19 aprile 2024
Aggiornato 22:30
La 'cucina di montagna'

Dal prato al piatto, la lenta ma inarrestabile conquista dei menù a base d'erbe che dettano le ultime tendenze della gastronomia

In Italia si sta sempre più facendo spazio la cultura dell'alimentazione con cibi spontanei selvatici che all'estero è già una tendenza forte, anche nei migliori ristoranti. Così come altrove anche la Carnia partecipa alla 'nuova corrente culinaria'

RAVASCLETTO – Si chiama 'cucina di montagna' o 'cucina alpina' e non è altro che la nuova tendenza della cucina gourmet che sta prendendo piede nelle zone montuose volta a una concezione che mantiene stretti i legami con il territorio e propone delle ricette che valorizzano il meglio della natura.
Ad occuparsene, nella nostra regione, Stefano Buttazzoni, cuoco friulano originario di Ragogna ma di adozione carnica. Stefano si definisce, ma soprattutto viene definito, un cuoco di montagna perchè la 'sua' cucina propone esclusivamente piatti della zona (della Carnia in particolare), rivisitati, alleggeriti, mixati, frutto di una ricerca sui prodotti locali con sperimentazioni e tecniche nuove che sempre più spesso rimandano all’autenticità del passato conservando però gusti, sapori e tradizioni.

La storia di Buttazzoni
Stefano Buttazzoni in cucina ha un'esperienza trentennale. Il suo esordio risale agli anni post diploma, conseguito all'alberghiero di Arta Terme, nei quali ha lavorato per numerose stagioni sulla costa romagnola, in Sardegna e in Trentino per poi 'finire' in Carnia come lui stesso afferma «per amore». Da quando ha 24 anni il suo posto è tra i monti: prima al ristorante Zoncolan di Sutrio, poi da Otto a Timau e dallo scorso dicembre al ristorante Margò dell'Hotel La Perla di Ravascletto; poi in futuro...chissà!

La filosofia 'alpina' e il 'foraging'
La filosofia che Buttazzoni abbraccia è quella chiamata 'alpina o di montagna' e consiste nel riproporre, nel suo caso, la cucina carnica tramite antiche ricette tradizionali del territorio per personalizzarle senza mai stravolgerle. Grazie anche alla collaborazione con esperti gelatieri, propone nella sua cucina piatti tipici del Friuli abbinati a gelato gastronomico, per regalare ai clienti un’esperienza sensoriale del tutto nuova, caratterizzata dal contrasto tra il caldo e il freddo, tra il dolce e il salato e tra varie e diverse consistenze.

Cucina nordica di tendenza
Quello che Stefano fa è diventata una cucina di tendenza, perchè oggigiorno dice «c'è una continua ricerca del ritorno alle origini, della riscoperta dei piatti di una volta, alleggeriti e realizzati con tecniche nuove. Ad aver preso il piede è il 'foraging' (la pratica di raccogliere cibo selvatico ed erbe spontanee in ambiente naturale, come prati e boschi, impiegandolo poi in cucina, ndr). Le persone sono alla ricerca di cibi 'strani' che di fatto non lo sono in realtà perchè costituiscono la base della cucina». Quello che crea in cucina si basa su lavorazioni con il fieno, erbe spontanee, fiori, cortecce, germogli... e tutte le cose che gli anziani di una volta utilizzavano normalmente «senza però sapere cosa stavano realizzando. Ora si studia come riproporle, cuocerle, e soprattutto mantenere intatti tutti i loro valori nutritivi».
Qualche anno fa assieme all'amico Domenico Molfetta, grande conoscitore di erbe, andò per ore nei campi per entrare in contatto con questo 'nuovo mondo' perchè «quando vai in un prato non devi pensare di attraversare solo una cosa verde - dice - ma devi guardare tutto quello che c'è, perchè ad ogni passo ci possono essere almeno 6-7 erbe commestibili. É da quel momento che è nata la curiosità per la ricerca sulla cucina di montagna». Quello che Stefano intende dire è che non bisogna mai fossilizzarsi sui fornelli ma essere sempre pronti a intraprendere un cammino verso qualcosa di nuovo, anche guardando cosa fanno gli altri, i 'vicini di casa' (Veneto, Trentino Alto Adige, Austria e Slovenia), così si può agire verso una vera e propria promozione del territorio. Proporre la cucina carnica in maniera nuova e rivisitata, quindi innovativa, è il nuovo motore per mostrare «cos'abbiamo in casa». Nelle zone di Ravascletto, ad esempio, ci sono grandi varietà di erbe spontanee e c'è la posssibilità di raccoglierle a diverse altitutini: «lo sclopit si può trovare verso fine aprile a 1.000 metri ma se vai fin sopra lo Zoncolan a 1.750 m lo trovi anche nel mese di luglio; ci sono diverse piante che maturano e crescono in periodi diversi, che hanno sapori diversi a diverse altitudini. È questo il bello».

