19 aprile 2024
Aggiornato 16:30
Mentre l'opinione pubblica europea le mette sempre più in discussione

Ammettiamolo: le sanzioni alla Russia hanno miseramente fallito

Mentre in Europa si diffonde sempre più lo scetticismo sull'opportunità di prolungare le sanzioni alla Russia - si pensi alla recente risoluzione dell'Assemblea Nazionale francese -, ci si chiede se quei provvedimenti abbiano, perlomeno, sortito l'effetto sperato. Ma la risposta è (almeno per l'Occidente) impietosa.

Il presidente russo Vladimir Putin non pare essersi fatto impressionare dalle sanzioni occidentali.
Il presidente russo Vladimir Putin non pare essersi fatto impressionare dalle sanzioni occidentali. Foto: Shutterstock

MOSCA - Sanzioni: un termine molto caro all'amministrazione Obama, e una delle armi preferite da sfoderare contro i «nemici»:  dalla Russia all'Iran, passando per la Corea del Nord. Di certo, quelle imposte a Mosca nel 2014 a seguito dell'annessione della Crimea continuano a far discutere, soprattutto in Europa. E' noto il tentativo dell'esecutivo italiano, lo scorso dicembre, di rimetterle in discussione, tentativo poi di fatto cassato dall'Ue, che ha finito per rinnovarle. Ma ora un altro fronte contrario si è aperto nel Vecchio Continente: quello francese. L'Assemblea nazionale, lo scorso 28 aprile, si è infatti espressa - pur con un voto non vincolante - contro il prolungamento delle sanzioni a Mosca. Come interpretare un tale verdetto?

La risoluzione francese
I voti a favore della risoluzione sono stati 55, 44 i contrari e due gli astenuti. La larga maggioranza dei parlamentari era assente, e i più scettici nei confronti della Russia non hanno saputo mobilitare le forze politiche per bloccare la risoluzione. L'iniziativa è stata portata avanti dai Repubblicani, fermamente convinti che le sanzioni intralcino significativamente la cooperazione economica con Mosca. Nonostante i numeri non indichino un plebiscito a causa dell'assenza di molti parlamentari, è pur vero che la questione sta molto a cuore non solo al Partito repubblicano, ma anche all'Unione dei Democratici e degli Indipendenti. Per non parlare, poi, del Front National, che oltre a vedere l'opportunità economica di interrompere le sanzioni, aspira a costruire una più ampia partnership con la Russia in politica estera. E c'è anche chi vorrebbe rimuovere le sanzioni pur facendo parte del fronte socialista: come il ministro dell'Economia Emmanuele Macron. Ad ogni modo, le argomentazioni di chi vorrebbe che il provvedimento non venisse rinnovato possono fare facilmente presa sull'opinione pubblica. A risentire dell'embargo, infatti, sono in primis le compagnie alimentari francesi, che faticano a tornare sul mercato russo, causando gravi danni all'economia del Paese.

Un malcontento supportato da dati economici
Sebbene il voto francese non sia in alcun modo vincolante, è però evidente la sua portata simbolica. Innanzitutto, può essere un buon segnale per il Cremlino, significativo dei risultati ottenuti da Mosca nel suo tentativo di dividere l'Europa sulla questione. In secondo luogo, è una chiara spia di un dibattito mai davvero sopito nell'Unione europea. Un dibattito, del resto, che difficilmente può essere silenziato, fino a quando è supportato dai numeri. Si pensi alla stessa Francia: secondo i dati ufficiali, prima delle sanzioni tra le 6000 e le 7000 compagnie francesi esportavano i loro prodotti in Russia, e gli investimenti in totale nel Paese ammontavano a circa 12 miliardi di euro l'anno. Alla fine del 2015, l'ammontare degli investimenti è diminuito di almeno 1 miliardo. Un dato simile a quello italiano: il Belpaese avrebbe perso almeno 1,25 miliardi di euro nel settore delle esportazioni. 

Addirittura in Germania...
Ma pare che il fronte degli scettici verso le sanzioni si stia allargando, lambendo addirittura il Paese apparentemente più risoluto nel sostenere la posizione degli Stati Uniti: la Germania. Secondo un recente studio, infatti, una buona fetta dell'opinione pubblica tedesca vorrebbe togliere, o perlomeno alleggerire le sanzioni a Mosca. Un sondaggio condotto dalla Reuters per Internationale Politik mostra come il 35% dei tedeschi vorrebbe una completa rimozione dell'embargo, e il 36% un suo alleggerimento. Soltanto un 18% lo manterrebbe così com'è. 

Le sanzioni hanno funzionato?
Così, a fronte di un progressivo allargamento del fronte anti-sanzioni nell'opinione pubblica europea, verrebbe da chiedersi se le sanzioni siano state perlomeno utili, o se invece abbiano dimostrato la loro inefficacia. Di certo - è innegabile - hanno avuto l'effetto di indebolire l'economia russa, già di per sé prostrata dal crollo del prezzo del petrolio. Ma secondo l'FMI, le cose cominceranno ad andare meglio nel 2016, pur partendo da un'ulteriore contrazione del 1,5%. Al di là di ciò, rimane innegabile un dato: le sanzioni non hanno centrato l'obiettivo primario, che era innanzitutto coercitivo, quello di convincere Mosca a rinunciare alla Crimea. E se la Russia non si è arresa fino ad ora, pur sotto la pressione di indiscutibili difficoltà economiche, nulla lascia sperare che si convinca in futuro, sanzioni o non sanzioni. Il fallimento di queste ultime è ammesso addirittura dall'americano Foreign Policy, che cita una ricerca del Cato Institute e del Center for a New American Security (CNAS) che ha inequivocabilmente messo in luce la natura addirittura controproducente del provvedimento. E chissà se, al netto di questo fallimento e di una sempre maggiore perplessità dell'opinione pubblica europea, Bruxelles deciderà, prima o poi, di smarcarsi dal diktat americano. Per ora, i segnali non fanno ben sperare.