28 marzo 2024
Aggiornato 12:00
Politica economica

Rinaldi: «L’euro? Una misura anti-italiana. Appello ai sovranisti: usciamone con un decreto»

Quindici anni di euro, di moneta unica: decisamente una «croce» dopo che alla vigilia della sua nascita i promotori cercavano di dipingere la deliziosa era che la nuova moneta avrebbe significato per i cittadini europei

ROMA - Quindici anni di euro, di moneta unica: decisamente una «croce» dopo che alla vigilia della sua nascita i promotori cercavano di dipingere la «deliziosa era» che la nuova moneta avrebbe significato per i cittadini europei. E invece siamo entrati in una spirale, secondo molti economisti, in una trappola, secondo molti politici, in un vero e proprio sistema di governo, come sostengono gli studiosi eurocritici. Di certo, dalla sua introduzione siamo più «poveri», sia come reddito individuale che come sistema Paese. Di tutto questo ne parliamo con il professore Antonio Maria Rinaldi, economista, docente di Finanza aziendale e animatore di Alternativa per l’Italia.

Professore, celebrazioni in sordina da parte degli euristi e dei governi per i quindici anni dell’euro. Niente da festeggiare?
Per ciò che riguarda noi italiani possiamo festeggiare davvero molto poco. Tutti i dati macroeconomici ci stanno condannando in maniera irreversibile. D’altronde la letteratura economica aveva già sentenziato che l’euro fosse un errore, o almeno i presupposti con cui è stato creato. Credo che il maggior errore riguardo all’euro sia stato quello di aver affidato alla moneta unica un disegno di aggregazione dei vari Paesi con delle caratteristiche completamente diverse, compresa l’Italia.

Che cos’è che non ha funzionato?
La politica non ha fatto il suo corso. Si è affidata a degli organismi sovranazionali non eletti per poter determinare l’agenda del cambiamento del modello economico. Prima le politiche economiche venivano decise dai rispettivi governi e soprattutto questi erano governi eletti, oggi invece la politica economica è dovuta ai trattati internazionali e alla volontà di organismi sovranazionali. E non si può di certo delegare né la Bce né la Commissione europea nel surrogare le politiche economiche che debbono comunque e in ogni caso rimanere appannaggio dei governi. In parole povere: le nostre scelte devono essere diverse da quelle della Germania e viceversa. Chi pensa erroneamente di omogeneizzare queste politiche non si rende conto dei disastri che si possono provocare. Tant’è che stanno sorgendo aree sempre più ricche rispetto ad aree sempre più povere. È inutile indicare chi sta nell’una e chi nell’altra…

È fallita la moneta unica oppure è convenuta solo ad alcuni, ad esempio la Germania?
Questo tipo di aggregazione ha favorito solamente la Germania. Diciamocelo francamente: la Germania è riuscita in maniera molto scaltra ad imbrigliare le altre economie, a partire da quella italiana che era l’unica che poteva tenergli testa fra le nazioni industriali. Abbiamo dato il privilegio alla Germania di non poter mai rivalutare e il vantaggio noi di non poter mai svalutare.

L’Italia e gli italiani ci hanno rimesso sicuramente. Colpa di un ingresso affrettato? Delle mancate trattative?
Rovescerei il problema. Noi in questo momento diamo la colpa all’euro e alle regole. La questione vera, e sempre di più gli italiani se ne stanno accorgendo, è che per poter mandare avanti questo processo è necessaria la totale e assoluta cessione di sovranità. Le autorità europee, insomma, hanno bisogno di estraniare il più possibile i cittadini dai processi decisionali: perché laddove si riesce ancora a dare la parola ai cittadini questi sono sempre, e ripeto sempre, di parere opposto rispetto ai diktat. Lo abbiamo visto in Inghilterra con la Brexit: non a caso in tanti Paesi stanno nascendo diversi movimenti sovranisti. Qui in Italia purtroppo è tutto frammentato ma credo che una coscienza popolare sia comunque maturata.

A proposito di questo. Si parla di Italexit per ciò che riguarda la questione euro e non solo. Grillo dice: «Facciamo il referendum». Matteo Salvini invece propone un decreto. Lei come valuta queste proposte?
Fare un referendum potrebbe essere un enorme boomerang, perché nel momento in cui dovesse essere annunciato per tutta la campagna elettorale saremmo esposti alla speculazione internazionale. Per poter uscire è sufficiente un solo decreto, fintanto che noi abbiamo quel residuo di sovranità che ce lo consente di fare.

Ci dice un solo motivo per cui invece l’euro è stato un successo?
Che dire, quando si va fare un week-end all’estero non si ha l’obbligo di cambiare moneta. E in questo sono stati avvantaggiati anche i ragazzi della cosiddetta «generazione Erasmus». I benefici però credo che siano veramente risibili rispetto ai danni economici di avere una moneta a cambio fisso con tutti gli altri Paesi. I danni sono talmente forti che ogni piccolo vantaggio collaterale è annullato automaticamente.