18 aprile 2024
Aggiornato 12:00
Si chiude, forse, l’era del «novennato»

Napolitano passa, il toto-presidente arriva

Il nuovo Senatore a vita lascia il Quirinale con l’aria di chi si è sgravato di una gran peso. «E’ bello tornare a casa», dice a chi lo incontra mentre scende dal Colle.

ROMA - Uscendo dal Quirinale il Presidente della Repubblica non ha fatto nulla per nascondere la faccia della soddisfazione che si può leggere solo in chi finalmente sente di essersi scrollato di dosso un peso diventato insopportabile. Ed è comprensibile. Anche i suoi detrattori devono riconoscere infatti che Giorgio Napolitano si è sobbarcato forse i nove anni più difficili e contorti della storia dell’Italia repubblicana.

UN NOVENNATO MOZZAFIATO- Chi non ha smesso di criticarlo fino alle sue ultime battute, anche quando ormai era fuori della scena, intento a salutare i corazzieri, obietterà che molti di quegli affanni se li anche cercati da solo.
Qualcuno si spingerà addirittura ad affermare che ha fatto di tutto per procurarli a se stesso e agli italiani. Per ora solo una cosa si può dire con certezza: verrà ricordato per essere l’unico presidente ad avere fatto un «novennato» che non si era cercato. L’unico finora ad avere portato a termine una «coda» al suo mandato che non aveva richiesto, ma subito.

UN PRESIDENTE «PRESIDENZIALISTA» - A quest’ultima precisazione va dato un rilievo ben al di là di un dovere di cronaca. E’ infatti da quella »coda» accettata di malavoglia che bisogna partire se si vuol cercare il filo conduttore degli ultimi due anni al Quirinale. Gli anni cioè che gli hanno attirato critiche di una virulenza che nemmeno Giovanni Leone era stato costretto a subire, benché costretto a lasciare il colle da presidente defenestrato.
Fin dal momento in cui ha nuovamente varcato la soglia del Quirinale sulla groppa di un voto bipartisan che nessuno (salvo un gruppo di complottisti, qualora ce ne siano stati) alla vigilia aveva previsto, Giorgio Napolitano ha assunto un piglio decisionista che più che alla Costituzione è sembrato corrispondere ad un’intima convinzione così riassumibile: «Mi avete eletto senza che io ve lo abbia chiesto, quindi da ora in poi si fa come dico io».

BERLUSCONI FATTI PIÙ IN LÀ - E il primo a fare le spese di questa investitura malamente accettata è stata proprio uno dei grandi sponsor del bis, cioè Silvio Berlusconi che forse si fece convincere dall'ipotesi di ricevere una grazia che invece non c'è stata.
Napolitano, andandosene lascia in sospeso molti interrogativi sulla storia italiana degli ultimi anni.
Sappiamo, per esempio, quasi alla lettera le parole che Oscar Luigi Scalfaro nel 1994 rivolse al Cavaliere per invitarlo a fare un passo indietro, dopo l’avviso di garanzia che era stato recapitato all’allora presidente del Consiglio in pieno vertice con Bill Clinton.
Invece probabilmente non sapremo mai quelle pronunciate da Giorgio Napolitano per convincere un Berlusconi, fino a poche ore prima disposto a comprarsi mezzo Parlamento pur di restare in sella, a scendere in fretta e furia da cavallo.
Non dovettero essere prive di foschi scenari se, in secondo momento, Berlusconi affermò senza mezzi termini «che si era trattato di un golpe». Non sapremo cosa disse in quella circostanza Napolitano, come non sapremo mai cosa spinse Berlusconi a dare il proprio gradimento, e i voti per eleggerlo, a Mario Monti, sebbene, apparentemente, sembrasse libero di pensare e di volere.

«STAISERENOENRICO» ERA VERO - Come non annoverare poi, fra i misteri della «coda» di Napolitano, il «staiserenoenrico» di Matteo Renzi? Ora che lo conosciamo meglio, potremmo mai pensare che il nostro attuale presidente del Consiglio, sveglio come è, si sarebbe fatto cogliere a dare una coltellata alle spalle dell’»amico Enrico» sotto i riflettori di Internet, se in quel momento non fosse stato sicuro di poter essere sincero? Ma se è così, che cosa fece precipitare gli avvenimenti tanto da costringere Renzi ad appiccicarsi addosso un neo indelebile e ben più vistoso di quelli che adornano la sua faccia?

BASTA STORIA, ARRIVA IL TOTO-PRESIDENTE - Bastano questi due episodi per interpretare al meglio il senso di sollievo che Napolitano ha esibito nel lasciare da semplice cittadino (ma senatore a vita) il Quirinale.
Ormai, comunque, questi interrogativi fanno parte della storia.
Ben altri interrogativi invece ci aspettano nei prossimi giorni.
Da oggi si parte infatti con il toto-presidente. Un giochetto così gradito che agli italiani fa rimuovere dalla memoria ogni avvenimento che lo precede. Si tratti pure di lasciare nel limbo dell’indistinto, oggi come ieri, parole grosse come Costituzione o golpe.
Cosa c’è di meglio, pensano gli italiani, di godersi uno spettacolo fatto di giravolte, tranelli, franchi tiratori, candidati bruciati o da bruciare? Ed è tutto gratis, pensano inoltre gli italiani.
Ma è proprio qui che si sbagliano.