25 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Un continente in totale crisi di identità

Ecco perché la Germania non salverà l’Europa

Manzoni avrebbe definito gli europei un «volgo disperso». Il progetto originario è fallito, e oggi l'Europa è la nemica che l'esercito degli euroscettici combatte. Potrà la leadership tedesca, fino ad oggi più che altro guardiana dei conti, ridare all'Europa l'autostima e la visione che le manca?

BERLINOJochen Bittner, collaboratore tedesco del New York Times, immagina di vedere il mondo da un’altissima torre che si innalza sui cieli di Berlino. Ad Est, si erge un’ex superpotenza che combatte per rivivere la sua gloria passata anche a prezzo di degenerazioni antidemocratiche; ad Ovest, oltre l’Atlantico, una superpotenza in ritirata, stanca di garantire la sicurezza della periferia europea rispetto al sempre più vicino e caotico Medio Oriente. In mezzo, un continente che è troppo occupato a tener insieme anima e corpo per trovarsi il proprio posto nel mondo. Perché prima ancora che con i flussi migratori, con la crisi o con il terrorismo, l’Europa sembra essere in lotta con se stessa.

La Germania ci salverà?
Secondo Bittner, gli Europei sono frastornati: come se, a osservare il proprio continente da quella torre immaginaria, fossero subito assaliti da un attacco di vertigini. In effetti, la «sfida» originaria era ambiziosa: perché ci vuole tenacia a tenere insieme un corpo con 28 organi tra loro tanto diversi. Così, di fronte a questa confusissima Europa, ci si chiede se colei che di fatto ne ha dettato i parametri di sopravvivenza durante la crisi, colei che fin da subito ha agito come «guida» – la Germania – sarà anche quella che salverà il continente dal collasso. Quella che gli darà l’autostima che gli manca.

Una sfida titanica
La sfida non è di poco conto. Oggi, l’idea di un organismo sovrastatale capace di ridiscutere e abbracciare 28 identità nazionali si palesa come velleitaria. Non solo: oggi quell’idea è il nemico contro cui combatte l’esercito degli euroscettici. Se Marine Le Pen, in Francia, forte dei suoi consensi, avanza «minacciosa» verso l’appuntamento elettorale del 2017, in Gran Bretagna l’Ukip è riuscito a costringere David Cameron a indire un referendum sulla permanenza del Regno nell’Unione. E se un «Grexit» avrebbe effetti terribili, un «Brexit» sarebbe a dir poco catastrofico, visto che l’economia britannica è una delle più importanti della regione. Ad oggi, l’ascesa degli euroscettici coinvolge anche l’Est e il Nord Europa, diffondendo il livore nell’intero Continente, particolarmente tra le nuove generazioni orfane del benessere dei propri genitori. In Polonia, il 62% dei voti per l’euroscettico Duda sono giunti da una fascia d’età compresa tra i 19 e i 29 anni. In Italia, in Spagna e in Grecia, sempre più giovani disoccupati vedono l’Europa più come causa dei propri mali, che come scrigno di opportunità.

Motore di unità o causa dei nostri mali?
La Germania, dunque, potrà mai diventare forza unificatrice per quello che il grande Manzoni definirebbe un «volgo disperso»? Per Bittner, la risposta è no. La Germania ha trovato il suo «momento» in Europa, ne ha conquistato la leadership e ha acquisito autorevolezza internazionale. Ma è difficile trasformare il «momento»  tedesco in un «momento» europeo. Innanzitutto perché Angela Merkel non ha il tipo di carattere che «fa presa» sul popolo, ma anche perché, per buona parte dell’Europa (specialmente il Sud), incarna il tiranno che ha distrutto, a colpi di austerity, il «sogno europeo». Forse la Germania può aspirare al compito di stabilizzare temporaneamente le aree di crisi, cercando di aggiungere pezza alle pezze già esistenti; ma difficilmente avrà la capacità di «salvare» l’Europa. Perché il sogno di un tempo, per molti, si è già trasformato in un incubo.