16 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Politiche europee

La super manovra espansiva di Bruxelles s'infrange sul surplus tedesco

La Commissione europea ha deciso di utilizzare uno stimolo fiscale, pari allo 0,5% del Pil dell'Eurozona, per supportare la crescita economica di Eurolandia. Ma è difficile credere che la Germania sarà disposta a collaborare

La cancelliera tedesca, Angela Merkel.
La cancelliera tedesca, Angela Merkel. Foto: Shutterstock

ROMA – Per la prima volta nella storia dell'Unione Europea, la Commissione raccomanda nel 2017 una espansione di bilancio fino a mezzo punto di Pil della zona euro, che corrisponde a circa 50 miliardi di euro. L'obiettivo è quello di utilizzare questo stimolo fiscale per sostenere una ripresa economica (quale?) che arranca, e non solo nei paesi leader del vecchio Continente. Ma davvero basteranno 50 miliardi di euro per uscire dalla crisi? E la Germania sarà disposta a collaborare? Secondo l'economista francese, Romaric Godin, la risposta è una soltanto per entrambe le domande: no.

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Uno stimolo fiscale per coadiuvare la crescita economica
Sono trascorsi circa due anni e mezzo dalla chiamata alle armi della BCE. Ma, seppur con un significativo ritardo, alla fine la Commissione europea ha risposto all'appello di Mario Draghi che, nella riunione annuale dei banchieri centrali a Jackson Hole, il 22 agosto 2014, aveva chiesto con una certa insistenza un'azione complementare tra la politica monetaria e la politica fiscale per vincere la crisi economica. La Commissione ha preso in carico la questione solo il 16 novembre 2016 (meglio tardi che mai) decidendo di mettere a disposizione lo 0,5% del Pil dell'area euro per sostenere la politica monetaria ed evitare il surriscaldamento dell'economia. Uno stimolo fiscale aggiuntivo, in pratica, pari a 50 miliardi di euro che dovrebbe servire a coadiuvare una crescita ancora troppo lenta e che stenta a consolidarsi.

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Dove trovare questi 50 miliardi di euro?
Sembra una bella notizia, in effetti. Ma secondo l'economista francese Romaric Godin questa cifra manca di ambizione. Secondo gli stessi dati forniti dalla Commissione europea, dovrebbe raggiungere almeno quota 80 miliardi di euro per colmare il gap esistente tra la crescita reale e la crescita potenziale di Eurolandia. I conti, dunque, non tornano. E lo stimolo fiscale pari allo 0,5% del Pil sembra poco più di un contentino per placare gli appetiti del governatore Draghi. Tuttavia, che sia necessario intervenire per coadiuvare la ripresa (quale ancora non ci è dato sapere) è poco ma sicuro, perché il rischio (quasi certezza) è che l'andamento «leggermente positivo» dell'economia nel 2016 diventi solo un ricordo nel 2017 perché l'effetto delle manovre espansive della politica monetaria della BCE potrebbe tornare «neutrale». Il problema ora è dove trovare questi 50 miliardi di euro, che sono pochi (pochissimi rispetto alle esigenze dell'UE) ma meglio di niente.

La raccomandazione della Commissione resterà lettera morta
Bruxelles è tornata a ripetere uno dei suoi mantra preferiti: «i paesi che hanno più margini di manovra dovrebbero utilizzarli». E il riferimento è evidentemente alla Germania di Angela Merkel. La Commissione, in effetti, ha un'arma a sua disposizione per far valere le sue ragioni: potrebbe avviare una procedura correttiva nei confronti del surplus commerciale della locomotiva (o zavorra) tedesca perché la cara Germania viola da anni le regole di Maastricht. La sua bilancia commerciale infatti continua superare allegramente il limite del 6% del Pil (nel 2015 ha raggiunto il 7,5%) e lo stesso accadrà almeno fino al 2017. Chiedendo a Berlino di correggere il suo surplus, potrebbe attuare la sua raccomandazione fiscale. Ma la Germania accetterà di andare incontro alle richieste dell'UE? Secondo Romaric la risposta è «no». Per i tedeschi, infatti, l'unico problema degno di essere chiamato tale è quello del «deficit», non quello del «surplus». Nel primo caso si tratta di una «colpa morale», non di un fenomeno economico. Nel secondo caso, invece, la parola «colpa» lascia il posto al termine «virtù» e i tedeschi non accetterebbero mai di pagare per quella che ritengono essere una forma di superiorità rispetto agli altri paesi di Eurolandia. Per questo, la Commissione finirà col rinunciare alla propria raccomandazione non avendo il potere di farla rispettare dall'economia più forte del continente.