Bankitalia, l'alert di Visco a Renzi e alla leadership dell'Ue
Il discorso del governatore di Bankitalia affronta problemi scottanti. Secondo Visco, la ripresa è tutta da consolidare ed è a rischio l'obiettivo della riduzione del debito, gli investimenti sono al minimo storico, i crediti deteriorati troppo alti e le governance inadeguate. Ma c'è spazio anche per un richiamo ai principi fondanti dell'UE
ROMA - La ripresa dell'economia italiana è ancora troppo debole e, per sostenerla, «si deve e si può fare di più». È il duro, durissimo richiamo del governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, lanciato oggi, durante il suo quinto appuntamento annuale, in direzione delle istituzioni italiane. Ma l'attuale inquilino di Palazzo Koch trascende i confini nazionali e, nel suo intervento sulle Considerazioni finali, tira le orecchie anche alla leadership europea, colpevole di aver dimenticato i valori fondamentali dell'Unione.
Il discorso del governatore di Bankitalia
Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, non si sottrae e affronta diverse questioni decisamente scomode con sentenze lapidarie. Il quadro macroeconomico nazionale che descrivono le sue parole è fosco e pieno di criticità. Oggi sembrano lontani, lontanissimi gli slogan elettorali del presidente del Consiglio, Matteo Renzi. L'inquilino di Palazzo Koch è tutt'altro che ottimista, e uno dopo l'altro elenca i problemi dell'economia italiana: il debito pubblico esponenziale, l'alta disoccupazione, gli investimenti al minimo storico, le governance inadeguate degli istituti di credito.
Visco: La ripresa è da consolidare
«Usciamo lentamente, con esitazione - ha detto Visco - da un lungo periodo di crisi, non solo finanziaria ed economica. E la ripresa è ancora da consolidare».Le previsioni, infatti, indicano per l'Italia il ritorno ai livelli di reddito precedenti la crisi in un lasso di tempo nient'affatto breve e sono deludenti le valutazioni sul potenziale di crescita della nostra economia. Secondo il governatore di Bankitalia «Si deve, e si può, fare di più». La disoccupazione è ancora troppo elevata e, per favorire la ripresa e il mercato del lavoro, bisogna tagliare nuovamente il cuneo fiscale.
Investimenti al minimo storico
Un altro tasto dolente dell'economia nazionale sono gli investimenti al minimo storico. La piccola dimensione delle imprese italiane è ancora «un elemento di debolezza» per il sistema paese e, sebbene il costo del credito si sia molto ridotto, «in rapporto al Pil gli investimenti restano ancora molto al di sotto dei valori osservati prima della crisi, su livelli minimi nel confronto storico».Ma c'è di più, perché«l'andamento della domanda estera è il principale fattore di incertezza»: secondo le imprese, infatti, si sono intensificati i rischi geopolitici internazionali e ciò potrebbe determinare ripercussioni negative sull'export italiano.
I crediti restano alti e le governance inadeguate
Grazie all'avvio della ripresa economica, nel 2015 il flusso di nuovi crediti deteriorati delle banche italiane è sceso al 3,7% del totale dei prestiti (4,9% nel 2014), ma questa è solo una goccia nel mare, perché «i crediti deteriorati sono elevati e la redditività è bassa».Ad una congiuntura economica particolarmente debole e difficile, in Italia si sommano anche «l'elevata consistenza dei prestiti deteriorati, che comprime la redditività» e secondo l'inquilino di Palazzo Koch gli assetti di governance sono inadeguati. Nel complesso, si tratta di poco meno di 200 miliardi di crediti deteriorati netti: una cifra considerevole.
A rischio l'obiettivo della riduzione del debito
Alla luce di queste considerazioni, è evidente che le rosee prospettive del governo debbano essere ridimensionate. Secondo l'Esecutivo, la riduzione del rapporto debito-Pil «dovrebbe iniziare quest'anno e rafforzarsi nel triennio successivo. Ma l'evoluzione del contesto macroeconomico rischia di ostacolare il conseguimento di questo obiettivo nel 2016», ha sottolineato Visco. Solo «uno stretto controllo dei conti pubblici - ha aggiunto il governatore - e la realizzazione del programma di privatizzazioni possono consentire di avvicinare il più possibile il rapporto tra debito e prodotto a quanto programmato» e garantirne una riduzione significativa nel 2017.
Il richiamo ai principi fondanti dell'UE
Infine, Ignazio Visco non ha dimenticato le critiche alla leadership comunitaria. «La diffidenza genera disaccordo; nella ricerca esasperata di garanzie reciproche, nello sguardo limitato al risultato di breve periodo, i passi necessari stentano a compiersi», rileva il governatore. Procedere a piccoli passi, ognuno dei quali è frutto di sequenze di compromessi raggiunti a stento mediando faticosamente tra le diverse anime dell'UE, è sempre «più arduo». L'Unione Europea dovrebbe invece «ripartire dai suoi valori fondamentali: pace, uguaglianza, libertà, promozione del benessere», ha detto Visco citando Altiero Spinelli al termine delle Considerazioni finali. Ma se l'Italia è invece uno dei paesi più penalizzati dal progetto comunitario, come riportano i dati del Centro Studi Promotor, evidentemente qualcosa nell'Eurozona non sta funzionando come dovrebbe.
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