Hamilton fa già la guerra a Bottas: vuole un muro come tra Rossi e Lorenzo
La convivenza tra Lewis e Valtteri in Mercedes non è neanche iniziata, ma già il tre volte iridato fa i capricci: «Non è giusto che lui guardi i miei dati e copi il mio stile di guida». Come lui, però, ha sempre fatto con Nico Rosberg
ROMA – Ci risiamo. Dopo la tregua invernale, il Lewis Hamilton furioso riprende in mano la sua ascia di guerra. E la punta verso il suo team, e verso il vicino di box. Un copione a cui siamo stati abituati durante tutta la passata stagione quando, per giustificare i suoi errori spesso frutto solamente di distrazioni, il campione anglo-caraibico si era inventato ogni sorta di alibi: che Nico Rosberg gli aveva fregato gli ingegneri migliori, che la Mercedes facesse rompere i suoi motori più spesso di quelli degli avversari, addirittura che la squadra fosse intervenuta a gamba tesa sul duello iridato nell'ultima gara, quando gli aveva semplicemente chiesto di non intralciare il suo compagno di squadra (ordine peraltro bellamente ignorato). Come andò a finire lo sappiamo tutti: per la prima volta nella sua carriera, Hamilton fu battuto nella corsa al titolo da Rosberg, che per giunta si è poi ritirato, lasciandogli addosso tutta la frustrazione di una rivincita tanto sognata quanto ormai impossibile.
Geloso dei suoi dati
Così, venendogli a mancare Nico, al tre volte iridato non resta che prendersela con il suo successore, il nuovo arrivato Valtteri Bottas. Mettendo le mani avanti, ovvero sostenendo fin d'ora che il pilota finlandese non dovrebbe poter vedere la sua telemetria e studiare i suoi dati: «Io scendo in pista, faccio i miei giri, tutti i miei compiti, e il mio compagno di squadra può vedere tutto – ha protestato nel corso di un'intervista con lo sponsor Ubs – Non penso che dovrebbe. L'ho chiesto al mio team: io non voglio vedere i dati del mio compagno di squadra, non penso sia corretto. Se lui trova il limite, io non dovrei poterlo studiare al computer. È come se mettessi dei sensori su tutto il corpo. Per esempio, quando guidiamo scegliamo i punti di staccata, gli avvallamenti, le strisciate di gomma sulla pista: tutti questi riferimenti che ti aiutano ad affrontare le curve nel modo più veloce possibile. E l'altro pilota dovrebbe essere in grado naturalmente di fare la stessa cosa. Invece, grazie ai dati, può semplicemente copiarti. 'Oh, lui frena cinque metri più tardi lì, adesso scendo in pista e provo anch'io a frenare cinque metri dopo'. È questo che non mi piace, perché gli permette di avvicinarsi. Ciò che amavo nel karting era che questi giochetti non si potevano fare, e l'unico aspetto che emergeva era il tuo talento grezzo». E non è un caso che Hamilton citi proprio i tempi del karting, visto che proprio all'epoca si incontrò e si scontrò con colui che negli anni successivi sarebbe divenuto suo amico, suo coinquilino, suo rivale, poi suo compagno di squadra e infine sua bestia nera: Nico Rosberg.
Il duello è già iniziato
Ma Lewis è un fiume in piena e non ferma qui la sua intemerata: «Ci sono momenti in cui abbiamo poco tempo per girare e ci sono tante variabili, per cui capita di scegliere la strada sbagliata, iniziare con il piede sbagliato e, a meno di non tornare indietro e prendere la direzione del tuo compagno, sei perso, non puoi farci nulla. A volte queste cose si devono fare, perché aiutano il team ad andare avanti e non è una brutta cosa. Non sono contro la condivisione dei dati tra gli ingegneri, ma non credo che i piloti dovrebbero studiare le rispettive informazioni. Il team mi ha ingaggiato perché sono il migliore, perché ho studiato, perché ho vinto in ogni categoria in cui ho corso, senza nemmeno un'eccezione, e anche il mio compagno di squadra dovrebbe aver vinto qualcosa nella sua carriera, perché dovrebbe essere stato ingaggiato grazie alle sue abilità. Per questo dovrebbe essere capace di trovare il limite in pista da solo, senza di me». Insomma, ciò che il 32enne sta chiedendo alla Mercedes è praticamente di costruire un muro tra i due lati del box, del tutto simile a quello eretto tra Valentino Rossi e Jorge Lorenzo alla Yamaha nel 2008. Non hanno ancora iniziato la loro convivenza, e già Hamilton tratta Bottas come se fosse il suo nemico giurato.
Chi è senza peccato...
Per giustificare il suo discorso, però, il britannico fa appello alla meritocrazia: «Puoi prendere un ragazzino dalla Formula 3, puoi farlo girare ogni giorno sul simulatore cercando di imitare le mie traiettorie, e alla fine probabilmente ci riuscirà. Questo non dovrebbe accadere: dovrebbe scoprirle da solo. Trovare il limite rappresenta la sfida per ogni pilota. Quando salirò per la prima volta sulla nuova macchina, nelle prossime settimane, dovrò trovarne il limite e se non ci riuscissi da solo, vorrebbe dire che non sono abbastanza bravo e non mi meriterei di stare qui. E ci sono alcuni piloti che non se lo meritano». Tutto vero, se non fosse che la tecnologia si evolve naturalmente, e che il mondo non si può certo fermare: prova ne è che oggi anche nel karting, che Hamilton tanto ama, la telemetria è ormai all'ordine del giorno. E che lui stesso, non solo al debutto in Formula 1 nel 2007 con Fernando Alonso, ma anche più recentemente con lo stesso Rosberg, più metodico e meticoloso di lui nei collaudi e nella messa a punto tecnica, di quella famigerata condivisione dei dati ha sempre beneficiato...
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