MILANO - La storia del Milan targato Silvio Berlusconi, iniziata poco più di un trentennio fa, è anche la storia di tanti allenatori, da Ancelotti a Zaccheroni, passando per Allegri, Inzaghi, Seedorf, Terim, Tabarez etc. etc. Non tantissimi in verità, 14 per la precisione, ma comunque troppi per una società che ha sempre sbandierato con orgoglio una netta idiosincrasia verso il concetto di esonero.
Certo, questo fino a quale anno fa. Poi sono arrivati gli ultimi devastanti 30 mesi, caratterizzati dai 5 allenatori alternatisi sulla panchina rossonera e dalla cosiddetta «sindrome Zamparini» che ha colpito Berlusconi, e il numero dei tecnici è lievitato inesorabilmente.
Liedholm, il primo esonerato
Tutto cominciò nel febbraio 1986 con Nils Liedholm, uno che alla guida del Milan aveva già vinto il celebrassimo scudetto della Stella nel 1978-79. Il serafico Barone riuscì a resistere poco più di 12 mesi, poi «Sua Emittenza» - come veniva chiamato in quel periodo - perse la pazienza e lo licenziò a 5 giornate dal termine, chiamando a sostituirlo un giovanissimo e riccioluto giovanotto di nome Fabio Capello. All’ex centrocampista friulano toccò il compito di traghettare la squadra (allora c’erano già Baresi, Donadoni, Massaro, Tassotti, Virdis, Giovanni Galli, Costacurta, Filippo Galli, Evani, Maldini, praticamente lo zoccolo duro che avrebbe portato il Milan in cima al mondo) alla fine della stagione, conquistando anche un posto in Europa dopo uno spareggio vincente contro la Sampdoria.
Capello trait d’union
Impossibile non trovare più di un’analogia con la situazione vissuta dal Milan di oggi: Mihajlovic come Liedholm, esonerato a sei giornate dal termine, e un allenatore esordiente, Brocchi come Capello, chiamato a condurre i rossoneri in Europa attraverso uno spareggio che in questo caso è una finale di Coppa Italia.
Per la cronaca, nel 1987 l’avventura di don Fabio sulla panchina del Milan si concluse subito perchè a Milanello era nel frattempo arrivato Arrigo Sacchi dal Parma, chiamato a dare il via alla stagione dei trionfi, poi proseguita dallo stesso Capello qualche anno dopo.
Brocchi come Capello
Logico che ad animare le ormai anestetizzate speranze dei tifosi milanisti siano i famosi corsi e ricorsi della storia. Proviamo ad esempio a immaginare che Cristian Brocchi possa condurre il Milan in Europa per poi lasciare la panchina a un altro allenatore capace di iniziare un ciclo vincente (Di Francesco come Sacchi?), per poi tornare tra qualche anno a Milanello e proseguire la striscia di vittorie rossonere.
Una chimera, un miraggio, un’illusione; un sogno probabilmente irrealizzabile, almeno fin quando l’attuale proprietà non riuscirà a ribaltare l’attuale status quo societario e la crisi irreversibile che sembra aver avviluppato il derelitto Milan, con una manovra netta e decisa quale ad esempio la cessione della società.
La Cina bussa ad Arcore
I nuovi investitori cinesi, evaporata la suggestione Mister Bee, continuano a bussare alla porta di Arcore, ma Silvio Berlusconi ancora nicchia. Ora però forse anche lui, spinto dalla famiglia e dalla Fininvest, sembra aver finalmente capito che l’unico modo per risollevare il Milan è metterlo in mani solide e robuste. Sicuramente più delle sue, ormai invecchiate e segnate dalle macchie del tempo.
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