28 agosto 2025
Aggiornato 08:30
Uno degli esempi più belli di democrazia

Spiegazione semplice ed efficace del perché il referendum greco sancisce un punto di non ritorno

L’ingresso di Tsipras al Parlamento Europeo ha costituito una pietra miliare nella nostra storia recente. Intanto, si attende la prossima scadenza del 20 luglio, giorno in cui la Grecia dovrà pagare 3,5 miliardi di titoli in scadenza in mano alla BCE

ATENE - In una ormai storica domenica di luglio, come Josef K. andò fatalmente incontro al proprio kafkiano processo, il popolo greco ha mosso i primi passi verso l’ignoto economico, forse giudicato, almeno per certi versi, meno terribile del purtroppo noto presente. Il «no» al referendum, per quanto irrazionale sotto alcuni aspetti (basti pensare che si votava de facto su una proposta di accordo che era stata già ritirata dall’Eurogruppo), ha prevalso di gran lunga sulla fredda logica del «sì», supportato dall’establishment europeo. Politicamente rafforzato in casa propria dall’esito del referendum, nella tarda serata di ieri, Tsipras ha proposto il nuovo piano di riforme, chiedendo al tempo stesso l’accesso a 35 miliardi di fondi UE. La risposta è attesa nel fine settimana.

Non si torna più indietro
Al di là di ogni possibile considerazione di natura politica, è innegabile come questo referendum, per diverse ragioni, abbia sancito un punto di non ritorno. La risposta del popolo ellenico, probabilmente uno degli esempi più belli di democrazia partecipativa nell’Europa del dopoguerra, ha infatti posto tutti i protagonisti di fronte a decisioni non più procrastinabili. Troppe le mancanze dei governi greci succedutisi in questi anni, troppo il tempo che è stato lasciato trascorrere colpevolmente dalla sig.ra Merkel, incapace – per stessa concessione dei media tedeschi, finalmente – di gestire un potere cresciuto nelle sue mani in modo esponenziale. Pertanto, nelle prossime ore verrà presa una decisione che, qualunque essa sia, influenzerà il destino del nostro continente.

Europa divisa, eppure unita
Questa decisione, la cui valenza politica supererà di gran lunga quella economica, avverrà in un clima di divisione e diffidenza reciproca; gli schieramenti, i falchi e le colombe, sono chiari e delineati. In estrema sintesi, Schäuble da una parte, Sapin dall’altra, Renzi (indeciso) nel mezzo. Eppure, nonostante l’estrema complessità della situazione, testimoniata dal viso stravolto di Mario Draghi al suo arrivo a Fiumicino di due giorni fa, qualcosa nelle coscienze dei funzionari europei sembra essersi scosso. In questo senso, l’ingresso di Tsipras al Parlamento Europeo ha costituito una pietra miliare nella nostra storia recente, laddove l’emiciclo comunitario, sempre più percepito dai cittadini come un luogo di algidi tecnocrati, ha accolto il premier greco – tra pro e contro - con urla e cori da stadio. Il dibattito che ha seguito l’intervento del leader di Syriza è stato sì duro, ma al tempo stesso appassionato, vero (su tutti, l’intervento dell’ex primo ministro belga Guy Verhofstadt); segno inequivocabile di come, piuttosto che considerare anacronisticamente la politica europea come estera, bisognerebbe preoccuparsi di rendere semplicemente più efficiente e democratica l’Unione Europea.

La proposta di Tsipras
Nella tarda serata di ieri, come previsto, Tsipras ha inoltrato il nuovo piano di riforme, in cambio dell’accesso a 35 miliardi di fondi UE. La risposta al suddetto piano, giudicato «completo» dal leader dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, è attesa nel fine settimana. I mercati stanno scommettendo sull’accordo, nonostante questo dovrebbe comunque passare al vaglio di alcuni parlamenti nazionali (tra cui quello tedesco). Il tempo stringe. La prossima scadenza da affrontare sarà quella del 20 luglio, giorno in cui la Grecia dovrà pagare 3,5 miliardi di titoli in scadenza in mano alla BCE, che ha mantenuto i fondi ELA ai precedenti 89 miliardi (pur imponendo restrizioni maggiori circa il collaterale fornito dalle banche greche). Le banche greche rimarranno chiuse fino a lunedì prossimo, nonostante in un primo momento la chiusura sia stata disposta dal governo ellenico fino alla giornata odierna.

Soluzione politica
La speranza è che, quale che sia l’esito dei negoziati, il risultato sia in grado di rispondere alle domande che provengono da ogni parte del continente, ormai sempre più pervaso – nel migliore dei casi – da crescenti dubbi circa la bontà del progetto europeo. Un risultato tecnico, di breve respiro, potrà calmare l’ansia dei mercati, ma nulla potrà di fronte all’euroscetticismo, che al contrario ne uscirebbe rafforzato. Invece di freddi comunicati dominati da sigle quali ESM o BCE, l’Europa avrebbe bisogno di coraggio. Di democrazia, di forza, ma soprattutto di coraggio. Di certo dovrebbe fare a meno di ultimatum, dicotomie Nord-Sud, e probabilmente anche degli stanchi richiami ai padri fondatori. Questi, ad ogni modo, non avrebbero mandato a processo un proprio membro, e con tale durezza. Come Kafka, essi sapevano d'altronde che la logica è certo incrollabile, ma non resiste ad un uomo che vuole vivere.