19 aprile 2024
Aggiornato 13:30
I mercati danno per acquisito l'intervento sui titoli sovrani della BCE

Dalle mosse di Draghi vantaggi presunti, ma anche molte incognite

I dati dell'Eurostat descrivano impietosamente un'Eurozona ufficialmente in deflazione. Mario Draghi si prepara a giocare la carta dell'acquisto dei titoli sovrani: ma il QE nasconde dei rischi di cui non si parla, e potrebbe non bastare a risollevare le sorti dell'UE.

ROMA - Gennaio 2015. Le tre parole d'ordine sono le stesse del 2014: stagnazione, disoccupazione e deflazione. L'Eurostat stima che il tasso annuo d'inflazione dell'Unione Europea sia pari a -0,2%: in calo rispetto all'incremento dello 0,3% di novembre. In Italia la domanda interna è ai minimi storici, il potere d'acquisto cala vertiginosamente e i prezzi del carrello della spesa sono diminuiti dello 0,3% su base mensile e dello 0,5% su base annua. A fronte dei dati pubblicati oggi dall'Eurostat, che hanno impietosamente descritto un'Eurozona ufficialmente in deflazione, un intervento da parte della BCE appare sempre più probabile e imminente.

COSA SI NASCONDE DIETRO IL QE - I mercati e gli stati si appellano a Draghi, e la carta del quantitative easing sembra essere la migliore da giocare. Ma cosa nasconde veramente il celeberrimo QE? E, soprattutto, servirà a qualcosa? Con il termine inglese «quantitative easing» si designa un cosiddetto alleggerimento quantitativo, cioè la modalità con cui avviene la creazione di moneta da parte della banca centrale e la sua iniezione, mediante operazioni di mercato aperto, nel sistema finanziario e economico. La banca centrale può ricorrere all'alleggerimento quantitativo sia per salvare un istituto di credito in difficoltà, sia per togliere dal mercato titoli «tossici», sia per fornire liquidità a un sistema la cui economia reale risulti strozzata o affaticata. Si sceglie questa via per provare a rilanciare l'economia e in particolar modo gli investimenti di un paese.

GLI EFFETTI COLLATERALI DEL QUANTITATIVE EASING - Tuttavia, non è detto che un'operazione di QE ottenga i risultati attesi, per diverse ragioni. Innanzitutto, il sistema bancario è un sottosistema economico, e fornire liquidità alle banche non significa fornirla direttamente a quegli operatori economici (imprese, famiglie) che dovrebbero poterne disporre. Infatti, le banche potrebbero fare il loro gioco: trattenendo la maggior parte dei fondi, e depositandoli presso la banca centrale medesima a fronte di interessi poco remunerativi ma privi di rischi, fagocitando così la liquidità immessa nel sistema. Inoltre, l'intervento della banca centrale può concretizzarsi anche nell'acquisto di titoli di stato con l'obiettivo di ridurre i costi di indebitamento del paese e salvarlo dal rischio di default. Ma in questo caso, l'intervento sul mercato dei titoli, potrebbe causare un aumento della domanda e quindi un incremento del loro prezzo, con conseguente riduzione del rendimento. Se il rendimento dei titoli pubblici è agganciato a quello dei tassi d'interesse bancari (come negli avviene negli Usa per i Treasury bond a lunga scadenza), questo provoca un abbassamento anche di questi ultimi.

IL TERRORE DEI TEDESCHI: L'AZZARDO MORALE - Ancora: se la banca centrale interviene mediante l'acquisto di titoli sovrani nel sistema bancario europeo, per salvare uno stato in difficoltà, può avallare comportamenti dolosi e negligenti, incrementando così il rischio d'insolvenza da parte degli stati. E' il problema del moral hazard: lo stato che usufruisce degli aiuti potrebbe essere portato ad agire nell'esclusivo interesse personale a spese della controparte, scegliendo di non restituire i fondi europei. E' questa la tesi del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che ha rilasciato un'intervista a Repubblica per attaccare direttamente Mario Draghi e la sua scelta di acquistare titoli di stato per iniettare liquidità nel sistema bancario dell'Unione: «Sappiamo tutti che l'acquisto di titoli sovrani nell'Eurozona è da valutare diversamente che in altre aree valutarie. Paragoni con Giappone o Usa sono troppo frettolosi: là c'è uno Stato centrale con una politica finanziaria unitaria, in Europa accanto alla politica monetaria comune abbiamo 18 Stati con politiche finanziarie indipendenti e rating e situazioni di debito ben diversi. Ciò crea tentazioni di indebitarsi di più e scaricare le conseguenze sugli altri. Per questo i Trattati Ue vietano la messa in comune dei debiti sovrani nazionali. Quindi l'acquisto di titoli sovrani sui mercati secondari da parte dell'Eurosistema va giudicato in modo piuttosto critico, sebbene non sia vietato.»

L'acquisto di titoli sovrani presenta problemi speciali in un'unione monetaria, non è uno strumento qualsiasi. Negli anni 2000, durante la crisi finanziaria e la successiva crisi economica mondiale, hanno fatto ricorso al QE la Federal Reserve, la Bank of England, il Giappone e la BCE. A ben guardare, però, non è detto che un quantitative easing porti risultati a breve termine, e non è neanche privo di effetti collaterali, soprattutto nell'Unione Europea. Se Mario Draghi deciderà di giocare questa carta, c'è da augurarsi che sia ben consapevole dei rischi (iperinflazione, moral hazard, inefficacia), e che nel frattempo prepari anche un piano B.