20 aprile 2024
Aggiornato 15:30
Ieri è diventato operativo. Funzionerà?

I 3 punti deboli e le 3 ipocrisie che faranno fallire l'accordo tra Ue e Turchia

E' diventato operativo ieri l'accordo tra Ue e Turchia sui migranti, con i primi rimpatri dalla Grecia. Ma gli ingranaggi di quel meccanismo sono destinati a incepparsi molto presto. Perché il «patto col diavolo-Erdogan» si basa su 3 grandi punti deboli e 3 enormi ipocrisie

ATENE - E' diventato operativo da ormai un giorno il controverso accordo siglato tra la Turchia di Erdogan e l'Unione europea nelle scorse settimane, accordo che - nell'intenzione dei contraenti - dovrebbe «sollevare» il Vecchio Continente - almeno sulla rotta turco-greca - dal «peso» delle centinaia di migliaia di profughi che ci siamo abituati ad osservare dagli schermi delle televisioni. Al sorgere del sole, sono stati circa 200 i migranti che, in prevalenza provenienti dal Pakistan e dal Bangladesh, dalle isole di Chios e di Lesbo sono stati riportati in Turchia. E intanto, sempre dalla Turchia sono arrivati i primissimi siriani in Germania, come da accordo: perché il patto prevede che, per ogni siriano illegalmente giunto sul territorio europeo e dunque respinto al di là dell'Egeo, l'Europa apra la porta a un siriano dal suo vicino mediorientale. Ci si chiederà che differenza di fondo ci sia tra quei due siriani: entrambi scappati dalla guerra e dall'Isis, entrambi potenzialmente in diritto di protezione internazionale. Questo, ad ogni modo, è il meccanismo. Meccanismo in cui, tuttavia, è altamente probabile che qualche ingranaggio si inceppi molto presto. Perché l'accordo, in sè, rimane molto debole e particolarmente controverso.

Primo motivo di debolezza: è un accordo asimmetrico
Partiamo dai motivi di debolezza. La premessa è che ogni rimpatrio deve fare i conti con il sacrosanto diritto di ogni migrante di fare richiesta d'asilo, e, qualora quest'ultima non venga accettata, di fare ricorso. Ma il sistema 1 a 1 è soltanto un'utopia. Perché l'Europa si sta impegnando a reinsediare dalla Turchia soltanto i siriani, che costituiscono il 54% del totale di persone che hanno raggiunto la Grecia negli ultimi mesi. Ciò significa che l'Europa darà ospitalità a un numero di persone pari circa alla metà di quelle che saranno respinte verso la Turchia. Verrebbe da chiedersi che ci guadagna Erdogan da un simile meccanismo, se non sapessimo che, in cambio di tutto ciò, il sultano ha ottenuto 6 miliardi di euro in due anni per la gestione dei profughi, una facilitazione nella concessione di visti europei per i turchi, nonché un'accelerazione dei negoziati che potrebbero portare Ankara nell'Ue. 

Secondo: i posti in Europa sono limitati
Altro possibile intoppo: i numeri messi a disposizione dall'Ue per il reinsediamento dei siriani sono tutt'altro che illimitati. Per ora, a disposizione ce ne sono 72.000. Un numero insufficiente, se si pensa che solo lo scorso anno la Turchia ha accolto più di 1 milione di siriani. E considerando il trend degli arrivi in Grecia negli ultimi mesi, è stato calcolato che quei posti potrebbero saturarsi già in meno di tre mesi. 

