Subprime, Deutsche Bank paga la multa della Apple: come i governi difendono banche e multinazionali
Stati Uniti e Germania, i due pesi massimi dell’economia mondiale, si scontrano ormai in campo aperto, senza esclusione di colpi. Le multinazionali Usa hanno bisogno delle banche che vendono derivati
BERLINO - Gli analisti fingono di non vedere o non raccontano lo scontro politico, ed economico, tra Stati Uniti e Germania. I due pesi massimi dell’economia mondiale si scontrano ormai in campo aperto, senza esclusione di colpi. Una riedizione delle battaglie di settant'anni fa, combattute questa volta sui mercati finanziari? Di questi giorni la notizia che il Dipartimento di Giustizia Usa ha chiesto un risarcimento danni a Deutsche Bank pari a 14 miliardi di dollari. La ragione ufficiale? La crisi dei subprime del 2008. La banca tedesca ha già risposto che gli statunitensi possono pure scorsarselo, e questi ultimi hanno controrisposto che rimangono in attesa di una «controfferta»: che mai arriverà.
Una sorta di patteggiamento tra Usa e Germania
Attenzione, perché la cifra richiesta dagli Usa è una sorta di patteggiamento: in definitiva offrono ai banchieri teutonici di archiviare il caso di vendita di obbligazioni garantite, ma scoperte, in cambio di un bel mucchio di soldi. La prova, ennesima, che la legalità scaturisce dai rapporti di forza, cioè di classe. Deutsche Bank, e altre banche, tra cui Citigroup, Jp Morgan e Morgan Stanley, che hanno affossato l’economia mondiale, almeno quella della classe media occidentale, se la cavano se aprono il portafoglio. La querelle proseguirà per molto tempo ed è probabile che una reale transazione di denaro non si abbia mai. Difficoltà giurisdizionali, unite a quelle politiche, rendono queste operazioni prettamente simboliche.
Il titolo di DB crolla, una ragione in più per speculare
Il titolo di DB crolla quindi in borsa e trascina con sé buona parte delle borse europee. Una ragione per speculare sui titoli degli istituti di credito, soprattutto quelli derelitti italiani, si trova sempre. Ogni giorno ha la sua croce e non c’è possibilità di appello se si finisce nel mirino di chi vuole affossare un prezzo. Ora, che Deutsche Bank paghi 14 miliardi di euro al governo statunitense è probabile quanto la Apple dia più o meno la stessa cifra allo stato irlandese.
Cosa c'entra DB con Apple e l'Irlanda
Le due vicende, anche se gli analisti fanno finta di non vedere, o peggio non capiscono, sono strettamente intrecciate. Con l’ingiunzione di pagamento che la Ue ha inflitto, via Irlanda ovviamente, alla multinazionale della mela, sono stati toccati degli interessi strategici dell'elite progressista statunitense. Quella che non vuole pagare le tasse a casa propria, né a casa degli altri, e per produrre non tentenna di fronte all’utilizzo degli schiavi (in Cina). Non solo: vengono intaccati gli interesse di buona parte delle multinazionali che hanno sede (fittizia) in Irlanda, prettamente per furbizia fiscale.
Quel paradiso fiscale chiamato Irlanda, dove le società Usa fanno profitti
L’Irlanda è un paradiso fiscale che pratica con disinvoltura il dumping, rendendo di fatto fuori mercato buona parte degli altri sistemi fiscali Ue. I soldi che le multinazionali risparmiano possono quindi riportarli tranquillamente presso i propri paesi d’origine. E quale è il paese che più di tutti ha multinazionali con sede fiscale in Irlanda? Gli Stati Uniti. La risposta americana giunge con tempismo sorprendente. Certo la vicenda era nota, altre banche sono già state condannate da tempo, ma la coincidenza dei due dati risulta evidente. Si sta quindi instaurando una trattativa a suon di multe miliardarie comminate da governi nazionali? In controluce è possibile leggere quale ruolo hanno i governi democraticamente eletti, oggi. E, soprattutto, di chi fanno gli interessi.
Le multinazionali Usa hanno bisogno delle banche che vendono derivati
Inizierà quindi una sorta di mercato della fiscalità tra governi? Gli Usa a difesa delle loro multinazionali che non pagano tasse, l’Europa a difesa delle proprie banche, cioè quelle tedesche, che fanno affari sui derivati vendendo immondizia? Se questo è lo scenario in essere, come probabile, ci troviamo in ogni caso di fronte ad un bluff. I sistemi sono così intrecciati che le multinazionali statunitensi che non pagano tasse necessitano delle banche che vendono derivati immondizia. I capitali, immensi, che vengono accumulati da entità sovranazionali come Apple et similia necessitano di grandi banche che operano sui grandi mercati finanziari di New York, Londra e Francoforte. Una compenetrazione letale che dovrebbe essere scardinata dai governi, ma che al massimo si limitano a tifare per l’organizzazione economica di casa propria.
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