4 ottobre 2024
Aggiornato 13:00
Il sindacato festeggia

Firmato il nuovo contratto dei metalmeccanici. Come vince il modello Marchionne

Anche la Fiom si arrende e riconosce che non c'è alternativa in Italia. L'obiettivo finale? Il passaggio graduale alla sanità privata e il solito vecchio gioco: la svalutazione del lavoro

L'ad di Fiat Chrysler Sergio Marchionne
L'ad di Fiat Chrysler Sergio Marchionne Foto: Shutterstock

ROMA - Sembrano passati mille secoli dal referendum di Mirafiori del 2011, quando la Fiom di Landini si scontrò con la Fiat di Marchionne, uscendo sconfitta per un soffio. Fu una battaglia epocale, che vide l'utilizzo di toni millenaristi soprattutto da parte della Fiom. In solo cinque anni le posizioni dei contendenti si sono uniformate e solo pochi giorni fa è stato firmato il nuovo contratto nazionale dei metalmeccanici. Il nuovo contratto quadriennale, sottoscritto da tutte le sigle sindacali, ricalca il contratto Fiat imposto con due differenti referendum prima a Melfi e poi a Torino.

Il passaggio graduale alla sanità privata
Il nodo che è stato accettato, o superato, è importante: il sindacato apre ancor più alla contrattazione di secondo livello, che a questo punto diventa il vero campo dove si fanno gli accordi. Il primo livello, ovvero nazionale, è solo più un velo che salva l’estetica. In cambio Federmeccanica riconosce aumenti di 92 euro tra busta paga e welfare, ed estende la copertura assicurativa integrativa a tutti i metalmeccanici. Di fatto è un successivo passo verso la privatizzazione del sistema sanitario. Gli aumenti inoltre sono legati all’inflazione, prevista al 2,7%: un obiettivo altamente improbabile data la deflazione in corso. Il sindacato quindi deve fare i conti con la dura realtà della globalizzazione, prendendo atto che la crisi del manifatturiere persiste, e anzi diverrà sempre più pesante.

Il solito gioco: la svalutazione del lavoro, visto che la moneta non si può toccare
Ovviamente questo scenario porta ad una ulteriore frenata nei consumi che acuisce la spirale deflattiva in cui si trova il paese. Lo schema rimane lo stesso, quindi: svalutazione del costo del lavoro che impedisce una ripresa nazionale serie. Con l'euro, e quindi con il cambio bloccato, l'Italia non può fare altro. Festeggiano il presidente del consiglio Matteo Renzi e il ministro del lavoro Poletti, per l'accordo raggiunto. Festeggia il sindacato che farà parte degli enti bilaterali con cui verranno gestiti i fondi per la previdenza integrativa privata. Un buon business che va ad aumentare i magri introiti derivanti dalla gestione dei Caf e dell'ormai irrisorio tesseramento.