18 aprile 2024
Aggiornato 06:00
Il mea culpa del Fmi

Post-Brexit, la Gran Bretagna cresce più del previsto e il Fmi ha sbagliato ancora

La Brexit avrebbe dovuto causare il collasso dell'economia inglese e invece il Regno Unito è attualmente al secondo posto tra i paesi del G7 che hanno il tasso di crescita del PIL più elevato. Ecco il mea culpa del Fondo Monetario Internazionale

Il Fmi ha sbagliato le previsioni sulla Brexit.
Il Fmi ha sbagliato le previsioni sulla Brexit. Foto: Shutterstock

ROMA – La Brexit avrebbe dovuto causare il collasso dell'economia inglese e invece il Regno Unito è attualmente al secondo posto tra i paesi del G7 che hanno il tasso di crescita del PIL più elevato. E si collocherà al terzo posto nel 2017. La catastrofe preannunciata dai media non si è verificata. Il Fmi ha sbagliato le sue previsioni. Ancora una volta.

Il mea culpa del Fondo Monetario Internazionale
Alla vigilia del voto inglese, la Brexit veniva descritta dai media come un Armageddon dalle conseguenze catastrofiche. Avrebbe dovuto provocare uno tsunami sui mercati mercati finanziari, il tracollo dell'economia europea e il collasso di quella inglese. Ma niente di quanto annunciato durante le campagne mediatiche a favore del remain, alla fine, si è verificato. E ad aver sbagliato i calcoli, ancora una volta, è stato il Fondo Monetario Internazionale, che a giugno aveva previsto un impatto negativo del 5,5% sul Pil britannico.

La Gran Bretagna crescerà più della Germania
E invece no. Quelli del Fmi si sono sbagliati ancora. Dopo il mea culpa per la gestione della crisi greca, ora il Fondo Monetario Internazionale deve fare dietro front anche per quanto riguarda le previsioni sull'economia inglese. Secondo le ultime stime, infatti, nel 2016 la Gran Bretagna crescerà perfino più della Germania. Il Regno Unito, che avrebbe dovuto pagare il prezzo più alto della Brexit, vedrà diminuire il suo Pil solo dello 0,1% (zero-virgola-uno) per quanto riguarda il 2016 e dello 0,9% per quanto riguarda il 2017.

Il Regno Unito è al secondo posto per la crescita del Pil
Come sottolinea Carlo Clericetti su Sbilanciamoci.info, il Regno Unito si conferma al secondo posto tra i paesi del G7 per la più alta crescita economica. E un «disastro simile» l'Italia neppure se lo sogna. Altro che catastrofe, la Brexit è stata piuttosto utilizzata come capro espiatorio per la crisi di cui invece sono responsabili le istituzioni comunitarie. E Clericetti non è il solo a fare il punto della situazione, a poco più di due mesi dal referendum del 23 giugno, puntando il dito contro le previsioni sbagliate del Fmi.

Quale recessione?
Sul Guardian, Larry Elliot la pensa esattamente allo stesso modo. Elliot sottolinea che, nonostante una burrasca passeggera all'indomani del voto inglese, ormai i mercati finanziari sono sereni e il bilancio di emergenza di cui aveva parlato George Osborne per convincere gli inglesi a votare remain è storia. Proprio come lui. La disoccupazione sarebbe dovuta salire alle stelle e la Gran Bretagna sarebbe dovuta entrare in una recessione profonda, ricorda Elliot. Ma nulla di tutto ciò è avvenuto.

I problemi dell'economia inglese
Anzi, i prezzi dei titoli di Stato sono vicini a un livello record. Naturalmente, come precisa l'economista, questo non significa che va tutto bene. La Gran Bretagna ha problemi economici strutturali profondi, che dovrebbero essere affrontati urgentemente, a prescindere dall'appartenenza all'UE. Gli investimenti sono deboli, la produttività è stata appiattita dalla recessione e il deficit della bilancia dei pagamenti non è mai stato così alto, se non in tempo di guerra. La Brexit, però, potrebbe rivelarsi un antidoto a questi problemi.

Le conseguenze della Brexit
Se da un lato, infatti, può rendere le importazioni più costose a causa del calo del valore della sterlina e questo può determinare una riduzione dei consumi; dall'altro, però, può costringere il governo inglese a concentrarsi sull'economia nazionale per migliorare il suo stato di salute. Il Governo ha risposto alla Brexit promettendo di spendere di più per le infrastrutture e le opere pubbliche e impegnandosi a realizzare una promettente strategia industriale. Non è detto che le promesse del governo inglese saranno mantenute. Ma il risultato del referendum inglese ha reso possibile un cambiamento, ha offerto al Regno Unito un'alternativa. E per il momento i dati danno ragione a chi ha votato Brexit. E torto (ancora una volta) alle previsioni del Fondo Monetario Internazionale.