29 marzo 2024
Aggiornato 16:30
L’enigma di Forrest Gump

Il Fmi ammette che la globalizzazione fa male. «Scusi, ma lei è pazzo o solo completamente stupido?»

Uno studio prodotto da tre ricercatori del Fondo monetario internazionale «Neoliberalism: Oversold?» è una dura accusa a tutta l’impalcatura ideologica dell'istituzione finanziaria. Il caso Grecia è emblematico

Christine Lagarde, presidente del Fondo monetario internazionale (Fmi)
Christine Lagarde, presidente del Fondo monetario internazionale (Fmi) Foto: Shutterstock

WASHINGTON - «Vi sono stupidaggini ben mascherate, al pari di sciocchi molto ben vestiti» (Nicolas de Chamfort, Massime e Pensieri, 1795). «Nascondi chi sono, e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni» (William Shakespeare). Oppure si potrebbe ricordare «Forrest Gump», quando la signora seduta di fianco allo strampalato Forrest domanda: «Ma lei è pazzo o solo completamente stupido?». I guru del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) sono delle maschere mentitrici, oppure sono pazzi, oppure sono completamente stupidi? Tutti e tre questi elementi combinati è l’ipotesi più probabile. Oggi, dopo trenta anni di fanatismo religioso globalizzatore, è giunta l’apparente conversione. Il Fondo monetario internazionale giudica così la globalizzazione: «Causing not only inequality, but also making capital markets unstable», che si traduce in un sorprendente «causa di ineguaglianza e creatrice di instabilità sui mercati».

Neoliberalismo ipervenduto?
Ci sarebbe da scomodare la figura di Paolo di Tarso, ma siamo di fronte solo a dei microscopici meschini che fiutano l’odore dei tempi, e non a chi fu disposto a pagare con la vita per le sue idee. La notizia in ogni caso è ghiotta: uno studio prodotto da tre ricercatori del Fmi - Jonathan D. Ostry, Prakash Loungani, Davide Furceri - prende un titolo che non lascia spazio ad interpretazioni: «Neoliberalism: Oversold?», il «Neoliberismo è ipervenduto?» si domandano retoricamente. Inflazionato, come le ciabatte di plastica prodotte dai cinesi, non vale più nulla? Il testo è una dura accusa a tutta l’impalcatura ideologica del Fmi espressa negli ultimi trenta anni, il tutto in termini netti e pesanti. Viene descritto un mondo dove le regole prodotte hanno facilitato i crash del sistema economico, dove la polarizzazione economica è divenuta estrema, dove le crisi debitorie sono diventate strutturali. Un passaggio su tutti: «L’incremento della polarizzazione generato dalle aperture finanziarie e dall’austerità ha tagliato la crescita, ciò che l’agenda neoliberale perseguiva. Ciò che è accaduto dimostra che i politici dovrebbero essere più aperti a norme che prevedano una redistribuzione delle ricchezze».

La natura ambigua del Fmi
Non è la prima volta che il Fmi gioca con i significati, anche perché la sua natura è da sempre ambigua. Nato da un’idea di John Keynes e Harry Dexter White, il primo avrebbe voluto costruire una sorta di fondo cooperativo non speculativo mondiale, il secondo una banca tout court. Prevalse la seconda visione ideologica, vestita però con gli indumenti più presentabili nella buona società della prima. Articoli come quello prodotto sono, come da tradizione, il vestito buono da indossare quando le cose vanno male, quando è necessario rifarsi un’immagine. In gergo tecnico di chiama blue washing, gemmazione dell’originario green washing.

Il top del "blue washing"
Nei primi anni del nuovo millennio, dopo aver devastato le economie di mezzo mondo, si ebbe un capolavoro di tale tecnica: la campagna mondiale di cancellazione del debito. Portata avanti da pop star globali, in primis i sempre sugli attenti U2 e dal nostrano Jovanotti, vennero cancellati dal Fmi alcuni debiti dei Paesi più poveri del mondo. Debiti totalmente inesigibili, già iscritti a bilancio come perdite. Il Fmi passò quindi da usuraio ad eroe filantropo amico dei poveri. «L’eterno ritorno del sempre uguale» come diceva Nietzsche non passa mai di moda. E quindi oggi ai compassati articoli accademici dove i santoni del Fmi si battono il petto e ripetono «culpa, mea culpa, mea maxima culpa», vengono accoppiate surreali manovre note come «taglio del debito greco». I titoloni più recenti giubilavano l’accordo. Il buon governante di sinistra rivoluzionario illuminato trova un accordo con i banchieri che poi tanto cattivi non sono: pace fatta, l’amore trionfa, i greci nuovamente pronti a sguazzare nella ricchezza e nel lusso.

Stupidi, pazzi, o entrambi?
E qui torna l’enigma di Forrest Gump: stupidi o pazzi? O entrambi? Sufficiente è stata la notizia secondo cui il governo Tsipras, con una timida lettera, starebbe tentando un minima resistenza in tema di vendita di crediti con garanzia pubblica, e restituzione da parte dei pensionati più poveri di un ridicolo benefit chiamato «ekas», pari a cento milioni di euro. Chiedere la restituzione di una cifra così irrisoria ha a che fare non con i bilanci da far quadrare, ma con l’umiliazione e il sadismo. Ma soprattutto la troika, di cui il Fondo monetario internazionale – oggi filantropo – fa orgogliosamente parte, pretende una protezione legale tombale rispetto l’operato dei manager delle multinazionali che stanno comprando la Grecia venduta a pezzi, come al mercato del pesce. I pubblici ministeri della magistratura greca stanno accusando alcuni manager di aver creato un danno erariale alle casse del Paese. La troika quindi chiede a Tsipras di poter fare ciò che vuole in Grecia.

Cosa sta succedendo in Grecia
Quindi, ricapitolando: la minima resistenza del governo greco ha già cancellato promesse e inni alla gioia di quando la troika, su pressione della nota filantropa Christine Lagarde presidente del Fmi, promise una taglio del debito, inesigibile, nel 2018 e nuovi crediti, miseramente spacciati dai media come «aiuti». Il governo greco di Alexis Tsipras dimostra che dopo essersi venduti ai lupi del Fmi, anche se questi producono sorprendenti analisi in cui ammettono con un certo orgoglio in che misura stanno distruggendo la civiltà, non puoi più riscattarti (LEGGI ANCHE "Grecia: dove inizia la fine degli stati nazione, per finanziare le banche").