Terzo: non dissuaderà chi scappa da guerra e povertà
Terzo punto debole: non è affatto detto che il «patto» con la Turchia funzionerà - come sperato dai leader europei - come «dissuasore» dei migranti dal mettersi in viaggio verso l'Europa. Per ora, i numeri sono contraddittori. Nei giorni immediatamente successivi all'accordo, sembrava che quest'ultimo non facesse alcuna differenza sul flusso di migranti in arrivo; poi, le cifre hanno cominciato a calare sensibilmente; per poi alzarsi di nuovo negli ultimi giorni, soprattutto il 29 e il 30 marzo. In generale, una considerazione è d'obbligo: chi scappa dalla guerra e dalla povertà ed è disposto a rischiare la vita sui barconi insieme ai propri figli, difficilmente sarà dissuaso da misure temporanee o da muri fisici. Semmai, la controversa cooperazione tra Bruxelles e Ankara potrebbe avere l'effetto di indurre i migranti su altre rotte: in primis, quella libico-italiana. Il che non risolverebbe affatto il problema; semmai lo sposterebbe sull'Italia, che, insieme alla Grecia, fatica a far capire all'Europa che i suoi confini sono, appunto, una questione europea.

Prima ipocrisia: che fine faranno i migranti in Turchia?
Mettiamo per un attimo da parte il cinismo delle cifre e delle considerazioni logistiche, e veniamo ora ai punti più controversi dell'accordo, cioè le sue grandi ipocrisie. Primo: non è affatto detto - e l'Europa lo sa benissimo - che la Turchia sia in grado di gestire altri profughi. Negli ultimi cinque anni il Paese ne ha accolti più di 3 milioni, peraltro, in condizioni tutt'altro che civili. Solo recentemente,per fare un esempio, i profughi hanno avuto il permesso di lavorare in Turchia: prima erano tenuti come una massa di derelitti, senza speranza e senza motivazioni per andare avanti. Senza contare che il «sultano» sarebbe certamente disposto a usarli come «arma» qualora qualcosa del piano con l'Ue andasse storto. Tradotto: è chiaro che Bruxelles, prima di firmare l'accordo, non si sia fatta "distrarre" da alcuna considerazione riguardante i diritti umani e la dignità dei migranti.

Seconda ipocrisia: i respingimenti collettivi sono illegali
Seconda ipocrisia, che sfiora l'illegalità: quello che sta accadendo nelle isole greche in queste ore è pericolosamente simile a vere e proprie deportazioni, o meglio, veri e propri respingimenti collettivi di migranti. Respingimenti che sono dichiarati illegali dalla Convenzione di Ginevra, Convenzione che gli Stati europei hanno firmato e ratificato. E la cosa ancora più graveè che, di fatto, si respingono migranti verso un Paese - la Turchia - che non è firmatario della Convenzione e che probabilmente li respingerà a sua volta verso i Paesi d'origine, potenzialmente non sicuri. Non è un mistero come Ankara non sia nuova a rimpatriare migranti, soprattutto verso l'Afghanistan. E come poter considerare l'Afghanistan un Paese «sicuro» ce lo potranno spiegare solo l'Europa e la Turchia di Erdogan.

Terza:se i migranti sono «illegali», lo sono per colpa nostra
Terza ipocrisia, forse la più grande. L'intero accordo si basa sul principio secondo cui i migranti «illegalmente» giunti in Europa saranno rimandati indietro, nel tentativo, tra le altre cose, di infliggere un duro colpo ai trafficanti. Ma se i migranti si affidano a vie «illegali» è soltanto colpa nostra. Colpa dell'Europa che, nei numerosissimi vertici che hanno scandito gli ultimi mesi, non è mai giunta al cuore del problema: il superamento del becero sistema di Dublino, e l'apertura di vie legali e sicure di immigrazione e richiesta d'asilo. Il motivo è presto detto: quelle vie sarebbero forse un «incoraggiamento» a chiedere ospitalità al Vecchio Continente. Così, si preferisce far rischiare la vita ai migranti, e poi, per di più, prendersela con loro perché sono «illegali». E si preferisce, per di più, stringere accordi con un Paese come la Turchia, implicata in loschi traffici con i jihadisti dell'Isis, sventolandole l'opportunità di entrare in Europa.