29 marzo 2024
Aggiornato 10:00
Manovra finanziaria

Una finanziaria «da incoscienti»? No, l'unica possibile per rilanciare l'Italia

Il 2,4% di deficit/Pil non è una scommessa folle del governo Conte, ma è in linea con tutti gli altri Paesi del mondo, che proprio così sono usciti dalla crisi

Il vicepremier Luigi Di Maio e i ministri del M5s affacciati dalle finestre di palazzo Chigi
Il vicepremier Luigi Di Maio e i ministri del M5s affacciati dalle finestre di palazzo Chigi Foto: Ufficio stampa palazzo Chigi | Filippo Attili | ANSA ANSA

ROMA – Il numero che sta facendo strappare i capelli all'opposizione italiana, alle istituzioni europee e ai mercati finanziari internazionali (in rigoroso ordine d'importanza) è uno solo: 2,4%. Ovvero, il rapporto deficit/Pil che il governo Conte ha deciso di mettere nero su bianco sul suo primo Decreto di economia e finanza. In pratica, la percentuale alla quale l'esecutivo è disposto ad indebitarsi per finanziare le promesse che ha scritto sul contratto di programma. Su questa cifra il tira e molla tra i ministri si è prolungato fino all'ultimo momento utile: con Di Maio e Salvini che spingevano per alzarla il più possibile, e Tria, nel suo ruolo di garante dell'Europa, arroccato sulla trincea dell'1,6%.

Niente di assurdo
La vittoria politica di M5s e Lega, e dunque la decisione definitiva di sfondare il muro del 2% di deficit, è stata accolta dall'opposizione come un atto sostanzialmente eversivo, potenzialmente catastrofico: «È da incoscienti», ha strillato il piddino Boccia; «Rischi drammatici», ha rincarato la dose il suo compagno di partito Fiano; il forzista Brunetta ha parlato di «terremoto sui mercati». Ma davvero i gialloverdi sono dei pazzi furiosi, che hanno deciso di esporre l'economia italiana a pericoli senza precedenti? Ecco, la risposta è no: e a dircelo non sono le opinioni politiche, ma le fredde statistiche. Negli ultimi dieci anni, infatti, il famigerato deficit/Pil non è mai (mai!) sceso sotto la fatidica barriera del 2%. Sotto il governo Renzi ha sempre oscillato tra il 2,5 e il 2,6, per toccare addirittura quota 3% nel 2014. E sempre il 3% è stato raggiunto perfino nel 2012, regnante il sobrio tecnico rigorista Mario Monti. Anche se guardiamo all'estero, non è che le cose vadano molto diversamente. La Francia ha sforato per dieci anni consecutivi (dal 2007 al 2017) la soglia del 3% prevista dai parametri di Maastricht, e anche l'anno scorso ha comunque mantenuto il 2,6%. Pure la Spagna nel 2017 si è assestata sul 2,6%, dopo aver però superato il 4% nel 2016, il 5% nel 2015, addirittura il 10% nel 2012: proprio lo stesso periodo in cui scavalcava, per la prima volta, il nostro Paese in termini di crescita. Nemmeno le procedure d'infrazione aperte in questi casi dall'Unione europea hanno mai rappresentato un ostacolo, visto che all'atto pratico non si sono poi tradotte in sanzioni. Quanto agli Stati Uniti, poi, che ovviamente non si devono preoccupare delle regole continentali, sotto Obama il rapporto deficit/Pil americano ha ampiamente sforato perfino il 12%.

Il coraggio è scomodo
Insomma, così fan tutti. E non perché i presidenti dell'intero globo siano diventati capricciosi o spendaccioni, ma semplicemente perché la spesa pubblica è, come è evidente, l'unico strumento a disposizione degli Stati per stimolare la ripresa economica e produttiva. Aumentando il deficit, cioè spendendo di più, americani, spagnoli e francesi sono usciti dalla crisi. Restando fedele alla fallimentare ricetta dell'austerità e ai famigerati parametri europei, invece, l'Italia non solo non è riuscita ad innescare la crescita, ma è finita addirittura per peggiorare il suo rapporto debito/Pil, perché contemporaneamente al primo diminuiva anche il secondo. Dunque, se tutti i governi italiani e mondiali si sono sempre comportati in questo modo, perché tanto rumore intorno alla manovra gialloverde? Forse la questione non è economica, ma tutta politica: i pentastellati e i leghisti, a differenza dei loro predecessori, hanno osato battere i pugni in Europa, rifiutare i diktat che l'Unione tentava di imporre, insomma mettere le mani in quei fili elettrici che fino ad oggi sembravano intoccabili, pena la morte (della maggioranza parlamentare). Hanno dimostrato che è possibile portare avanti gli interessi dei cittadini italiani, e perfino rispettare le promesse fatte in campagna elettorale, anche a costo di scontentare qualche oscuro burocrate di Bruxelles. In altre parole, hanno ribaltato tutte le leggi non scritte che avevano indirizzato gli ultimi trent'anni della politica italiana. Un bello smacco, per tutti quelli che avevano scommesso sul loro sonoro fallimento. Non c'è da stupirsi che ora urlino e strepitino.