26 aprile 2024
Aggiornato 05:30
Tsipras: «Democrazia e giustizia sono dalla nostra parte»

Referendum Grecia, trionfa il «no» ma la Merkel sbatte la porta

In Grecia ha vinto il «no». Distinguo, timori, paura dell'ignoto e inquietudine diffusa sono stati spazzati via da un risultato inequivocabile. La gente, sopraffatta per sei anni da mostruosi sacrifici e privata della speranza, ha scelto l'orgoglio e la fierezza.

ATENE (askanews) - Alexis Tsipras ha vinto la prima metà della sua scommessa: il referendum sul piano di aiuti internazionale ha visto trionfare il «no» con oltre il 60% dei consensi, un risultato molto al di là di quanto augurassero i sondaggi dei giorni precedenti il voto.

Un esito che rafforza la posizione di Tsipras e di Syriza, e gli conferisce un ulteriore legittimazione popolare per continuare a negoziare: «Democrazia e giustizia sono dalla nostra parte», ha detto il premier nel suo discorso postelettorale. Convincere l'Europa - e in particolar modo la Germania - potrebbe esser assai più difficile, e questa è di fatto la parte più complicata della scommessa greca.

Le prime reazioni da Berlino sono infatti gelide: Angela Merkel non ha parlato, ma al posto suo lo ha fatto il suo vice - e leader socialdemocratico - Sigmar Gabriel, che non ha usato mezzi termini: con il «no» «la Grecia ha bruciato i ponti con l'Europa, è difficile immaginare dei nuovi negoziati» sugli aiuti.

La speranza di Atene radica dunque nelle divisioni emergenti fra gli schieramenti in seno ai creditori: dopo lo studio del Fondo Monetario Internazionale sulla possibile necessità di ristrutturare il debito greco, la Bundesbank si è inaspettatamente unita al coro della cautela riguardo a uno scenario del Grexit, che potrebbe costare caro alla casse tedesche.

Sul fronte politico poi va registrato il possibilismo di Hollande - l'unico finora ad aver parlato con Tsipras dopo il voto - possibile argine all'intransigenza tedesca: la questione varrà affrontata domani a cena con Merkel, prima del vertice delle'Eurogruppo convocato per martedì; al momento i due dirigenti si sono detti d'accordo sulla «necessità di rispettare il voto» dei greci, affermazioni che a Parigi e Berlino e suscettibile di interpretazioni ben diverse.

Hollande - così come il governo italiano, per bocca del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni - sarebbe favorevole a riaprire i negoziati, concordando in tal senso sull'interpretazione del voto data da Tsipras: non un referendum sul rimanere o uscire dall'Europa, ma un ulteriore strumento di trattativa.

Il premier greco è stato più esplicito: un referendum non sullo stare in Europa, ma in quale Europa, quella della solidarietà e non della «austerità a senso unico»; resta da vedere se ne troverà a sufficienza a Bruxelles, con il primo appuntamento in agenda quello con la Bce per riattivare le linee di credito alle banche per evitare una crisi di liquidità ormai imminente.

La Commissione da parte sua si è limitata a registrare il «rispetto» dell'esito del voto e a convocare per lunedì una teleconferenza fra Jean-Claude Juncker, Mario Draghi e il responsabile dell'Eurogruppo, Jeroen Djisselbloem. Il presidente dell'europarlamento, Martin Schulz - che si era schierato a favore del «sì» - ha auspicato per la Grecia degli «aiuti umanitari».

Chi, forse non disinteressatamente, ritiene il voto come «un primo passo» greco verso l'uscita dalla moneta unica è la Russia, sebbene il viceministro delle Finanze Alexei Likachev abbia prudentemente aggiunto come sia ancora «prematuro» prevedere se Atene «andrà fino in fondo» su questa strada, magari aprendo la porta a qualche credito - e a una maggiore influenza - russo, che Bruxelles difficilmente vedrebbe di buon occhio: altra carta sulla quale uno Tsipras ormai ampiamente legittimato potrebbe puntare in sede negoziale.