata intercorsa lo scorso 16 luglio con i top manager di Londra. Il colloquio non lascia dubbi: si parla di un piano B – studiato nel dicembre 2014, prima delle elezioni – che prevedeva un sistema di pagamento «ombra» basato sul sito dell’Agenzia delle entrate greca, un sistema che preludeva a un ritorno alla dracma da attuare in caso di fallimento dei negoziati. Il risultato? Una richiesta di citazione in giudizio dalla Corte Suprema del Parlamento greco a carico dell’ex Ministro, corredata da una probabile accusa di «alto tradimento».

Varoufakis sperava in un Grexit?
Una vicenda che apre numerosi interrogativi. Uno su tutti: Syriza è stata eletta con il preciso mandato di negoziare un’intesa sostenibile con i creditori internazionali, che possibilmente comprendesse l’abbattimento di parte del debito ellenico. Un ritorno alla dracma, dunque, non era contemplato dagli elettori. Varoufakis lo ammette esplicitamente in un passo della telefonata, la cui parziale trascrizione è disponibile sul Financial Times: «Devo ammettere che non abbiamo un mandato per far uscire la Grecia dall’euro» – dice l’ex Ministro. Eppure, per Varoufakis quel mandato è comunque «estendibile» al punto che, «se non avremo un accordo attuabile, potremmo considerare di uscire dall’euro». Non solo: l’ex ministro dichiara esplicitamente ai suoi interlocutori  che l’opzione Grexit sarebbe a suo parere assolutamente percorribile: «Penso che l’accordo non sia fattibile e che il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble sia assolutamente ostinato a effettuare un Grexit».

Nuova lettura delle dimissioni
Parole importanti, che illuminano retrospettivamente le vicende dell’ultimo mese. Le dimissioni di Varoufakis sono dunque dovute a un disaccordo con Alexis Tsipras, convinto invece di percorrere la strada del negoziato? La questione è più complessa di quello che sembra, dato che il premier greco avrebbe dato, ancor prima della vittoria elettorale, il via libera alla concertazione del famoso piano B. Di certo, però, la fase due, la trasformazione delle risorse economiche in moneta digitale, aveva bisogno del via libera di Tsipras, che non è mai arrivato. Altro punto bollente del nastro, la parte in cui si allude all’uso sistemi di hackeraggio: nonostante le smentite di Varoufakis, è divenuto l’ingrediente perfetto da film di spionaggio che ha ingolosito la stampa internazionale.

A caccia del traditore
Arriviamo al punto: l’accusa di «alto tradimento». Per i ricorrenti, l’ex Ministro avrebbe di fatto «tradito» il mandato ricevuto con le elezioni, che non contemplava il ritorno alla dracma. Ma una domanda sorge spontanea: chi ha davvero «tradito» il popolo greco? Varoufakis, che, consapevole che un accordo capace di «salvare» davvero la Grecia non sarebbe mai stato raggiunto, ha provato a studiare un modo per uscire dalla «gabbia europea»? Forse, piuttosto, lo stesso Tsipras, che nonostante la vittoria del «no» ha firmato un accordo ancora più drammatico pur di rimanere nell’eurozona? Oppure l’Europa stessa, che ha ormai palesemente disatteso i valori su cui un tempo è stata fondata? Di fronte all’evidenza che i creditori non avrebbero mai concesso alla Grecia un accordo capace di salvarla dalla rovina, chi è il traditore di Atene e dell’Europa tutta? Varoufakis, o Bruxelles?