29 marzo 2024
Aggiornato 10:30
Commissariamenti, scandali politici e aggiotaggi

Cosa sta succedendo alle banche italiane?

Sedici gli istituti di credito commissariati, incursioni della Guardia di Finanza, scandali politici che coinvolgono gli uomini (e le donne) cari a Renzi, accuse di insider trading e un decreto piuttosto ambiguo per riformare le popolari. Ecco l'identikit dello stato di salute delle nostre banche.

ROMA - Sedici gli istituti di credito commissariati, incursioni della Guardia di Finanza, scandali politici che coinvolgono gli uomini (e le donne) cari a Renzi, accuse di insider trading e un decreto piuttosto ambiguo per riformare le popolari. Ecco cosa sta succedendo alle banche italiane.

SONO SEDICI LE BANCHE COMMISSARIATE IN ITALIA - Avanti un'altra. Dopo la Banca dell'Etruria è ora la volta della Veneto Banca, sulla quale è appena iniziata la doppia inchiesta della Consob e della Procura di Roma per delle presunte operazioni anomale registrate prima del 16 gennaio. Si parla già di commissariamento, ma la Veneto Banca non è che l'ultima arrivata di una lunga serie, e di certo è in buona compagnia. Sono almeno sedici – ad oggi - gli istituti di credito italiani commissariati dalla Banca d'Italia. Eccole qui, dalla Banca Padovana all'ultima arrivata: la BCC di Terra d'Otranto; l'Istituto per il Credito Sportivo; la Cassa di Risparmio di Ferrara; la Cassa di Risparmio di Loreto (gruppo bancario Banca delle Marche); Cassa di Risparmio di Chieti; Banca Popolare dell'Etna; Banca Popolare delle Province Calabre; la Banca Romagnola Cooperativa; la BCC Irpinia; la Banca Padovana Credito Cooperativo; Banca Marche; la Cassa Rurale di Folgaria; il Credito Trevigiano; la BCC Banca di Cascina; la Banca Brutia; la Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio. Partiamo proprio da quest'ultima, per capire cosa sta accadendo ai nostri istituti di credito.

IL CASO DELL'ETRURIA - Con il commissariamento della «banca dell'oro», l'istituto aretino famoso per la sua storia da intermediario nel metallo prezioso, si alza il sipario su un altro scandalo politico dei nostri giorni, che ci permette di capire meglio alcuni degli interessi nascosti dietro il celeberrimo decreto sulle banche popolari promosso energicamente dal governo Renzi. La Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio è stata commissariata lo scorso 11 febbraio, quando non è stato più possibile nascondere lo status quo: conti in rosso pari a 140 milioni di euro. A mettere in ginocchio l'istituto di credito aretino è stata la cambiale a scadenza dei crediti problematici: finanziamenti consistenti da molti milioni l'uno, concessi senza aver frazionato il rischio a imprenditori evidentemente «amici», ma del tutto inaffidabili. E' il caso, per esempio, di Francesco Bellavista Caltagirone e Pierino Isoldi, che hanno finanziato le loro attività grazie ai prestiti aretini. Il primo è stato recentemente coinvolto nell'indagine sul crac del Porto di Imperia: il fallimento della sua società, la Acquamare srl, ha volatilizzato in meno che non si dica quei 11,5 milioni di euro che l'Etruria aveva investito nel progetto. Altri 10,3 milioni se ne sono andati per quel Pierino Isoldi, condannato in Cassazione a 12 anni di carcere per aver picchiato l'amante in stato di gravidanza, la cui Isoldi Holding Spa risulta tutt'ora in liquidazione. La storia dei cattivi investimenti dell'Etruria sarebbe simile a quella degli altri sedici istituti commissariati, se non fosse per quel suo vicepresidente, che si chiama Pier Luigi Boschi ed è il papà del Ministro delle Riforme Maria Elena.

INSIDER TRADING DA LONDRA A PALAZZO CHIGI - Il Ministro Boschi ha subito messo le avanti avanti, tweettando sul web un'arringa degna della sua professione: «Ora che l'Etruria è stata commissariata la smetteranno di parlare di privilegi», ha scritto l'ex avvocatessa in sua difesa. Ma davvero, a questo punto, poteva essere evitato il commissariamento dell'Istituto aretino, una volta aperto il vaso di Pandora dei suoi peccati? O piuttosto questa è solo la conferma di un sistema di ingerenze e connivenze tra la politica di Palazzo Chigi il mondo degli affari nostrano? Nella settimana tra il 19 e il 23 gennaio 2015, a seguito dell'annuncio del decreto sulle banche popolari da parte del premier Renzi, il valore di ogni singola azione dell'Etruria è balzato in alto, fino a raggiungere quota + 62,17%. E in quattro giorni i titoli dell'istituto sono aumentati del 62,17% a fronte di un andamento del comparto bancario dell'8,68%. Da notare che il più attivo di tutti, in questo vistoso fenomeno di spostamenti e compra-vendite azionarie, è stato il fondo di Davide Serra, a Londra, famoso per essere il braccio destro e consigliere del premier in materia di finanza. Qualcuno ha saputo investire bene sulle plusvalenze, o magari è stato messo al corrente di informazioni privilegiate e confidenziali. Il sospetto di insider trading, viste come sono andate le cose, ci sta tutto.

ECCO COSA È SUCCESSO ALLE BANCHE ITALIANE - Ma la questione della condizione delle banche italiane è ben più complessa e articolata, e non si ferma di certo ai legami familiari del Ministro Boschi con la Banca dell'Etruria. Subito dopo lo scoppio della crisi internazionale, si credeva che i nostri istituti sarebbero stati capaci di uscirne quasi indenni. E, in effetti, se la sono cavata inizialmente molto meglio delle altre banche straniere. Ma ciò si deve essenzialmente al ritardo col quale sono state metabolizzate le nuove, tossiche, regole già acquisite altrove. La condotta delle nostre banche risultava più meritevole perché regolamentata da leggi interne e nazionali più severe e rigorose. Quando abbiamo deciso di inseguire l' «innovazione finanziaria» delle omologhe europee le cose sono cambiate, e anche da noi sono iniziati i guai. Molti istituti sono entrati in crisi per malagestione e per crediti concessi senza frazionamento del rischio, che hanno comportato un aumento vertiginoso delle sofferenze lorde. Accanto alla crisi, fenomeno congiunturale ed esogeno, ci sono responsabilità endogene legate a scelte sbagliate: una ingiustificata sovraesposizione degli istituti in moltissimi settori, soprattutto in quello immobiliare. Accanto a ciò, emergono numerosi fenomeni di corruzione e scandali di varia natura. Dalla Padovana all'Etruria, come abbiamo visto, la lista è piuttosto lunga. E' bastato allentare le catene che legavano le mani ai nostri istituti per vederne lievitare la cattiva condotta. E quello della Boschi non è che un esempio tra tanti, una delle tante pedine del gioco finanziario internazionale cui partecipano le nostre banche, perfettamente a loro agio all'interno delle regole della finanza globale. Regole che privilegiano sempre di più gli interessi di pochi a quelli di molti.