29 marzo 2024
Aggiornato 09:00
L'accordo-golpe è perfettamente allineato agli interessi tedeschi

Le tre vere ragioni per cui la Germania non vuole ristrutturare il debito greco

La rete ha subito urlato al «golpe». In effetti, a fronte di misure severissime, Atene non è riuscita a portare a casa il punto centrale delle contrattazioni: la ristrutturazione del debito. Ma perché la Germania è stata tanto intransigente su questo punto?

ATENE – L’accordo tra Grecia e creditori ha suscitato l’indignazione di mezza Europa, un’indignazione suggellata dall’hasthtag spopolato sui social #ThisIsACoup, «questo è un golpe». Ma il nodo centrale dell’accordo, quello che dimostra come Tsipras, di fatto, abbia perso su tutta la linea, riguarda il nodo della ristrutturazione del debito. Una ristrutturazione che, ha dichiarato Angela Merkel in conferenza stampa, è «fuori discussione». Al massimo, si potrà contemplare un alleggerimento, con un aumento delle scadenze obbligazionarie e un taglio dei tassi d'interesse, previa valutazione positiva dei creditori. Ma perché la Germania è così ostile a rinegoziare il debito di Atene?

La strategia del ricatto
Yanis Varoufakis, ex ministro delle Finanze ellenico, un’idea se l’è fatta. In un pezzo pubblicato qualche giorno fa su The Guardian, colui che per mesi è stato uno dei protagonisti delle trattative descrive la tecnica «ricattatoria» astutamente usata dalle istituzioni europee, tecnica che – ora lo possiamo dire – le ha portate ad avere la meglio. Assodato il fatto che il cosiddetto «salvataggio» della Grecia è consistito più che altro nel salvataggio delle banche tedesche e francesi esposte verso il debito ellenico, Varoufakis ricorda che, durante la sua prima settimana da ministro, il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem lo mise di fronte alla scelta: accettare la «logica del salvataggio» e deporre ogni ambizione sulla ristrutturazione del debito, oppure chiudere le trattative, con tutte le ripercussioni del caso.

La minaccia del Grexit
E la «ripercussione» più minacciosamente sventolata era il «Grexit», divenuto perfetto strumento di ricatto. Già nel 2012, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble si era convinto che i costi di un’uscita dall’euro di Atene sarebbero stati un ottimo investimento per «disciplinare» la Francia e gli altri Stati membri. Ben sapendo che le conseguenze di un’uscita dalla moneta unica sarebbero state imponderabili e drammatiche, il «Grexit» è divenuto l’arma da usare contro Syriza, da opporre alle tenaci richieste di ristrutturazione del debito: e la corsa agli sportelli «innescata» dalla Bce ha fatto il resto, svuotando la Grecia di potere contrattuale.

Le tre ragioni tedesche per non ristrutturare il debito greco
Premesso tutto ciò, le ragioni per cui la ristrutturazione del debito è rimasta un tabù fanno riflettere su come effettivamente siano andati i negoziati. Al di là di quelle meramente economiche – le perdite che ne sarebbero derivate ai creditori – e politiche – la «rivolta» dell’opinione pubblica tedesca e nord-europea e il «precedente» che ciò avrebbe rappresentato –, per Varoufakis esisterebbero motivi  ben più sottili e subdoli. Primo: l’inerzia istituzionale è difficile da battere. Secondo: un debito insostenibile garantisce ai creditori un potere immenso sui debitori – e il potere, si sa, fa gola –. Terzo: l’euro funziona a metà tra un cambio fisso e una valuta sovrana; è più del primo e meno del secondo. Questo carattere ibrido pone dei dubbi sulla sua reale irreversibilità, dubbi che si sono rivelati particolarmente utili alla strategia di Schäuble. Il ministro delle Finanze tedesco si è convinto che un’eventuale uscita di Atene dall’euro avrebbe instillato la paura negli altri Stati membri, favorendone la «disciplina». Mantenendo insostenibile il debito di Atene, la Germania ha mantenuto salda la sua principale «arma di controllo». Il prezzo di tutto ciò, si sa, l’ha pagato la Grecia. Ma questo, pare che per gli artefici dell’accordo-golpe sia l’ultimo dei problemi.