Il cavallo di battaglia
In famiglia Buttazzoni non ha ereditarietà in cucina. Per ispirarsi nella creazione delle pietanze si è rifatto alle antiche ricette degli anziani e del grande chef carnico Gianni Cosetti, cercando di rielaborarle ispirandosi al procedimento originale senza copiarlo. Da alcune combinazioni nascono le idee per sperimentare altri abbinamenti. È così che ha iniziato a selezionare alimenti di produttori carnici che fanno cose che non si trovano altrove come punto di partenza per creare ricette nuove; trattasi dei formaggi dell'arco alpino (il formadi frant, creato con il recupero del prodotto che viene scartato), dei salumi (prodotti di nicchia quali la Schultar e la Varhackara di Timau), dei presidi Slow Food e delle erbe di infinite varietà (di cui le antiche sementi sono state disperse negli anni).
Dopo anni di sperimentazioni il piatto più richiesto è la 'Zuppa di fieno' e il 'Toc' in braide'. La zuppa, una vera e propria chicca, è l'unione di diverse ricette e prende ispirazione da una bavarese al fieno che assaggiò qualche anno fa a Cortina;«la sua particolarità sta nel riuscire a determinare quale sia il 'taglio' di fieno migliore da utilizzare per creare un sapore delicatamente tendente al dolce e non all'amaro, caratteristica propria delle erbe graminacee e leguminose» ci svela.

Cucina di sperimentazione
Questo tipo di cucina si avvale di una caratteristica rara ma preziona: la collaborazione. L'ottimo risultato finale non può che essere frutto anche dell'aiuto delle persone. Stefano non ha paura a chiedere, a dire: «parlando si risolvono la maggior parte dei problemi e delle perplessità lavorative, in dieci teste ci sono almeno dieci idee diverse e sicuramente tra quelle una è quella giusta; il confronto è costruttivo».

Arte culinaria e reality
Gli abbiamo chiesto cosa pensa della moda di questi ultimi anni che lega l'arte culinaria al mondo televisivo: «Questo strumento ha dato una grande mano alla cucina perchè l ha resa importante. Prima il cuoco rimaneva nell'angolo cottura un numero inestimabile di ore al giorno, nessuno sapeva che esistevano chef di un certo livello o locali che facevano determinate cose, ora grazie 'all'occhio televisivo' queste cose sono conosciute al pubblico. Il rischio però di superare il limite è breve perchè ora chi punta a diventare cuoco non ha pazienza di imparare a farlo ma mira a riuscire ad entrare direttamente in tv per avere la strada spianata».Si tratta quindi di una nuova mentalità, un nuovo modo di approcciarsi dettato dalla moda dei tempi. Buttazzoni pensa che chi ha fatto bene in cucina nella vita naturalmente ha ottenuto il successo televisivo (cita Cracco e Baldisseri) e che sia quindi necessario avere delle esperienze lavorative alle spalle e non delle esperienze nello spettacolo fine a se stesse.

Il mestiere nell'ottica dei giovani
Stefano pensa che i giovani di oggi debbano fare molte esperienze diverse, uscire dall'Italia, provare cose nuove, vedere come lavorano gli altri, perchè si sa: la teoria senza una buona pratica non serve; «un giovane non dovrebbe mai fare più di una stagione nello stesso posto. Bisogna viaggiare e vedere che cosa c'è dall'altra parte del mondo perchè la Cucina è un mondo che racchiude tante culture».